Se volessimo cercare di cogliere una cifra nella proposta epistemologica, clinica e antropologica del percorso scientifico ed esistenziale di Carl Gustav Jung, non potremmo non metterci in ascolto dell'ipotesi teleologica con cui il fondatore della psicologia analitica mise in prospettiva lo snodarsi dell'esistenza umana secondo un processo individuativo.  Interpretare è parola-cardine attorno a cui si è costruito, e a tratti decostruito, il discorso psicoanalitico - si pensi soltanto al testo inaugurale di questa disciplina (scienza o arte?), il freudiano "L'interpretazione dei sogni". La dimensione interpretativa venne raccolta da Jung, ma amplificata dalla stretta causalità e e dal determinismo psichico; espansa temporalmente in un'apertura verso il futuro, verso cui l'individuo tenderebbe in un'incessante trasformazione che lo metterebbe in contatto con le forze che lo abitano, per attuare e realizzare il progetto che quell'individuo é dalla nascita. Nella relazione terapeutica ciò si declina non tanto nell'obiettivo di una guarigione, quanto nel tendere alla completezza (Zoja), favorendo quel dialogo a periodi stridente, a momenti melodioso, ma sempre fecondo fra l'Io e il Sé, che nella stanza d'analisi e in tutte le stanze interiori di ognuno di noi possiamo udire.  Metterci in ascolto di ciò che muove e si muove nell'altro; di ciò che ci commuove dell'altro; di ciò che ci smuove a partire dall'altro; farlo risuonare dentro di noi non è compito limitato agli analisti, ma impegno di ogni essere umano. Ascoltare il racconto dell'altro che guardiamo (Cavarero), nella sua partitura di parola e silenzi, farlo risuonare dentro di noi, significa allentare le nostre corde, permettendoci così di vibrare insieme, di farci trasformare dalle note psichiche dell'altro e di trasformare un po' le nostre. Anche la materia più dura si lascia percorrere dai suoni, come le pietre sonanti di Sciola.

Seguire le risonanze interiori. Per una partitura della trasformazione nel processo di individuazione

Candelieri I
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Abstract

Se volessimo cercare di cogliere una cifra nella proposta epistemologica, clinica e antropologica del percorso scientifico ed esistenziale di Carl Gustav Jung, non potremmo non metterci in ascolto dell'ipotesi teleologica con cui il fondatore della psicologia analitica mise in prospettiva lo snodarsi dell'esistenza umana secondo un processo individuativo.  Interpretare è parola-cardine attorno a cui si è costruito, e a tratti decostruito, il discorso psicoanalitico - si pensi soltanto al testo inaugurale di questa disciplina (scienza o arte?), il freudiano "L'interpretazione dei sogni". La dimensione interpretativa venne raccolta da Jung, ma amplificata dalla stretta causalità e e dal determinismo psichico; espansa temporalmente in un'apertura verso il futuro, verso cui l'individuo tenderebbe in un'incessante trasformazione che lo metterebbe in contatto con le forze che lo abitano, per attuare e realizzare il progetto che quell'individuo é dalla nascita. Nella relazione terapeutica ciò si declina non tanto nell'obiettivo di una guarigione, quanto nel tendere alla completezza (Zoja), favorendo quel dialogo a periodi stridente, a momenti melodioso, ma sempre fecondo fra l'Io e il Sé, che nella stanza d'analisi e in tutte le stanze interiori di ognuno di noi possiamo udire.  Metterci in ascolto di ciò che muove e si muove nell'altro; di ciò che ci commuove dell'altro; di ciò che ci smuove a partire dall'altro; farlo risuonare dentro di noi non è compito limitato agli analisti, ma impegno di ogni essere umano. Ascoltare il racconto dell'altro che guardiamo (Cavarero), nella sua partitura di parola e silenzi, farlo risuonare dentro di noi, significa allentare le nostre corde, permettendoci così di vibrare insieme, di farci trasformare dalle note psichiche dell'altro e di trasformare un po' le nostre. Anche la materia più dura si lascia percorrere dai suoni, come le pietre sonanti di Sciola.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11368/2975161
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