In un momento in cui la società ha postulato il principio di distanziamento come relazione necessaria tra esseri umani, appare evidente come la ricerca progettuale in architettura si trovi scossa nelle sue inquietudini interne. Se da un lato si discute su quali possano essere le strategie e i dispositivi spaziali da mettere in campo per rispondere a questa condizione, dall'altro l'architettura in quanto tale si offre oggi come oggetto e medium di sperimentazione. È in questo secondo campo d’ipotesi che s’innesta l'installazione e performance multimediale Apocalipsis cum figuris, una ricerca progettuale sul tema dell'apocalisse che ha esplorato le potenzialità narrative di uno dei gioielli dell'architettura moderna realizzati da Ernesto Nathan Rogers, oggi vero e proprio distributore di cultura: la Stazione Rogers (con i BBPR, già Stazione di Servizio Aquila, Trieste, 1953). L’inaccessibilità imposta dalle circostanze a questo spazio vuoto e significante, è stata l’occasione di sperimentare come l’immagine, l’arte performativa e la musica possano porsi come mezzo d’indagine ed esplorazione dello spazio fisico, muovendo dalla multiforme esperienza del Bauhaus fino alle più recenti manifestazioni dell’arte multimediale come punti di riferimento per la costruzione delle operazioni di montaggio, moltiplicazione, estensione, proiezione operate sullo spazio fisico. In un capovolgimento di prospettiva lo spazio interno dell’oggetto architettonico ha assunto quindi un valore espositivo in sé: l’architettura non contiene, ma parla essa stessa, attraverso l’uso del linguaggio multimediale – o di una molteplicità di linguaggi. Svuotata dei corpi che le davano vita, ma percepita come luce a densità variabile e vibrante al ritmo di suoni apocalittici, l'architettura ha innescato un'inversione e ciò che sembrava un esterno, spazio pubblico, aperto e fruibile anche a distanze inusuali, è ancora, come nelle parole di Le Corbusier, il risultato di un interno.

Apocalipsis cum figuris

Samuel Iuri;Valentina Rodani
2021-01-01

Abstract

In un momento in cui la società ha postulato il principio di distanziamento come relazione necessaria tra esseri umani, appare evidente come la ricerca progettuale in architettura si trovi scossa nelle sue inquietudini interne. Se da un lato si discute su quali possano essere le strategie e i dispositivi spaziali da mettere in campo per rispondere a questa condizione, dall'altro l'architettura in quanto tale si offre oggi come oggetto e medium di sperimentazione. È in questo secondo campo d’ipotesi che s’innesta l'installazione e performance multimediale Apocalipsis cum figuris, una ricerca progettuale sul tema dell'apocalisse che ha esplorato le potenzialità narrative di uno dei gioielli dell'architettura moderna realizzati da Ernesto Nathan Rogers, oggi vero e proprio distributore di cultura: la Stazione Rogers (con i BBPR, già Stazione di Servizio Aquila, Trieste, 1953). L’inaccessibilità imposta dalle circostanze a questo spazio vuoto e significante, è stata l’occasione di sperimentare come l’immagine, l’arte performativa e la musica possano porsi come mezzo d’indagine ed esplorazione dello spazio fisico, muovendo dalla multiforme esperienza del Bauhaus fino alle più recenti manifestazioni dell’arte multimediale come punti di riferimento per la costruzione delle operazioni di montaggio, moltiplicazione, estensione, proiezione operate sullo spazio fisico. In un capovolgimento di prospettiva lo spazio interno dell’oggetto architettonico ha assunto quindi un valore espositivo in sé: l’architettura non contiene, ma parla essa stessa, attraverso l’uso del linguaggio multimediale – o di una molteplicità di linguaggi. Svuotata dei corpi che le davano vita, ma percepita come luce a densità variabile e vibrante al ritmo di suoni apocalittici, l'architettura ha innescato un'inversione e ciò che sembrava un esterno, spazio pubblico, aperto e fruibile anche a distanze inusuali, è ancora, come nelle parole di Le Corbusier, il risultato di un interno.
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