Non sempre è possibile identificare le ragioni del fallimento implantare. Quan- do informiamo il paziente sulle possibili complicanze di un intervento di implan- tologia ci troviamo necessariamente ad affrontare la questione della “perdita dell’integrazione dell’impianto o man- cata osteointegrazione dello stesso”. È un argomento delicato, vuoi per il costo biologico (seppur, a volte, modesto) vuoi per il costo economico per il paziente, con una probabilità intrinseca legata al fallimento dell’intervento chirurgico e alla successiva riabilitazione protesica. In letteratura sono molteplici le evidenze che riportano elevate percentuali di successo, ma d’altronde anche di insuccesso che fanno intravedere il rovescio della medaglia. Pertanto è indispensabile valutare singolarmente paziente per paziente, realizzando corretti distinguo tra un caso clinico e l’altro. Quello che però è evidente è che la maggior parte dei fallimenti si verifica dopo la fase protesica. Generalmente i pazienti pensano che la perdita dell’impianto sia associata a una reazione immunitaria o “di rigetto”, perciò da parte nostra è opportuno e doveroso un chiarimento che permetta loro di comprendere che l’impianto non è un materiale biologico e quindi non è possibile che il titanio porti allo sviluppo di una reazione di tipo immunitario. La più frequente causa di perdita di un impianto è senza dubbio attribuibile a un’infezione batterica che colpisce i tessuti duri e molli che supportano l’impianto, ovvero la perimplantite. Secondo la revisione pubblicata da Zitzmann et al. (J Clin Periodontol 2008;35[8 Suppl]:286-91) l’incidenza a livello mondiale della mucosite e della perimplantite, in pazienti sottoposti a chirurgia implantare, si attesta tra il 28% e il 56% nel primo caso e giunge sino all’80% nel secondo. Le perimplantiti sono un problema molto attuale, progressivamente crescente e destinato ad aumentare nel futuro prossimo anche in relazione al numero di pazienti sottoposti a interventi di chirurgia implantare. In Italia vengono inseriti circa un milione di impianti l’anno e sono disponibili in commercio oltre 300 tipologie differenti di fixture. Si tratta di numeri considerevoli che inevitabilmente possono essere rappresentativi di una certa quota di complicanze legate non solo alla tecnica chirurgica e/o alla progettazione protesica, ma anche al periodo successivo alla riabilitazione. Il paziente, infatti, deve essere istruito e responsabilizzato a mantenere nel tempo una scrupolosa igiene orale domiciliare anche nel sito riabilitato. È di fondamentale importanza eseguire un attento esame obiettivo e strumentale al fine di evitare il ritardo diagnostico, che può minare i risultati terapeutici successivi. Per di più il trattamento risulta spesso di difficile gestione. Alla luce di tutte queste considerazioni abbiamo chiesto un parere al professor Massimo Simion, uno dei maggiori esperti di implantologia osteointegrata e rigenerazione dei tessuti duri e molli orali, autore di un libro di recente pubblicazione che ha per argomento la pre- venzione, la diagnosi e il trattamento delle patologie perimplantari (La diagnosi e il trattamento delle perimplantiti, Milano: Edra, 2015).

Come affrontare il problema delle perimplantiti

Biasotto, Matteo;Ottaviani, Giulia
2016-01-01

Abstract

Non sempre è possibile identificare le ragioni del fallimento implantare. Quan- do informiamo il paziente sulle possibili complicanze di un intervento di implan- tologia ci troviamo necessariamente ad affrontare la questione della “perdita dell’integrazione dell’impianto o man- cata osteointegrazione dello stesso”. È un argomento delicato, vuoi per il costo biologico (seppur, a volte, modesto) vuoi per il costo economico per il paziente, con una probabilità intrinseca legata al fallimento dell’intervento chirurgico e alla successiva riabilitazione protesica. In letteratura sono molteplici le evidenze che riportano elevate percentuali di successo, ma d’altronde anche di insuccesso che fanno intravedere il rovescio della medaglia. Pertanto è indispensabile valutare singolarmente paziente per paziente, realizzando corretti distinguo tra un caso clinico e l’altro. Quello che però è evidente è che la maggior parte dei fallimenti si verifica dopo la fase protesica. Generalmente i pazienti pensano che la perdita dell’impianto sia associata a una reazione immunitaria o “di rigetto”, perciò da parte nostra è opportuno e doveroso un chiarimento che permetta loro di comprendere che l’impianto non è un materiale biologico e quindi non è possibile che il titanio porti allo sviluppo di una reazione di tipo immunitario. La più frequente causa di perdita di un impianto è senza dubbio attribuibile a un’infezione batterica che colpisce i tessuti duri e molli che supportano l’impianto, ovvero la perimplantite. Secondo la revisione pubblicata da Zitzmann et al. (J Clin Periodontol 2008;35[8 Suppl]:286-91) l’incidenza a livello mondiale della mucosite e della perimplantite, in pazienti sottoposti a chirurgia implantare, si attesta tra il 28% e il 56% nel primo caso e giunge sino all’80% nel secondo. Le perimplantiti sono un problema molto attuale, progressivamente crescente e destinato ad aumentare nel futuro prossimo anche in relazione al numero di pazienti sottoposti a interventi di chirurgia implantare. In Italia vengono inseriti circa un milione di impianti l’anno e sono disponibili in commercio oltre 300 tipologie differenti di fixture. Si tratta di numeri considerevoli che inevitabilmente possono essere rappresentativi di una certa quota di complicanze legate non solo alla tecnica chirurgica e/o alla progettazione protesica, ma anche al periodo successivo alla riabilitazione. Il paziente, infatti, deve essere istruito e responsabilizzato a mantenere nel tempo una scrupolosa igiene orale domiciliare anche nel sito riabilitato. È di fondamentale importanza eseguire un attento esame obiettivo e strumentale al fine di evitare il ritardo diagnostico, che può minare i risultati terapeutici successivi. Per di più il trattamento risulta spesso di difficile gestione. Alla luce di tutte queste considerazioni abbiamo chiesto un parere al professor Massimo Simion, uno dei maggiori esperti di implantologia osteointegrata e rigenerazione dei tessuti duri e molli orali, autore di un libro di recente pubblicazione che ha per argomento la pre- venzione, la diagnosi e il trattamento delle patologie perimplantari (La diagnosi e il trattamento delle perimplantiti, Milano: Edra, 2015).
2016
Pubblicato
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0011852416300319
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11368/2929253
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