Il ruolo svolto nei commerci mediterranei del mondo romano (dal III sec. a.C. al V d.C.) dai grandi porti romani dell’Adriatico (Aquileia, Ravenna, Ancona, Iader, Salona, Brundisium, Dyrrachium, Apollonia) è ben conosciuto. Ugualmente definibili – almeno nelle loro principali caratteristiche funzionali e simboliche all’interno degli spazi urbani di queste città antiche (di cui condizionano anche l’assetto urbanistico) – sono gli ambiti portuali e commerciali in cui si esercitavano le attività dei mercanti. Più marginali e occasionali, anche se non meno significative, sono le notizie che si ricavano dalle fonti antiche (letterarie, itinerarie, epigrafiche, archeologiche) su molti altri porti minori e approdi disseminati sulle coste occidentali e orientali del Mare Superum, alla foce o lungo il bacino dei fiumi, allo sbocco delle vie consolari e dei percorsi terrestri obbligati di penetrazione nell’entroterra, o anche in corrispondenza di impianti produttivi pubblici e privati. Essi testimoniano una regolare redistribuzione di merci, di produzione locale e regionale (come vino, olio, sale, ceramica, legname, lana, vesti, pelli), ma anche di prodotti provenienti da aree mediterranee molto lontane (dalla Penisola Iberica, dalle province nordafricane, dall’Egitto, dalla Siria, dall’Asia Minore, dalla Grecia e dalle isole dell’Egeo, dal Mar Nero). Grazie alla fitta rete di distribuzione garantita dal cabotaggio costiero, dai percorsi terrestri e soprattutto fluvio-lagunari, queste merci “che venivano dal mare” potevano da un lato penetrare profondamente nell’entroterra padano e dall’altro valicare le Alpi e, utilizzando la rete idrografica, penetrare nel bacino. Illuminanti per quest’ultimo aspetto sono le testimonianze sulle attività commerciali lungo il “corridoio” Augusta Taurinorum (Torino), Aquileia, Emona (Lubiana), Claudia Savaria (Sopron), Aquincum (Budapest) – e di lì, lungo il Danubio fino al Mar Nero – che si incrocia con i traffici che viaggiano sull’asse commerciale del limes renano-danubiano, dalla Germania (Colonia Agrippina, Treviri) alla Mesia e alla Dacia. Ma non va trascurato il ruolo esercitato nella penetrazione di merci di produzione adriatica e mediterranea verso l’interno della penisola balcanica dai porti di Segna (Senj) e Salona (Solin, presso Spalato).

"Multa peragratus ego terraque marique". Lo spazio dilatato del mercante romano tra acque e terre visto dall'osservatorio di Aquileia

ZACCARIA, CLAUDIO
2009-01-01

Abstract

Il ruolo svolto nei commerci mediterranei del mondo romano (dal III sec. a.C. al V d.C.) dai grandi porti romani dell’Adriatico (Aquileia, Ravenna, Ancona, Iader, Salona, Brundisium, Dyrrachium, Apollonia) è ben conosciuto. Ugualmente definibili – almeno nelle loro principali caratteristiche funzionali e simboliche all’interno degli spazi urbani di queste città antiche (di cui condizionano anche l’assetto urbanistico) – sono gli ambiti portuali e commerciali in cui si esercitavano le attività dei mercanti. Più marginali e occasionali, anche se non meno significative, sono le notizie che si ricavano dalle fonti antiche (letterarie, itinerarie, epigrafiche, archeologiche) su molti altri porti minori e approdi disseminati sulle coste occidentali e orientali del Mare Superum, alla foce o lungo il bacino dei fiumi, allo sbocco delle vie consolari e dei percorsi terrestri obbligati di penetrazione nell’entroterra, o anche in corrispondenza di impianti produttivi pubblici e privati. Essi testimoniano una regolare redistribuzione di merci, di produzione locale e regionale (come vino, olio, sale, ceramica, legname, lana, vesti, pelli), ma anche di prodotti provenienti da aree mediterranee molto lontane (dalla Penisola Iberica, dalle province nordafricane, dall’Egitto, dalla Siria, dall’Asia Minore, dalla Grecia e dalle isole dell’Egeo, dal Mar Nero). Grazie alla fitta rete di distribuzione garantita dal cabotaggio costiero, dai percorsi terrestri e soprattutto fluvio-lagunari, queste merci “che venivano dal mare” potevano da un lato penetrare profondamente nell’entroterra padano e dall’altro valicare le Alpi e, utilizzando la rete idrografica, penetrare nel bacino. Illuminanti per quest’ultimo aspetto sono le testimonianze sulle attività commerciali lungo il “corridoio” Augusta Taurinorum (Torino), Aquileia, Emona (Lubiana), Claudia Savaria (Sopron), Aquincum (Budapest) – e di lì, lungo il Danubio fino al Mar Nero – che si incrocia con i traffici che viaggiano sull’asse commerciale del limes renano-danubiano, dalla Germania (Colonia Agrippina, Treviri) alla Mesia e alla Dacia. Ma non va trascurato il ruolo esercitato nella penetrazione di merci di produzione adriatica e mediterranea verso l’interno della penisola balcanica dai porti di Segna (Senj) e Salona (Solin, presso Spalato).
2009
9788888018898
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