I muschi, grazie alle loro caratteristiche, sono considerati eccellenti biomonitor. Molto diffusa è la tecnica del trapianto delle cosiddette moss bags, che consiste nel posizionare muschio raccolto da aree remote all’interno di sacchetti di nylon ed esporlo in aree in cui esso non cresce spontaneamente. La tecnica presenta alcune limitazioni: 1) l’ impatto ambientale sulle aree da cui si raccoglie il muschio; 2) l’identificazione e quindi la raccolta dei muschi nativi è difficoltosa per operatori non esperti; 3) i muschi raccolti da diverse aree sono caratterizzati da una intrinseca variabilità in termini morfologici e di contenuto elementare; 4) la preparazione delle bag viene effettuata in maniera artigianale; 5) manca una standardizzazione della metodica espositiva; 6) scarsa conoscenza della relazione esistente tra i dati ottenibili da questa metodica e quelli derivanti dai modelli diffusionali o usando “un inventario delle emissioni”; 7) allo stato attuale esistono pochi lavori che sottolineano l’abilità delle moss bags di discriminare il grado di “inquinamento” tra siti posti ad una distanza relativamente breve tra loro; 8) ad oggi, è impossibile correlare l’informazione ottenuta dalla tecnica delle moss bags con il contenuto di deposizioni inquinanti nelle aree di esposizione. Alla luce delle precedenti problematiche, per risolvere i primi sette punti appena elencati, sono stati eseguiti 4 studi che avevano i seguenti obiettivi: a) caratterizzare morfologicamente e chimicamente ed “etichettare” con tecniche molecolari il clone di S. Palustre sviluppato nel corso del progetto europeo EU-FP7 Mossclone. Per etichettare il clone, è stata effettuata una caratterizzazione molecolare. La relazione tra la composizione elementare del clone con i trattamenti pre-esposizione più comunemente usati è stata studiata mediante analisi ICP-MS; inoltre, il contenuto elementare del clone è stato confrontato con quello di muschio nativo. Infine, l’abilità di accumulare metalli delle bag contenenti il clone è stata comparata con quella delle bag contenenti Pseudoscleropodium purum; b) standardizzare il protocollo espositivo delle moss bags in termini di caratteristiche delle bag, durata e altezza di esposizione. L’esperimento è stato effettuato esponendo le varie soluzioni testate in Austria, Italia e Spagna. In questo lavoro, la versatilità di un nuovo strumento espositivo, la Mossphere, è stata provata per la prima volta; c) confrontare i dati ottenuti mediante la tecnica delle moss bags con quelli provenienti da un inventario delle emissioni. I due approcci sono stati applicati simultaneamente in cinque Comuni della regione Campania; d) saggiare mediante uno specifico disegno espositivo, la capacità delle moss bags di distinguere gli input di inquinamento in siti con diverso uso del suolo e in prossimità delle strade, in un territorio frammentato della Campania. I tests sui trattamenti pre-esposizione sullo S. palustre hanno evidenziato come la devitalizzazione sia necessaria per preservare il biomateriale. Il lavaggio con EDTA, essenziale per le specie native, risulta superfluo per il clone. Inoltre, il test di campo, ha evidenziato la maggior capacità di accumulo di bag contenenti S. palustre rispetto a quelle contenenti il muschio nativo P. purum. In accordo con i risultati sulla standardizzazione del protocollo espositivo, risulta preferibile l’uso della Mossphere con una maglia da 2 mm ed un rapporto peso muschio/superfice bag compreso tra i 5 e i 15 mg cm-2 esposta per non meno di 6 settimane ad un’altezza di 4 metri da suolo. Gli ultimi due lavori hanno consentito di evidenziare: il vantaggio nell’uso congiunto della tecnica delle moss bag con l’inventario delle emissioni; e anche la capacità delle moss bag nel discriminare fonti di inquinamento a piccola scala tra siti scelti in un territorio frammentato in termini di uso del suolo.

Methodological aspects about the monitoring of airborne persistent pollutants through the “Moss Bags” approach / Capozzi, Fiore. - (2016 Mar 22).

Methodological aspects about the monitoring of airborne persistent pollutants through the “Moss Bags” approach

CAPOZZI, FIORE
2016-03-22

Abstract

I muschi, grazie alle loro caratteristiche, sono considerati eccellenti biomonitor. Molto diffusa è la tecnica del trapianto delle cosiddette moss bags, che consiste nel posizionare muschio raccolto da aree remote all’interno di sacchetti di nylon ed esporlo in aree in cui esso non cresce spontaneamente. La tecnica presenta alcune limitazioni: 1) l’ impatto ambientale sulle aree da cui si raccoglie il muschio; 2) l’identificazione e quindi la raccolta dei muschi nativi è difficoltosa per operatori non esperti; 3) i muschi raccolti da diverse aree sono caratterizzati da una intrinseca variabilità in termini morfologici e di contenuto elementare; 4) la preparazione delle bag viene effettuata in maniera artigianale; 5) manca una standardizzazione della metodica espositiva; 6) scarsa conoscenza della relazione esistente tra i dati ottenibili da questa metodica e quelli derivanti dai modelli diffusionali o usando “un inventario delle emissioni”; 7) allo stato attuale esistono pochi lavori che sottolineano l’abilità delle moss bags di discriminare il grado di “inquinamento” tra siti posti ad una distanza relativamente breve tra loro; 8) ad oggi, è impossibile correlare l’informazione ottenuta dalla tecnica delle moss bags con il contenuto di deposizioni inquinanti nelle aree di esposizione. Alla luce delle precedenti problematiche, per risolvere i primi sette punti appena elencati, sono stati eseguiti 4 studi che avevano i seguenti obiettivi: a) caratterizzare morfologicamente e chimicamente ed “etichettare” con tecniche molecolari il clone di S. Palustre sviluppato nel corso del progetto europeo EU-FP7 Mossclone. Per etichettare il clone, è stata effettuata una caratterizzazione molecolare. La relazione tra la composizione elementare del clone con i trattamenti pre-esposizione più comunemente usati è stata studiata mediante analisi ICP-MS; inoltre, il contenuto elementare del clone è stato confrontato con quello di muschio nativo. Infine, l’abilità di accumulare metalli delle bag contenenti il clone è stata comparata con quella delle bag contenenti Pseudoscleropodium purum; b) standardizzare il protocollo espositivo delle moss bags in termini di caratteristiche delle bag, durata e altezza di esposizione. L’esperimento è stato effettuato esponendo le varie soluzioni testate in Austria, Italia e Spagna. In questo lavoro, la versatilità di un nuovo strumento espositivo, la Mossphere, è stata provata per la prima volta; c) confrontare i dati ottenuti mediante la tecnica delle moss bags con quelli provenienti da un inventario delle emissioni. I due approcci sono stati applicati simultaneamente in cinque Comuni della regione Campania; d) saggiare mediante uno specifico disegno espositivo, la capacità delle moss bags di distinguere gli input di inquinamento in siti con diverso uso del suolo e in prossimità delle strade, in un territorio frammentato della Campania. I tests sui trattamenti pre-esposizione sullo S. palustre hanno evidenziato come la devitalizzazione sia necessaria per preservare il biomateriale. Il lavaggio con EDTA, essenziale per le specie native, risulta superfluo per il clone. Inoltre, il test di campo, ha evidenziato la maggior capacità di accumulo di bag contenenti S. palustre rispetto a quelle contenenti il muschio nativo P. purum. In accordo con i risultati sulla standardizzazione del protocollo espositivo, risulta preferibile l’uso della Mossphere con una maglia da 2 mm ed un rapporto peso muschio/superfice bag compreso tra i 5 e i 15 mg cm-2 esposta per non meno di 6 settimane ad un’altezza di 4 metri da suolo. Gli ultimi due lavori hanno consentito di evidenziare: il vantaggio nell’uso congiunto della tecnica delle moss bag con l’inventario delle emissioni; e anche la capacità delle moss bag nel discriminare fonti di inquinamento a piccola scala tra siti scelti in un territorio frammentato in termini di uso del suolo.
22-mar-2016
TRETIACH, Mauro
28
2014/2015
Settore BIO/07 - Ecologia
Università degli Studi di Trieste
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11368/2907988
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