La recente crisi globale ha evidenziato la stretta correlazione fra ambiente costruito e gli effetti perversi della speculazione: originandosi nei meccanismi di costruzione anche dottrinale del cosiddetto “sogno americano” e rimbalzando successivamente a livello globale, soprattutto nei territori sviluppati secondo le forme più esacerbate di finanziarizzazione dell’urbanistica. La questione di tale correlazione non si esaurisce soltanto nella descrizione delle dinamiche di accumulazione tardocapitalistiche ma trova le sue ragioni più profonde nella diffusione di un sistema biopolitico totalizzante che ne costituisce la base ideologica, ovvero la razionalità neoliberista, la cui affermazione si assesta all’indomani degli effetti della stagflazione e degli shock petroliferi nei primi anni settanta. In quel contesto storico venne a degradarsi il modello economico, politico, culturale e sociale dei “trenta gloriosi” a cui il modernismo aveva fornito la configurazione spaziale. Tuttavia le profonde contraddizioni di un sistema ecumenico apparentemente stabile erano già sfociate in opposizioni critiche provenienti dalle più svariate discipline, non ultima quella architettonica dove, alla fine, la varietà delle reazioni ai dogmi modernisti sembrarono confluire nella tragica parabola tafuriana: da un lato la progressiva erosione e/o eclissi del ruolo sociale dell’architetto e della pianificazione, dall’altro l’affermazione di un’autonomia disciplinare e di sperimentazioni formali perfettamente funzionali al nuovo sistema di accumulazione capitalistica. E la crisi recente non ne ha invertito il percorso, semmai ha impostato la condizione professionale in coerenza alle dinamiche sociali e classiste contemporanee (concentrazione monopolistica delle ricchezze, erosione della classe media, proletarizzazione diffusa) nel divario fra i grandi studi internazionali e una miriade di piccoli professionisti, con il relativo bacino di precariato di riserva, in “regime di sopravvivenza”. L’affermazione di nuovi o riesumati approcci progettuali caratterizzati da strategie di contenimento creativo dei costi e delle risorse, in risposta alle criticità imposte dalla congiuntura economica e dalle questioni di tipo ambientale, è accolta come una salutare alternativa alle logiche dominanti, mentre competitività al massimo ribasso e sfruttamento imposto dall’ottimizzazione degli utili sono proprio le loro più efficienti tattiche operative.
SURFING CRISIS. TEORIE E PROGETTI PER TEMPI DIFFICILI
Croce, Gianluca
2022-01-01
Abstract
La recente crisi globale ha evidenziato la stretta correlazione fra ambiente costruito e gli effetti perversi della speculazione: originandosi nei meccanismi di costruzione anche dottrinale del cosiddetto “sogno americano” e rimbalzando successivamente a livello globale, soprattutto nei territori sviluppati secondo le forme più esacerbate di finanziarizzazione dell’urbanistica. La questione di tale correlazione non si esaurisce soltanto nella descrizione delle dinamiche di accumulazione tardocapitalistiche ma trova le sue ragioni più profonde nella diffusione di un sistema biopolitico totalizzante che ne costituisce la base ideologica, ovvero la razionalità neoliberista, la cui affermazione si assesta all’indomani degli effetti della stagflazione e degli shock petroliferi nei primi anni settanta. In quel contesto storico venne a degradarsi il modello economico, politico, culturale e sociale dei “trenta gloriosi” a cui il modernismo aveva fornito la configurazione spaziale. Tuttavia le profonde contraddizioni di un sistema ecumenico apparentemente stabile erano già sfociate in opposizioni critiche provenienti dalle più svariate discipline, non ultima quella architettonica dove, alla fine, la varietà delle reazioni ai dogmi modernisti sembrarono confluire nella tragica parabola tafuriana: da un lato la progressiva erosione e/o eclissi del ruolo sociale dell’architetto e della pianificazione, dall’altro l’affermazione di un’autonomia disciplinare e di sperimentazioni formali perfettamente funzionali al nuovo sistema di accumulazione capitalistica. E la crisi recente non ne ha invertito il percorso, semmai ha impostato la condizione professionale in coerenza alle dinamiche sociali e classiste contemporanee (concentrazione monopolistica delle ricchezze, erosione della classe media, proletarizzazione diffusa) nel divario fra i grandi studi internazionali e una miriade di piccoli professionisti, con il relativo bacino di precariato di riserva, in “regime di sopravvivenza”. L’affermazione di nuovi o riesumati approcci progettuali caratterizzati da strategie di contenimento creativo dei costi e delle risorse, in risposta alle criticità imposte dalla congiuntura economica e dalle questioni di tipo ambientale, è accolta come una salutare alternativa alle logiche dominanti, mentre competitività al massimo ribasso e sfruttamento imposto dall’ottimizzazione degli utili sono proprio le loro più efficienti tattiche operative.Pubblicazioni consigliate
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