Frati,architetti e muratori Fin dalle origini, com’è noto, il mestiere dell’architetto si fonda sul connubio imprescindibile tra cultura umanistica e conoscenza tecnica; tuttavia, come ci rammenta Foucault, forse è importante precisare che tecnica non va qui intesa come semplice tecnologia, bensì come la technē dei Greci, ossia una razionalità pratica governata da un fine consapevole. Technē, deriva infatti da héxis noū che significa esser padrone e disporre della propria mente. Del resto, la colpa di Prometeo non è stata forse quella di aver insegnato la tecnica agli uomini rendendoli da “infanti quali erano, razionali e padroni della loro mente” ?. Si badi bene, però, che nonostante il rapporto tra il mondo umanistico e quello scientifico sia intrinsecamente legato alla creatività, la stretta relazione tra cultura e tecnica sulla quale si fonda la figura dell’architetto, non può essere desunta dalla mera coincidenza rispetto alla quale a volte può accadere che un fine intellettuale, pur senza essere architetto, possa addentrarsi in prima persona e non in forma esclusivamente teorica nel campo disciplinare dell’architettura. Ad esempio, abbiamo un personaggio come Wittgenstein, il quale, associandosi al suo amico Paul Engelmann, progetta nel 1926 la casa per la sorella Gretl, e nonostante quest’ultima fosse stata indotta ad affidargli l’incarico perché, nelle sue aspettative, era più che altro finalizzato a una sorta di lavoro-terapia, egli lo porta a termine in maniera senza dubbio esemplare, tanto che il grande filosofo, il fine pensatore, sorprendentemente si rivelerà anche un eccellente architetto. D’altronde è pur vero che addirittura un illustre maestro del passato come Leon Battista Alberti nasce come uomo di lettere per approdare solo in un secondo tempo all’architettura, divenendone, tra l’altro, attraverso il suo trattato e le sue opere, uno dei più importanti punti di riferimento. Ma tutto ciò non basta. Il senso della relazione tra le due componenti, a nostro avviso, andrà piuttosto ritrovato nel celebre aforisma di Adolf Loos che nel 1924 scriveva: l’architetto è un muratore che ha studiato il latino . Un’immagine, questa, analogicamente più vicina a una figura come Andrea Palladio, che al contrario dell’Alberti, nasce invece umile lapicida, ma poi, attraverso gli insegnamenti di Giangiorgio Trissino, inquieto gentiluomo, gran letterato e dilettante d’architettura, verrà iniziato alla conoscenza e all’amore per la cultura classica, e malgrado non impari il latino, studia, e visita Roma al seguito del suo protettore per osservare e ridisegnare i monumenti e le architetture “degli antichi”; concretizzando infine le sue ricerche nella stesura di un trattato di inestimabile valore(10) e nella realizzazione di quelle opere che daranno origine a uno stile capace di diffondersi, nei secoli a seguire, in tutta Europa e fin oltre l’oceano. L’imponente complesso del Seminario che nella sua struttura generale mostra evidenti caratteri legati all’architettura romanica, ancorché mediati da numerosi elementi ricavati dalla tradizione asburgica, contrassegna con determinazione la propria volontà di rappresentare simbolicamente la solidità dell’istruzione cattolica attraverso una manifesta idea di centralità nella quale la chiesa, palesemente concepita con un impianto basilicale, verrà organizzata in un sistema che insieme all’ingresso ed alla torre all’interno della quale si sviluppano lo scalone monumentale e il serbatoio dell’acqua, forma un unico blocco posizionato lungo un asse mediano ortogonale alla facciata.. La semplicità dell’impostazione planimetrica e la distribuzione degli spazi interni che, pur diversificandosi nelle funzioni, si ripetono uguali per tutti i piani, fa da contrappunto alla complessità delle soluzioni tecnologiche ed impiantistiche messe in atto per dotare l’edificio di un alto grado di autosufficienza e farne una struttura moderna e confortevole. In ogni qual modo, astenendoci dall’esprimere un giudizio critico sull’oggetto architettonico, va comunque rilevato che pur non potendo tralasciare di riconoscervi una serie d’indiscutibili caratteristiche positive, nemmeno può essere ignorato che proprio negli stessi anni in cui si realizzava questo edificio, operavano già in Europa e nella stessa Vienna, quei personaggi che fonderanno le basi dell’architettura moderna. Non si può dimenticare, infatti, che proprio nel 1908 Adolf Loos pubblicava Ornamento e delitto, e tra il 1909 e il 1911 realizzava la Looshaus sulla Michaelerplatz di Vienna che all’epoca suscitò grande scandalo per la purezza delle linee e l’assoluta mancanza di decorazioni. Inoltre, nel 1907 aveva già realizzato una numerosa serie di negozi e il famoso Kärntner Bar e nel 1910 costruirà la casa Steiner, sempre a Vienna, nella quale cominciava a sviluppare quel concetto di Raumplan che estenderà nelle successive abitazioni, perfezionandolo fino agli ultimi anni della sua vita. Il fatto poi che si affidi la progettazione del seminario a un frate, per quanto non sia cosa frequente, non può essere considerata una rarità, e quindi non deve stupire più di tanto che l’artefice dell’opera sia proprio un frate-architetto, Padre Anselm Werner, un benedettino formatosi professionalmente a Monaco. Del resto, percorrendo a ritroso la storia dell’architettura non è difficile imbattersi in illustri figure di religiosi dotati di questa passione. Come non ricordare, infatti, Fra Giocondo, forse uno dei più noti costruttori di ponti e fortificazioni, attivo tra il quattro e cinquecento in Veneto, in Francia, a Roma ma anche a Napoli dove troviamo altri personaggi simili come i Padri Pietro Provedi e Giuseppe Valeriano, due gesuiti che alla fine del cinquecento, mantenendo inalterato il fronte in bugnato della vecchia facciata quattrocentesca, realizzeranno la Chiesa del Gesù Nuovo, trasformando l’antico palazzo Sanseverino in edificio sacro. Così come, d’altro canto, non deve meravigliare la presenza di simboli massonici in alcune decorazioni che non può ascriversi ad una semplice casualità, in quanto, non possiamo ignorare un fatto solo apparentemente singolare e cioè che tra la seconda metà del settecento e ancora fino alla prima dell’ottocento, nell’impero asburgico, vi fu un intensa simpatia tra Compagnia di Gesù e Massoneria. I gesuiti, infatti, stimolati dall’idea che presiedeva all’origine del loro Ordine, vale a dire la fiducia nel potenziale rivoluzionario dell’intelligenza come strumento d’azione di una piccola élite illuminata da Dio, frequentavano abitualmente le logge massoniche e, tra i religiosi, non erano certo i soli. Dunque, nonostante la torre del Seminario non ospiti il laboratorio alchemico dell’inquietante diacono Claude Frollo, come invece avveniva in una delle torri della Cattedrale francese in Notre-Dame di Paris di Victor Hugo, ma solo un complesso sistema per l’approvvigionamento dell’acqua, squadra e compasso che appaiono sulla facciata, più che un innocuo simbolo di riconoscenza per l’architetto, come si afferma in diversi scritti, compresa la tesi di laurea pubblicata in questo volume, rappresentano più probabilmente un mero frutto di queste reminiscenze.

Frati, architetti e muratori

GUARAGNA, GIANFRANCO
2012-01-01

Abstract

Frati,architetti e muratori Fin dalle origini, com’è noto, il mestiere dell’architetto si fonda sul connubio imprescindibile tra cultura umanistica e conoscenza tecnica; tuttavia, come ci rammenta Foucault, forse è importante precisare che tecnica non va qui intesa come semplice tecnologia, bensì come la technē dei Greci, ossia una razionalità pratica governata da un fine consapevole. Technē, deriva infatti da héxis noū che significa esser padrone e disporre della propria mente. Del resto, la colpa di Prometeo non è stata forse quella di aver insegnato la tecnica agli uomini rendendoli da “infanti quali erano, razionali e padroni della loro mente” ?. Si badi bene, però, che nonostante il rapporto tra il mondo umanistico e quello scientifico sia intrinsecamente legato alla creatività, la stretta relazione tra cultura e tecnica sulla quale si fonda la figura dell’architetto, non può essere desunta dalla mera coincidenza rispetto alla quale a volte può accadere che un fine intellettuale, pur senza essere architetto, possa addentrarsi in prima persona e non in forma esclusivamente teorica nel campo disciplinare dell’architettura. Ad esempio, abbiamo un personaggio come Wittgenstein, il quale, associandosi al suo amico Paul Engelmann, progetta nel 1926 la casa per la sorella Gretl, e nonostante quest’ultima fosse stata indotta ad affidargli l’incarico perché, nelle sue aspettative, era più che altro finalizzato a una sorta di lavoro-terapia, egli lo porta a termine in maniera senza dubbio esemplare, tanto che il grande filosofo, il fine pensatore, sorprendentemente si rivelerà anche un eccellente architetto. D’altronde è pur vero che addirittura un illustre maestro del passato come Leon Battista Alberti nasce come uomo di lettere per approdare solo in un secondo tempo all’architettura, divenendone, tra l’altro, attraverso il suo trattato e le sue opere, uno dei più importanti punti di riferimento. Ma tutto ciò non basta. Il senso della relazione tra le due componenti, a nostro avviso, andrà piuttosto ritrovato nel celebre aforisma di Adolf Loos che nel 1924 scriveva: l’architetto è un muratore che ha studiato il latino . Un’immagine, questa, analogicamente più vicina a una figura come Andrea Palladio, che al contrario dell’Alberti, nasce invece umile lapicida, ma poi, attraverso gli insegnamenti di Giangiorgio Trissino, inquieto gentiluomo, gran letterato e dilettante d’architettura, verrà iniziato alla conoscenza e all’amore per la cultura classica, e malgrado non impari il latino, studia, e visita Roma al seguito del suo protettore per osservare e ridisegnare i monumenti e le architetture “degli antichi”; concretizzando infine le sue ricerche nella stesura di un trattato di inestimabile valore(10) e nella realizzazione di quelle opere che daranno origine a uno stile capace di diffondersi, nei secoli a seguire, in tutta Europa e fin oltre l’oceano. L’imponente complesso del Seminario che nella sua struttura generale mostra evidenti caratteri legati all’architettura romanica, ancorché mediati da numerosi elementi ricavati dalla tradizione asburgica, contrassegna con determinazione la propria volontà di rappresentare simbolicamente la solidità dell’istruzione cattolica attraverso una manifesta idea di centralità nella quale la chiesa, palesemente concepita con un impianto basilicale, verrà organizzata in un sistema che insieme all’ingresso ed alla torre all’interno della quale si sviluppano lo scalone monumentale e il serbatoio dell’acqua, forma un unico blocco posizionato lungo un asse mediano ortogonale alla facciata.. La semplicità dell’impostazione planimetrica e la distribuzione degli spazi interni che, pur diversificandosi nelle funzioni, si ripetono uguali per tutti i piani, fa da contrappunto alla complessità delle soluzioni tecnologiche ed impiantistiche messe in atto per dotare l’edificio di un alto grado di autosufficienza e farne una struttura moderna e confortevole. In ogni qual modo, astenendoci dall’esprimere un giudizio critico sull’oggetto architettonico, va comunque rilevato che pur non potendo tralasciare di riconoscervi una serie d’indiscutibili caratteristiche positive, nemmeno può essere ignorato che proprio negli stessi anni in cui si realizzava questo edificio, operavano già in Europa e nella stessa Vienna, quei personaggi che fonderanno le basi dell’architettura moderna. Non si può dimenticare, infatti, che proprio nel 1908 Adolf Loos pubblicava Ornamento e delitto, e tra il 1909 e il 1911 realizzava la Looshaus sulla Michaelerplatz di Vienna che all’epoca suscitò grande scandalo per la purezza delle linee e l’assoluta mancanza di decorazioni. Inoltre, nel 1907 aveva già realizzato una numerosa serie di negozi e il famoso Kärntner Bar e nel 1910 costruirà la casa Steiner, sempre a Vienna, nella quale cominciava a sviluppare quel concetto di Raumplan che estenderà nelle successive abitazioni, perfezionandolo fino agli ultimi anni della sua vita. Il fatto poi che si affidi la progettazione del seminario a un frate, per quanto non sia cosa frequente, non può essere considerata una rarità, e quindi non deve stupire più di tanto che l’artefice dell’opera sia proprio un frate-architetto, Padre Anselm Werner, un benedettino formatosi professionalmente a Monaco. Del resto, percorrendo a ritroso la storia dell’architettura non è difficile imbattersi in illustri figure di religiosi dotati di questa passione. Come non ricordare, infatti, Fra Giocondo, forse uno dei più noti costruttori di ponti e fortificazioni, attivo tra il quattro e cinquecento in Veneto, in Francia, a Roma ma anche a Napoli dove troviamo altri personaggi simili come i Padri Pietro Provedi e Giuseppe Valeriano, due gesuiti che alla fine del cinquecento, mantenendo inalterato il fronte in bugnato della vecchia facciata quattrocentesca, realizzeranno la Chiesa del Gesù Nuovo, trasformando l’antico palazzo Sanseverino in edificio sacro. Così come, d’altro canto, non deve meravigliare la presenza di simboli massonici in alcune decorazioni che non può ascriversi ad una semplice casualità, in quanto, non possiamo ignorare un fatto solo apparentemente singolare e cioè che tra la seconda metà del settecento e ancora fino alla prima dell’ottocento, nell’impero asburgico, vi fu un intensa simpatia tra Compagnia di Gesù e Massoneria. I gesuiti, infatti, stimolati dall’idea che presiedeva all’origine del loro Ordine, vale a dire la fiducia nel potenziale rivoluzionario dell’intelligenza come strumento d’azione di una piccola élite illuminata da Dio, frequentavano abitualmente le logge massoniche e, tra i religiosi, non erano certo i soli. Dunque, nonostante la torre del Seminario non ospiti il laboratorio alchemico dell’inquietante diacono Claude Frollo, come invece avveniva in una delle torri della Cattedrale francese in Notre-Dame di Paris di Victor Hugo, ma solo un complesso sistema per l’approvvigionamento dell’acqua, squadra e compasso che appaiono sulla facciata, più che un innocuo simbolo di riconoscenza per l’architetto, come si afferma in diversi scritti, compresa la tesi di laurea pubblicata in questo volume, rappresentano più probabilmente un mero frutto di queste reminiscenze.
2012
9788897605089
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11368/2525943
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