La disciplina del dissesto costituisce il punto di arrivo dell’evoluzione legislativa in tema di tutela dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione e, in particolare, degli enti locali. Tuttavia, vi è l’esigenza di assicurare che l’ente territoriale possa continuare ad operare. Lo scopo che si prefigge la normativa sul dissesto è quello di restituire l’ente all’espletamento delle sue funzioni istituzionali in una situazione di ripristinato equilibrio finanziario; infatti, l’ente, ancorché dissestato, non può cessare di esistere in quanto espressione di autonomia locale, che costituisce un valore costituzionalmente tutelato; né tanto meno l’ente può essere condannato alla paralisi amministrativa per un’adombrata, ma in realtà insussistente, intangibilità delle posizioni dei creditori. La normativa sulle gestioni straordinarie di liquidazione degli enti pubblici territoriali delinea una procedura concorsuale del tutto atipica perché sotto più profili diversa da quella del fallimento o della liquidazione coatta amministrativa. Infatti, da una parte si prevede la delibera dello stato di dissesto, l’esclusione della capitalizzazione di somme per interessi ed accessori, l’inammissibilità delle azioni esecutive individuali, il riparto nei limiti della massa attiva (con ciò ipotizzandosi l’incapienza), l’inammissibilità di richieste di crediti di data anteriore all’approvazione del piano di estinzione: tutte previsioni tipiche delle procedure concorsuali. D’altra parte però per altri versi la procedura di dissesto ha sue connotazioni proprie: a) lo stato di dissesto non viene dichiarato ad istanza del creditore, ma dalla stessa amministrazione pubblica debitrice senza peraltro che si determini alcuno degli effetti personali che la normativa fallimentare collega, in danno del debitore o degli amministratori, alla dichiarazione di fallimento o all’accertamento dello stato di insolvenza; b) il commissario ha titolo a transigere vertenze in atto o pretese in corso senza che sia assicurato ai creditori alcun controllo sull’attività di predisposizione della massa passiva; c) non è previsto l’accertamento, con indagine giudiziale e con efficacia definitiva, della consistenza e dell’entità della massa passiva, nonché dell’ammontare e della natura di ciascun credito; d) non è prescritto che siano liquidati tutti i beni dell’ente assoggettato alla procedura; e) non è previsto che i beni (disponibili), in ipotesi, già «sottratti» siano (o possano essere) acquisiti alla massa attiva, attraverso procedimenti di revoca degli atti compiuti dal debitore; f) non è consentito ai creditori alcun controllo in sede di riparto. La previsione di questi aspetti peculiari che distinguono la procedura pubblica da quella privata è dettata dal fatto che l’ente territoriale non può fallire e comunque deve continuare ad espletare le proprie funzioni istituzionali. L’inammissibilità delle azioni esecutive individuali è dettata al fine di dare alla molteplicità dei creditori dell’ente che si dichiara dissestato una maggiore probabilità di essere soddisfatti giacché concorrono non solo sui beni degli enti locali, ma possono concorrere anche sul contributo erariale concesso dallo Stato; in altre parole «la pretesa creditoria all’esecuzione forzata non è frustrata, ma è meramente deviata da uno strumento di soddisfacimento individuale verso uno di tipo concorsuale».

Enti locali dissestati: disposizioni generali. Commento agli articoli 244-251.

CRISMANI, ANDREA
2006-01-01

Abstract

La disciplina del dissesto costituisce il punto di arrivo dell’evoluzione legislativa in tema di tutela dei crediti nei confronti della pubblica amministrazione e, in particolare, degli enti locali. Tuttavia, vi è l’esigenza di assicurare che l’ente territoriale possa continuare ad operare. Lo scopo che si prefigge la normativa sul dissesto è quello di restituire l’ente all’espletamento delle sue funzioni istituzionali in una situazione di ripristinato equilibrio finanziario; infatti, l’ente, ancorché dissestato, non può cessare di esistere in quanto espressione di autonomia locale, che costituisce un valore costituzionalmente tutelato; né tanto meno l’ente può essere condannato alla paralisi amministrativa per un’adombrata, ma in realtà insussistente, intangibilità delle posizioni dei creditori. La normativa sulle gestioni straordinarie di liquidazione degli enti pubblici territoriali delinea una procedura concorsuale del tutto atipica perché sotto più profili diversa da quella del fallimento o della liquidazione coatta amministrativa. Infatti, da una parte si prevede la delibera dello stato di dissesto, l’esclusione della capitalizzazione di somme per interessi ed accessori, l’inammissibilità delle azioni esecutive individuali, il riparto nei limiti della massa attiva (con ciò ipotizzandosi l’incapienza), l’inammissibilità di richieste di crediti di data anteriore all’approvazione del piano di estinzione: tutte previsioni tipiche delle procedure concorsuali. D’altra parte però per altri versi la procedura di dissesto ha sue connotazioni proprie: a) lo stato di dissesto non viene dichiarato ad istanza del creditore, ma dalla stessa amministrazione pubblica debitrice senza peraltro che si determini alcuno degli effetti personali che la normativa fallimentare collega, in danno del debitore o degli amministratori, alla dichiarazione di fallimento o all’accertamento dello stato di insolvenza; b) il commissario ha titolo a transigere vertenze in atto o pretese in corso senza che sia assicurato ai creditori alcun controllo sull’attività di predisposizione della massa passiva; c) non è previsto l’accertamento, con indagine giudiziale e con efficacia definitiva, della consistenza e dell’entità della massa passiva, nonché dell’ammontare e della natura di ciascun credito; d) non è prescritto che siano liquidati tutti i beni dell’ente assoggettato alla procedura; e) non è previsto che i beni (disponibili), in ipotesi, già «sottratti» siano (o possano essere) acquisiti alla massa attiva, attraverso procedimenti di revoca degli atti compiuti dal debitore; f) non è consentito ai creditori alcun controllo in sede di riparto. La previsione di questi aspetti peculiari che distinguono la procedura pubblica da quella privata è dettata dal fatto che l’ente territoriale non può fallire e comunque deve continuare ad espletare le proprie funzioni istituzionali. L’inammissibilità delle azioni esecutive individuali è dettata al fine di dare alla molteplicità dei creditori dell’ente che si dichiara dissestato una maggiore probabilità di essere soddisfatti giacché concorrono non solo sui beni degli enti locali, ma possono concorrere anche sul contributo erariale concesso dallo Stato; in altre parole «la pretesa creditoria all’esecuzione forzata non è frustrata, ma è meramente deviata da uno strumento di soddisfacimento individuale verso uno di tipo concorsuale».
2006
8813261470
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