L’esame della documentazione epigrafica della necropoli di Aquileia permette di individuare diverse forme di comunicazione tra vivi e morti, alcune diffuse largamente nel mondo romano, altre peculiari del contesto funerario nordadriatico. Nella maggioranza dei casi il messaggio è rappresentato esclusivamente alla tipologia e all’apparato figurativo e decorativo del monumento, mentre il testo iscritto si limita a registrare dati anagrafici, legami familiari, o, al più, carriere o attività professionali. Meno frequenti, e perciò più interessanti, sono le esplicite espressioni comunicative veicolate dall’iscrizione (spesso difficili da cogliere a causa dello stato frammentario dei monumenti), per lo più estremamente sintetiche e talora solo allusive. In alcuni monumenti di età tardorepubblicana e nelle scritte nelle tabelle di qualche sarcofago tardoantico la comunicazione è affidata alla semplice formula di saluto (salve, vale, have), talora indiretta, come nella formula sintetica e persino criptica “et tu … et tibi”, che presuppone o suggerisce un muto dialogo tra il defunto e il passante. Si registrano rari casi di formule di tipo diretto, di invito a fermarsi a leggere o di congedo dopo la lettura, quali “siste viator qui transis et legis et dicis vale”, “si praeteriens scire cupis”, “quaeso lege pauca verba paululum et dolens vade”, “quisquis legis mea fata doleto”, “tu qui legis bene dicas”, “hospes fecisti valeas”; altre volte il defunto attira l’attenzione del passante tramite la proposizione di sentenze atte a riflettere sulla vita e la morte, alcune diffuse, quali “non fui non sum non curo”, “quod es ego fui et tu eris quod sum”, altre singolari, come quella “legenti dixit: … homo qui nescis vivere”. Solo in rari casi sulla pietra vengono narrate più diffusamente le tristi vicende dei defunti, al fine di suscitare la commozione di chi legge, sollecitata da formule come “fui dixi de vita mea” e “fors qui intendit doleat”, oppure a fornire un exemplum, introdotto da “discite”, per le generazioni future. Infine, il dialogo tra i defunti e i passanti si manifesta, tramite le scritte e le raffigurazioni, nel monito a rispettare il monumento, astenendosi da azioni e pratiche non consone alla religiosità del luogo.

Et tibi ... et tu. Forme di dialogo nella necropoli di Aquileia

ZACCARIA, CLAUDIO
2014-01-01

Abstract

L’esame della documentazione epigrafica della necropoli di Aquileia permette di individuare diverse forme di comunicazione tra vivi e morti, alcune diffuse largamente nel mondo romano, altre peculiari del contesto funerario nordadriatico. Nella maggioranza dei casi il messaggio è rappresentato esclusivamente alla tipologia e all’apparato figurativo e decorativo del monumento, mentre il testo iscritto si limita a registrare dati anagrafici, legami familiari, o, al più, carriere o attività professionali. Meno frequenti, e perciò più interessanti, sono le esplicite espressioni comunicative veicolate dall’iscrizione (spesso difficili da cogliere a causa dello stato frammentario dei monumenti), per lo più estremamente sintetiche e talora solo allusive. In alcuni monumenti di età tardorepubblicana e nelle scritte nelle tabelle di qualche sarcofago tardoantico la comunicazione è affidata alla semplice formula di saluto (salve, vale, have), talora indiretta, come nella formula sintetica e persino criptica “et tu … et tibi”, che presuppone o suggerisce un muto dialogo tra il defunto e il passante. Si registrano rari casi di formule di tipo diretto, di invito a fermarsi a leggere o di congedo dopo la lettura, quali “siste viator qui transis et legis et dicis vale”, “si praeteriens scire cupis”, “quaeso lege pauca verba paululum et dolens vade”, “quisquis legis mea fata doleto”, “tu qui legis bene dicas”, “hospes fecisti valeas”; altre volte il defunto attira l’attenzione del passante tramite la proposizione di sentenze atte a riflettere sulla vita e la morte, alcune diffuse, quali “non fui non sum non curo”, “quod es ego fui et tu eris quod sum”, altre singolari, come quella “legenti dixit: … homo qui nescis vivere”. Solo in rari casi sulla pietra vengono narrate più diffusamente le tristi vicende dei defunti, al fine di suscitare la commozione di chi legge, sollecitata da formule come “fui dixi de vita mea” e “fors qui intendit doleat”, oppure a fornire un exemplum, introdotto da “discite”, per le generazioni future. Infine, il dialogo tra i defunti e i passanti si manifesta, tramite le scritte e le raffigurazioni, nel monito a rispettare il monumento, astenendosi da azioni e pratiche non consone alla religiosità del luogo.
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