Nel corso del Novecento, il progetto umanistico moderno deve fare i conti, da un lato, con l'erosione filosofica del concetto di spirito e dell'idea di libertà, dall'altro con la diffusione delle scienze sociali e antropologiche, che relativizzano i valori fondanti della modernità occidentale e sottopongono in generale la dimensione umana a una sguardo naturalizzante e scientifizzante. Con ciò entra in crisi la millenaria definizione di uomo come "animale razionale", in cui il logos e il linguaggio si incaricavano di marcare la differenza tra umanità e animalità. La concezione del linguaggio elaborata da Heidegger, prima, e da Gadamer, poi, si contrappongono però a questa erosione della differenza antropologica rispetto alla dimensione animale e naturale. La premessa del loro discorso poggia su una nuova portata del fenomeno linguistico, che non è più soltanto un attributo distintivo ma si propone come l'orizzonte complessivo dell'essere e della trasmissione culturale. Gadamer, in particolare, approfondisce il rapporto tra linguaggio e tradizione: li rapporto con la tradizione acquista il carattere di un dialogo, dove è l'interprete a essere interpellato dal passato prima che questi possa interrogarlo e sottoporlo a indagine. Nel quadro di questa peculiare forma di dialogo si estrinseca sia l'essenza del linguaggio sia il carattere permanente e durevole dei contenuti culturali trasmessi, i quali vengono tramandati solo a patto che si rivelino dotati di significati permanenti e non in quanto semplici pacchetti informativi trasferiti nel corso del tempo. In questa capacità di durare si estrinseca la natura effettiva del "classico", che è tale solo se riesce a confermarsi in nome di una verità di cui è portatore e che gli permette di essere riconosciuto nel suo valore normativo, non solo nella sua specifica origine storica.

Gadamer: la cultura come tradizione e l'essenza del linguaggio

Marcello Monaldi
2018-01-01

Abstract

Nel corso del Novecento, il progetto umanistico moderno deve fare i conti, da un lato, con l'erosione filosofica del concetto di spirito e dell'idea di libertà, dall'altro con la diffusione delle scienze sociali e antropologiche, che relativizzano i valori fondanti della modernità occidentale e sottopongono in generale la dimensione umana a una sguardo naturalizzante e scientifizzante. Con ciò entra in crisi la millenaria definizione di uomo come "animale razionale", in cui il logos e il linguaggio si incaricavano di marcare la differenza tra umanità e animalità. La concezione del linguaggio elaborata da Heidegger, prima, e da Gadamer, poi, si contrappongono però a questa erosione della differenza antropologica rispetto alla dimensione animale e naturale. La premessa del loro discorso poggia su una nuova portata del fenomeno linguistico, che non è più soltanto un attributo distintivo ma si propone come l'orizzonte complessivo dell'essere e della trasmissione culturale. Gadamer, in particolare, approfondisce il rapporto tra linguaggio e tradizione: li rapporto con la tradizione acquista il carattere di un dialogo, dove è l'interprete a essere interpellato dal passato prima che questi possa interrogarlo e sottoporlo a indagine. Nel quadro di questa peculiare forma di dialogo si estrinseca sia l'essenza del linguaggio sia il carattere permanente e durevole dei contenuti culturali trasmessi, i quali vengono tramandati solo a patto che si rivelino dotati di significati permanenti e non in quanto semplici pacchetti informativi trasferiti nel corso del tempo. In questa capacità di durare si estrinseca la natura effettiva del "classico", che è tale solo se riesce a confermarsi in nome di una verità di cui è portatore e che gli permette di essere riconosciuto nel suo valore normativo, non solo nella sua specifica origine storica.
2018
978-88-8303-984-3
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