L’architettura è la costruzione di un rifugio... si mette al riparo il corpo, il cuore e il pensiero (Le Corbusier 1937). Le tecniche di riparazione del corpo sono dunque le tecniche di riparazione del corpo sociale, esplicitamente legate e dipendenti dalle sue esigenze di riproduzione, controllo e guarigione (Franco Basaglia 1978). Partendo dal doppio significato del verbo riparare - proteggere e aggiustare - si mettono a confronto l’architettura, che da sempre ha il compito di costruire un rifugio e che oggi si propone anche di aggiustare preesistenze e tessuti urbani aprendoli a nuove funzionalità, e la psichiatria, che storicamente ha preteso di correggere, cioè aggiustare, la mente del folle, e insieme di proteggere la società attraverso la pratica dell’internamento. Un confronto opportuno se si affronta il riuso degli ex manicomi, indispensabile se il manicomio è quello in cui nel 1961 nasce la rivoluzione della psichiatria italiana che porterà al riconoscimento dei diritti dei malati mentali e alla legge Basaglia del 1978. L’ex ospedale psichiatrico di Gorizia, ora parco Basaglia, è un luogo emblematico per il contemporaneo, marginale per antonomasia (uno dei suoi bordi coincide con il confine di Stato) e al contempo al centro di una travagliata storia di incroci di culture, identità e lingue. Nell’attività didattica e in quella progettuale in collaborazione con gli enti proprietari, questo complesso patrimonio è stato proposto alla riflessione di più saperi e pratiche progettuali (la storia dell’architettura dei manicomi austriaci, variazioni dello Steinhof viennese, il restauro come memoria di architetture e di pratiche d’uso) proponendo una molteplice restituzione quale momento di interpretazione, sperimentazione e verifica di un’azione trasformativa: dalla machine à guérir, che ripara ciò che si ritiene guasto, a luogo in cui dare riparo, riconsegnando alla città il parco e il suo genius loci rivoluzionario, per riparare l’umano e, dunque, riparare l’urbano.

Riparare l'umano: lezioni da un manicomio di frontiera

Giuseppina Scavuzzo
;
Valentina Rodani
2019-01-01

Abstract

L’architettura è la costruzione di un rifugio... si mette al riparo il corpo, il cuore e il pensiero (Le Corbusier 1937). Le tecniche di riparazione del corpo sono dunque le tecniche di riparazione del corpo sociale, esplicitamente legate e dipendenti dalle sue esigenze di riproduzione, controllo e guarigione (Franco Basaglia 1978). Partendo dal doppio significato del verbo riparare - proteggere e aggiustare - si mettono a confronto l’architettura, che da sempre ha il compito di costruire un rifugio e che oggi si propone anche di aggiustare preesistenze e tessuti urbani aprendoli a nuove funzionalità, e la psichiatria, che storicamente ha preteso di correggere, cioè aggiustare, la mente del folle, e insieme di proteggere la società attraverso la pratica dell’internamento. Un confronto opportuno se si affronta il riuso degli ex manicomi, indispensabile se il manicomio è quello in cui nel 1961 nasce la rivoluzione della psichiatria italiana che porterà al riconoscimento dei diritti dei malati mentali e alla legge Basaglia del 1978. L’ex ospedale psichiatrico di Gorizia, ora parco Basaglia, è un luogo emblematico per il contemporaneo, marginale per antonomasia (uno dei suoi bordi coincide con il confine di Stato) e al contempo al centro di una travagliata storia di incroci di culture, identità e lingue. Nell’attività didattica e in quella progettuale in collaborazione con gli enti proprietari, questo complesso patrimonio è stato proposto alla riflessione di più saperi e pratiche progettuali (la storia dell’architettura dei manicomi austriaci, variazioni dello Steinhof viennese, il restauro come memoria di architetture e di pratiche d’uso) proponendo una molteplice restituzione quale momento di interpretazione, sperimentazione e verifica di un’azione trasformativa: dalla machine à guérir, che ripara ciò che si ritiene guasto, a luogo in cui dare riparo, riconsegnando alla città il parco e il suo genius loci rivoluzionario, per riparare l’umano e, dunque, riparare l’urbano.
2019
9788890905490
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