Una delle finalità ultime dell’integrazione europea è rappresentata dalla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel quale è assicurata la libera circolazione delle persone e sono vietate le discriminazioni. Paradossalmente, il riconoscimento dei diritti di mobilità ai cittadini che si spostano sul mercato comune può produrre situazioni di svantaggio per coloro che operano, invece, nell’ambito di un singolo Stato membro. Le disposizioni nazionali che quei diritti comprimono non sono infatti applicabili agli operatori comunitari, mentre conservano la loro portata restrittiva nei confronti delle situazioni interne. Nell’esperienza comunitaria, tale fenomeno prende il nome di discriminazioni alla rovescia. Né l’ordinamento comunitario, né quello nazionale creano consapevolmente questo tipo di situazioni. Eppure, sovrapponendosi, i due sistemi giuridici determinano insidiose diseguaglianze. Il volume muove dalla tesi che la rimozione di questo tipo di discriminazioni passa attraverso un’applicazione mirata del principio generale di eguaglianza, accompagnata da un’opportuna collaborazione tra la Corte di giustizia, i legislatori e i giudici nazionali. Il controllo giurisdizionale operato dalla nostra Corte costituzionale in questo ambito rappresenta un modello importante, che potrebbe consentire la censura di diverse discriminazioni provocate dall’impatto del diritto dell’Unione sull’ordinamento interno.

Le discriminazioni alla rovescia nel diritto dell’Unione europea

SPITALERI, FABIO
2010-01-01

Abstract

Una delle finalità ultime dell’integrazione europea è rappresentata dalla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel quale è assicurata la libera circolazione delle persone e sono vietate le discriminazioni. Paradossalmente, il riconoscimento dei diritti di mobilità ai cittadini che si spostano sul mercato comune può produrre situazioni di svantaggio per coloro che operano, invece, nell’ambito di un singolo Stato membro. Le disposizioni nazionali che quei diritti comprimono non sono infatti applicabili agli operatori comunitari, mentre conservano la loro portata restrittiva nei confronti delle situazioni interne. Nell’esperienza comunitaria, tale fenomeno prende il nome di discriminazioni alla rovescia. Né l’ordinamento comunitario, né quello nazionale creano consapevolmente questo tipo di situazioni. Eppure, sovrapponendosi, i due sistemi giuridici determinano insidiose diseguaglianze. Il volume muove dalla tesi che la rimozione di questo tipo di discriminazioni passa attraverso un’applicazione mirata del principio generale di eguaglianza, accompagnata da un’opportuna collaborazione tra la Corte di giustizia, i legislatori e i giudici nazionali. Il controllo giurisdizionale operato dalla nostra Corte costituzionale in questo ambito rappresenta un modello importante, che potrebbe consentire la censura di diverse discriminazioni provocate dall’impatto del diritto dell’Unione sull’ordinamento interno.
2010
9788854834248
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