Sono ormai più di vent’anni che, in Italia (come in Europa e negli Stati Uniti), il paesaggio imperversa nei discorsi di architetti e urbanisti. L’esito è un diluvio di parole, immagini, esperienze di progetto che, lavorando a diverse scale, ne hanno progressivamente ampliato significati e campi d’azione, rendendoli addirittura ipertrofici. Un’attenzione che, seppure prolungata e continua, appare scandita da periodi in cui questo termine è stato oggetto di una sorta di “riesumazione”, celebrata attraverso il riconoscimento di una prorompente capacità di introdurre innovazioni e scarti rilevanti nel sapere progettuale (Sampieri, 2008). È in questa storia di corsi e ricorsi che può essere collocato il dibattito alimentato dalla Convenzione europea del paesaggio (Consiglio d’Europa, 2000) e dalle disposizioni legislative che, sia pure in maniera per certi versi ridotta nel nostro paese (Ministero per i Beni e le Attività culturali, 2008), ne hanno tradotto principi e indirizzi aprendo una nuova stagione di sperimentazioni nel campo della pianificazione territoriale paesaggistica (Peano, Voghera, a cura di, 2009). Un dibattito i cui esiti, teorici e progettuali, oggi vantano una certa maturità, prestandosi a una rilettura critica tesa a meglio comprendere quale possa essere, concretamente, l’utilità di un discorso sul paesaggio rispetto a una più ampia riflessione sullo stato attuale del progetto urbanistico.
A cosa serve oggi parlare di paesaggio?
MARCHIGIANI, ELENA
2009-01-01
Abstract
Sono ormai più di vent’anni che, in Italia (come in Europa e negli Stati Uniti), il paesaggio imperversa nei discorsi di architetti e urbanisti. L’esito è un diluvio di parole, immagini, esperienze di progetto che, lavorando a diverse scale, ne hanno progressivamente ampliato significati e campi d’azione, rendendoli addirittura ipertrofici. Un’attenzione che, seppure prolungata e continua, appare scandita da periodi in cui questo termine è stato oggetto di una sorta di “riesumazione”, celebrata attraverso il riconoscimento di una prorompente capacità di introdurre innovazioni e scarti rilevanti nel sapere progettuale (Sampieri, 2008). È in questa storia di corsi e ricorsi che può essere collocato il dibattito alimentato dalla Convenzione europea del paesaggio (Consiglio d’Europa, 2000) e dalle disposizioni legislative che, sia pure in maniera per certi versi ridotta nel nostro paese (Ministero per i Beni e le Attività culturali, 2008), ne hanno tradotto principi e indirizzi aprendo una nuova stagione di sperimentazioni nel campo della pianificazione territoriale paesaggistica (Peano, Voghera, a cura di, 2009). Un dibattito i cui esiti, teorici e progettuali, oggi vantano una certa maturità, prestandosi a una rilettura critica tesa a meglio comprendere quale possa essere, concretamente, l’utilità di un discorso sul paesaggio rispetto a una più ampia riflessione sullo stato attuale del progetto urbanistico.Pubblicazioni consigliate
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