La crisi prodotta dalla guerra fu il brodo di coltura di pulsioni e progetti antidemocratici, rivoluzionari, che tennero a battesimo sia una destra antidemocratica e superomista, così come una sinistra altrettanto antidemocratica e rivoluzionaria, accomunate da una ricerca affannosa, quasi ossessiva dell’ uomo nuovo quale via di fuga dal conformismo, dall’omologazione cui i ceti meno abbienti sembravano destinati all’interno della società borghese. Nel 1919 l’Italia sembrava il paese che più di ogni altro era vicino ad una rivoluzione di tipo bolscevico e persino la piccola borghesia, per un breve periodo, guardò con simpatia all’ondata rivoluzionaria. Le agitazioni contadine si svilupparono in Italia, a partire dalla Sicilia e dal Lazio per propagarsi nelle regioni dove aveva maggiormente attecchito il sindacalismo rivoluzionario: Toscana, Emilia, Romagna, Marche, Puglia, e laddove predominante era l’attività agricola. Ma ben presto i moti dilagarono nelle industrie e trovarono nel proletariato di fabbrica il suo soggetto rivoluzionario per eccellenza. In quella temperie particolare, sulla scia delclima del dopoguerra, delle debolezze del liberalismo, del determinismo dei socialisti, andò invece al potere Benito Mussolini. Ciò che consentì al fascismo di arrivare al potere fu la sua capacità di proporsi quale l’unico partito in grado di neutralizzare la minaccia rivoluzionaria dei bolscevichi nostrani, come forza politica in grado di sostituirsi al logoro partito liberale e realizzare l’unificazione politica della borghesia nell’età della politica di massa. Dal 1922 al 1925 Mussolini gettò le fondamenta per la costruzione dello stato autoritario che, dopo la crisi Matteotti assunse invece la fisionomia della dittatura. Lo strumento principale per la fascistizzazione della società non fu il partito, come invece avvenne nei due regimi totalitari nazista e bolscevico. Durante la segreteria di Augusto Turati (1926-1930), ad esempio, furono abolite le cariche elettive e quasi del tutto le correnti interne, trasformando il partito in una struttura burocratica centralizzata. Lo fu invece il controllo sulla stampa, sull’educazione, sulla vita collettiva attraverso organizzazioni come il dopolavoro, i balilla: l’aspetto di massa della politica, le sue molteplici organizzazioni che disciplinavano e irreggimentavano le masse all’interno della cornice dello stato fascista diventarono il fulcro del regime. Dal 1929 la politica estera del duce aveva seguito due direttrici principali: perseguire la sicurezza in Europa, in particolare nell’area danubiano-balcanica ancora in fibrillazione e gravida di tensioni, ma fondamentale per l’Italia; espandersi nell’Africa e nel Mediterraneo. Presupposto di ciò era una politica di amicizia o quanto meno di buon vicinato con la Francia e la Gran Bretagna. Sin dal 1932 l’Etiopia era nel mirino del duce e l’ascesa di Hitler al potere rese praticabili le sue ambizioni perché le potenze occidentali intendevano mantenere buoni rapporti con l’Italia in funzione anti-tedesca .

Nascita e affermazione del fascismo. Da Roma all'Etiopia

NEGLIE, PIETRO
2008-01-01

Abstract

La crisi prodotta dalla guerra fu il brodo di coltura di pulsioni e progetti antidemocratici, rivoluzionari, che tennero a battesimo sia una destra antidemocratica e superomista, così come una sinistra altrettanto antidemocratica e rivoluzionaria, accomunate da una ricerca affannosa, quasi ossessiva dell’ uomo nuovo quale via di fuga dal conformismo, dall’omologazione cui i ceti meno abbienti sembravano destinati all’interno della società borghese. Nel 1919 l’Italia sembrava il paese che più di ogni altro era vicino ad una rivoluzione di tipo bolscevico e persino la piccola borghesia, per un breve periodo, guardò con simpatia all’ondata rivoluzionaria. Le agitazioni contadine si svilupparono in Italia, a partire dalla Sicilia e dal Lazio per propagarsi nelle regioni dove aveva maggiormente attecchito il sindacalismo rivoluzionario: Toscana, Emilia, Romagna, Marche, Puglia, e laddove predominante era l’attività agricola. Ma ben presto i moti dilagarono nelle industrie e trovarono nel proletariato di fabbrica il suo soggetto rivoluzionario per eccellenza. In quella temperie particolare, sulla scia delclima del dopoguerra, delle debolezze del liberalismo, del determinismo dei socialisti, andò invece al potere Benito Mussolini. Ciò che consentì al fascismo di arrivare al potere fu la sua capacità di proporsi quale l’unico partito in grado di neutralizzare la minaccia rivoluzionaria dei bolscevichi nostrani, come forza politica in grado di sostituirsi al logoro partito liberale e realizzare l’unificazione politica della borghesia nell’età della politica di massa. Dal 1922 al 1925 Mussolini gettò le fondamenta per la costruzione dello stato autoritario che, dopo la crisi Matteotti assunse invece la fisionomia della dittatura. Lo strumento principale per la fascistizzazione della società non fu il partito, come invece avvenne nei due regimi totalitari nazista e bolscevico. Durante la segreteria di Augusto Turati (1926-1930), ad esempio, furono abolite le cariche elettive e quasi del tutto le correnti interne, trasformando il partito in una struttura burocratica centralizzata. Lo fu invece il controllo sulla stampa, sull’educazione, sulla vita collettiva attraverso organizzazioni come il dopolavoro, i balilla: l’aspetto di massa della politica, le sue molteplici organizzazioni che disciplinavano e irreggimentavano le masse all’interno della cornice dello stato fascista diventarono il fulcro del regime. Dal 1929 la politica estera del duce aveva seguito due direttrici principali: perseguire la sicurezza in Europa, in particolare nell’area danubiano-balcanica ancora in fibrillazione e gravida di tensioni, ma fondamentale per l’Italia; espandersi nell’Africa e nel Mediterraneo. Presupposto di ciò era una politica di amicizia o quanto meno di buon vicinato con la Francia e la Gran Bretagna. Sin dal 1932 l’Etiopia era nel mirino del duce e l’ascesa di Hitler al potere rese praticabili le sue ambizioni perché le potenze occidentali intendevano mantenere buoni rapporti con l’Italia in funzione anti-tedesca .
2008
9788820741006
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