A partire dallo scorso decennio, i temi della riforma urbanistica hanno assunto una rinnovata centralità nel dibattito disciplinare. La più recente stagione legislativa regionale ha così delineato un «programma riformista» (Palermo, 2001), teso ad avviare una più profonda revisione degli strumenti della pianificazione locale. In ciò denunciando un chiaro spostamento d’attenzione dalla prefigurazione spaziale degli esiti al suolo verso una concezione procedurale della costruzione del piano. Un piano non più inteso come strumento in sé unitario, bensì come programma articolato di componenti dotate di differenti valenze, da quelle strutturali-strategiche a quelle operative. La legge 5/1995 della Regione Toscana è stata la prima dei molti provvedimenti urbanistici regionali di nuova generazione a dare inizio al proprio iter di attuazione. Questo anticipando parte dei contenuti della proposta di legge nazionale elaborata dall’Inu1 e portando all’approvazione di numerosi piani strutturali e regolamenti urbanistici, due delle componenti in cui è suddiviso il piano comunale. Proprio per il suo carattere inaugurale, l’esperienza toscana si pone quindi come un osservatorio obbligato, a partire dal quale è possibile avviare un ragionamento più generale sull’applicazione a scala nazionale della riforma urbanistica. Pur trattandosi solo di un primo esito, i piani a oggi redatti offrono infatti interessanti spunti di riflessione su alcune questioni emergenti, in Italia e in Europa, relativamente alla necessità di un rinnovamento dei contenuti e delle tecniche della pianificazione locale. Molti tra quelli a cui si farà esplicito riferimento sono del resto piani d’autore, riconducibili a programmi di ricerca che trovano le proprie radici nell’intenso dibattito in corso da ormai più di vent’anni sulla forma del piano. Ma nuovi spunti di riflessione sui temi della pianificazione strutturale e strategica e sui loro mutui rapporti emergono dalle più recenti esperienze in atto. Tra di esse la redazione del piano strategico di Firenze, che solleva la questione delle difficili relazioni tra la prefigurazione di scelte politiche e progettualità assunte come prioritarie alla scala metropolitana e le molteplici indicazioni urbanistiche redatte localmente dai nuovi strumenti comunali. Sulla base di tali considerazioni, ci si propone di analizzare alcune domande di innovazione più o meno esplicitamente contenute nel testo della legge toscana e le loro differenti traduzioni all’interno dei piani comunali prodotti. In questo assegnando particolare attenzione a questioni oggi al centro del dibattito quali il ruolo del quadro delle conoscenze; le differenti declinazioni del concetto di struttura, inteso come trait d’union tra descrizione e progetto; l’emergere di cambiamenti nei modi di dettare le regole per il governo del territorio.

Un laboratorio per la pianificazione locale. Regione Toscana: dalla legge 5/95 ai suoi prodotti

MARCHIGIANI, ELENA
2003-01-01

Abstract

A partire dallo scorso decennio, i temi della riforma urbanistica hanno assunto una rinnovata centralità nel dibattito disciplinare. La più recente stagione legislativa regionale ha così delineato un «programma riformista» (Palermo, 2001), teso ad avviare una più profonda revisione degli strumenti della pianificazione locale. In ciò denunciando un chiaro spostamento d’attenzione dalla prefigurazione spaziale degli esiti al suolo verso una concezione procedurale della costruzione del piano. Un piano non più inteso come strumento in sé unitario, bensì come programma articolato di componenti dotate di differenti valenze, da quelle strutturali-strategiche a quelle operative. La legge 5/1995 della Regione Toscana è stata la prima dei molti provvedimenti urbanistici regionali di nuova generazione a dare inizio al proprio iter di attuazione. Questo anticipando parte dei contenuti della proposta di legge nazionale elaborata dall’Inu1 e portando all’approvazione di numerosi piani strutturali e regolamenti urbanistici, due delle componenti in cui è suddiviso il piano comunale. Proprio per il suo carattere inaugurale, l’esperienza toscana si pone quindi come un osservatorio obbligato, a partire dal quale è possibile avviare un ragionamento più generale sull’applicazione a scala nazionale della riforma urbanistica. Pur trattandosi solo di un primo esito, i piani a oggi redatti offrono infatti interessanti spunti di riflessione su alcune questioni emergenti, in Italia e in Europa, relativamente alla necessità di un rinnovamento dei contenuti e delle tecniche della pianificazione locale. Molti tra quelli a cui si farà esplicito riferimento sono del resto piani d’autore, riconducibili a programmi di ricerca che trovano le proprie radici nell’intenso dibattito in corso da ormai più di vent’anni sulla forma del piano. Ma nuovi spunti di riflessione sui temi della pianificazione strutturale e strategica e sui loro mutui rapporti emergono dalle più recenti esperienze in atto. Tra di esse la redazione del piano strategico di Firenze, che solleva la questione delle difficili relazioni tra la prefigurazione di scelte politiche e progettualità assunte come prioritarie alla scala metropolitana e le molteplici indicazioni urbanistiche redatte localmente dai nuovi strumenti comunali. Sulla base di tali considerazioni, ci si propone di analizzare alcune domande di innovazione più o meno esplicitamente contenute nel testo della legge toscana e le loro differenti traduzioni all’interno dei piani comunali prodotti. In questo assegnando particolare attenzione a questioni oggi al centro del dibattito quali il ruolo del quadro delle conoscenze; le differenti declinazioni del concetto di struttura, inteso come trait d’union tra descrizione e progetto; l’emergere di cambiamenti nei modi di dettare le regole per il governo del territorio.
2003
9788846444677
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