Nella seconda metà degli anni Trenta la politica mussoliniana nei confronti dell’architettura cambia. L’equidistanza, fin allora seguita dal duce nei confronti dell’architettura moderna e di quella tradizionale, muta a favore di quest’ultima. La sua preferenza va a sostegno di un’architettura in cui la modernità sa accogliere espliciti richiami figurativi alla tradizione romano imperiale. Questo cambiamento coincide con l’accelerazione totalitaria impressa nel corso degli anni Trenta dal fascismo alla nazione. Mussolini vuole trasformare l’ampio consenso popolare in una fede politica. Per divulgare una fede sono necessari i miti. Il mito più potente, più produttivo è quello della romanità. L’architettura diviene uno straordinario strumento per trasmettere questi miti. Diviene lo scenario reale per alimentare l’immaginario collettivo, per infondere nella massa la necessaria autoconsiderazione di sé. L’architettura viene in questo modo fatta partecipare all’esperimento totalitario. In questo contesto, anche la vicenda del piano regolatore di Udine, a prima vista marginale e lontana, assume un significato nuovo. Gli interventi eseguiti in piazza Duomo, in particolare la costruzione del Palazzo della Cassa di Risparmio, si inseriscono infatti in questo processo di totalitarizzazione del paese che impone modelli architettonici a Roma come a Udine. Riconoscibili stilisticamente anche dalle masse, queste architetture agiscono come dispositivi identitari del fascismo. L’articolo analizza le vicende del Piano regolatore, le diverse proposte, lo scontro politico tra le diverse anime del fascismo locale, l’influenza della cultura architettonica romana in ambito udinese.

Il nuovo volto "romano" di Udine nei progetti del regime. 1933-1940

NICOLOSO, PAOLO
2010-01-01

Abstract

Nella seconda metà degli anni Trenta la politica mussoliniana nei confronti dell’architettura cambia. L’equidistanza, fin allora seguita dal duce nei confronti dell’architettura moderna e di quella tradizionale, muta a favore di quest’ultima. La sua preferenza va a sostegno di un’architettura in cui la modernità sa accogliere espliciti richiami figurativi alla tradizione romano imperiale. Questo cambiamento coincide con l’accelerazione totalitaria impressa nel corso degli anni Trenta dal fascismo alla nazione. Mussolini vuole trasformare l’ampio consenso popolare in una fede politica. Per divulgare una fede sono necessari i miti. Il mito più potente, più produttivo è quello della romanità. L’architettura diviene uno straordinario strumento per trasmettere questi miti. Diviene lo scenario reale per alimentare l’immaginario collettivo, per infondere nella massa la necessaria autoconsiderazione di sé. L’architettura viene in questo modo fatta partecipare all’esperimento totalitario. In questo contesto, anche la vicenda del piano regolatore di Udine, a prima vista marginale e lontana, assume un significato nuovo. Gli interventi eseguiti in piazza Duomo, in particolare la costruzione del Palazzo della Cassa di Risparmio, si inseriscono infatti in questo processo di totalitarizzazione del paese che impone modelli architettonici a Roma come a Udine. Riconoscibili stilisticamente anche dalle masse, queste architetture agiscono come dispositivi identitari del fascismo. L’articolo analizza le vicende del Piano regolatore, le diverse proposte, lo scontro politico tra le diverse anime del fascismo locale, l’influenza della cultura architettonica romana in ambito udinese.
2010
9788887388244
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