Negli ultimi due decenni la questione dell'immagine, del suo significato comunicativo e del suo statuto ontologico, è stata investita da due cosiddette "svolte" teoriche: la prima, ampiamente nota, va sotto il nome di "svolta iconica" e raccoglie tra i suoi sostenitori soprattutto storici dell'arte (Belting, Boehm, Bredekamp), più o meno interessati alla filosofia, il cui obiettivo comune sembra essere in prima istanza il riconoscimento della valenza antropologica dell'immagine come tale, artistica e non; la seconda svolta ha un carattere più specificate mediologico e, pur risalendo alle teorizzazioni di McLuhan, aspira a un rigore metodico che la mediologia corrente non ha ancora esibito a dovere. Rispetto a queste "svolte", il presente saggio cerca di ponderare il ruolo del modello husserliano di fenomenologia nell'ambito dei problemi connessi all'immagine, intesa sia come raffigurazione sia come correlato coscienziale dell'oggetto percettivo. In particolare, sono due i punti che la fenomenologia husserliana può opportunamente ricordare ai protagonisti delle "svolte" suddette: il primo è il superamento di una visione mentalista e fenomenista, basata sull'idea di immagine interna alla coscienza, in materia di fenomeni percettivi. Tutte le teorie mediologiche, dal costruttivismo alla cibernetica, che adottano il paradigma dell'"interfaccia" per qualificare il ruolo del nostro apparato sensoriale nell'interazione coi media, mostrano, ad esempio, un approccio sostanzialmente fenomenista e tendono a reintrodurre nel dibattito odierno dualismi (interno/esterno; mentale/fisico) coi quali la fenomenologia ha già fatto i conti da tempo. Rispetto alle posizione teoriche, pur molto differenziate, dei protagonisti della "svolta iconica", alla fenomenologia husserliana va invece riconosciuto il merito di aver avviato una riflessione sulla "coscienza d'immagine" che ha permesso una prima individuazione dello statuto ontologico dell'immagine stessa, non come semplice irrealtà ma come un mondo governato da leggi proprie. Ad esempio, il debito che la teoria dell'immagine elaborata da Gadamer, figura di riferimento per Boehm, vanta nei confronti di Husserl non va minimizzato, pur in presenza di alcuni limiti teoreticistici che le fenomenologia husserliana evidenzia tanto più chiaramente rispetto alle tendenze attuali del dibattito sull'immagine.
Visibile, visuale, visivo. La fenomenologia dell'immagine e la mediologia.
MONALDI, MARCELLO
2011-01-01
Abstract
Negli ultimi due decenni la questione dell'immagine, del suo significato comunicativo e del suo statuto ontologico, è stata investita da due cosiddette "svolte" teoriche: la prima, ampiamente nota, va sotto il nome di "svolta iconica" e raccoglie tra i suoi sostenitori soprattutto storici dell'arte (Belting, Boehm, Bredekamp), più o meno interessati alla filosofia, il cui obiettivo comune sembra essere in prima istanza il riconoscimento della valenza antropologica dell'immagine come tale, artistica e non; la seconda svolta ha un carattere più specificate mediologico e, pur risalendo alle teorizzazioni di McLuhan, aspira a un rigore metodico che la mediologia corrente non ha ancora esibito a dovere. Rispetto a queste "svolte", il presente saggio cerca di ponderare il ruolo del modello husserliano di fenomenologia nell'ambito dei problemi connessi all'immagine, intesa sia come raffigurazione sia come correlato coscienziale dell'oggetto percettivo. In particolare, sono due i punti che la fenomenologia husserliana può opportunamente ricordare ai protagonisti delle "svolte" suddette: il primo è il superamento di una visione mentalista e fenomenista, basata sull'idea di immagine interna alla coscienza, in materia di fenomeni percettivi. Tutte le teorie mediologiche, dal costruttivismo alla cibernetica, che adottano il paradigma dell'"interfaccia" per qualificare il ruolo del nostro apparato sensoriale nell'interazione coi media, mostrano, ad esempio, un approccio sostanzialmente fenomenista e tendono a reintrodurre nel dibattito odierno dualismi (interno/esterno; mentale/fisico) coi quali la fenomenologia ha già fatto i conti da tempo. Rispetto alle posizione teoriche, pur molto differenziate, dei protagonisti della "svolta iconica", alla fenomenologia husserliana va invece riconosciuto il merito di aver avviato una riflessione sulla "coscienza d'immagine" che ha permesso una prima individuazione dello statuto ontologico dell'immagine stessa, non come semplice irrealtà ma come un mondo governato da leggi proprie. Ad esempio, il debito che la teoria dell'immagine elaborata da Gadamer, figura di riferimento per Boehm, vanta nei confronti di Husserl non va minimizzato, pur in presenza di alcuni limiti teoreticistici che le fenomenologia husserliana evidenzia tanto più chiaramente rispetto alle tendenze attuali del dibattito sull'immagine.Pubblicazioni consigliate
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