L'amianto, un minerale reperibile sul mercato a basso costo, fu usato in ogni Paese industrializzato, anche se già a inizio Novecento si conosceva la nocività dell’asbesto (sinonimo di amianto) e negli anni Venti si appurò che le fibre inalate dai lavoratori, una volta depositate nei polmoni, provocano l’asbestosi, patologia respiratoria che può causare la morte. Ciononostante, per gran parte del Ventesimo secolo, i lavoratori furono continuamente esposti a concentrazione elevate di fibre di asbesto. Alcune norme generali di tutela dalle polveri – comunque – esistevano già dagli anni Venti e furono aggiornate negli anni Cinquanta. Prevedevano che il datore di lavoro fornisse ai propri dipendenti i mezzi di protezione individuale (le maschere) e collettiva (gli aspiratori con filtri), nonché garantisse la corretta informazione dei lavoratori sui rischi che subivano a causa del contatto con materiali insalubri. L’asbestosi, dal 1943, era riconosciuta dal legislatore malattia professionale risarcibile, dal momento che poteva provocare invalidità permanenti o addirittura decessi. Nel corso degli anni Sessanta fu definitivamente accertata la cancerogenicità del minerale, responsabile di neoplasie particolarmente virulente e a diagnosi infausta: il mesotelioma e il carcinoma polmonare. A fronte di queste consapevolezze “teoriche”, nelle fabbriche, le misure sulla sicurezza furono quasi sempre violate: le tante testimonianze dei lavoratori dei cantieri navali, delle industrie del cemento-amianto e dell’edilizia, degli stabilimenti di costruzione e riparazione delle carrozze ferroviarie, della miniera di Balangero concordano e confermano questo quadro generale. Solamente nel 1992 il Parlamento italiano emanò la legge 257 che mise al bando l’amianto, mentre fino all’inizio degli anni Ottanta erano incessantemente aumentate le tonnellate impiegate all’interno del ciclo produttivo. Oggi si registrano quasi quattromila decessi asbesto correlati all’anno in Italia, circa undici al giorno, con tempi di latenza che superano anche i quarant’anni.

Il male che non scompare. Storia e conseguenze dell’uso dell’amianto nell’Italia contemporanea

BULLIAN, ENRICO
2008-01-01

Abstract

L'amianto, un minerale reperibile sul mercato a basso costo, fu usato in ogni Paese industrializzato, anche se già a inizio Novecento si conosceva la nocività dell’asbesto (sinonimo di amianto) e negli anni Venti si appurò che le fibre inalate dai lavoratori, una volta depositate nei polmoni, provocano l’asbestosi, patologia respiratoria che può causare la morte. Ciononostante, per gran parte del Ventesimo secolo, i lavoratori furono continuamente esposti a concentrazione elevate di fibre di asbesto. Alcune norme generali di tutela dalle polveri – comunque – esistevano già dagli anni Venti e furono aggiornate negli anni Cinquanta. Prevedevano che il datore di lavoro fornisse ai propri dipendenti i mezzi di protezione individuale (le maschere) e collettiva (gli aspiratori con filtri), nonché garantisse la corretta informazione dei lavoratori sui rischi che subivano a causa del contatto con materiali insalubri. L’asbestosi, dal 1943, era riconosciuta dal legislatore malattia professionale risarcibile, dal momento che poteva provocare invalidità permanenti o addirittura decessi. Nel corso degli anni Sessanta fu definitivamente accertata la cancerogenicità del minerale, responsabile di neoplasie particolarmente virulente e a diagnosi infausta: il mesotelioma e il carcinoma polmonare. A fronte di queste consapevolezze “teoriche”, nelle fabbriche, le misure sulla sicurezza furono quasi sempre violate: le tante testimonianze dei lavoratori dei cantieri navali, delle industrie del cemento-amianto e dell’edilizia, degli stabilimenti di costruzione e riparazione delle carrozze ferroviarie, della miniera di Balangero concordano e confermano questo quadro generale. Solamente nel 1992 il Parlamento italiano emanò la legge 257 che mise al bando l’amianto, mentre fino all’inizio degli anni Ottanta erano incessantemente aumentate le tonnellate impiegate all’interno del ciclo produttivo. Oggi si registrano quasi quattromila decessi asbesto correlati all’anno in Italia, circa undici al giorno, con tempi di latenza che superano anche i quarant’anni.
2008
9788889359358
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