Alla frontiera dell’Adriatico orientale, il monitoraggio delle autorità italiane sulle attività di quello che le fonti prevalentemente chiamano «avversario», ma considerano e trattano inequivocabilmente come nemico, appare pressoché costante per tutto il periodo in cui risulterà in funzione l’Ufficio zone di confine . Nella categoria rientrano naturalmente tutte le forze che agli occhi di Roma si configurano come anti-italiane: ovvero, nell’auspicata ipotesi di un futuro reintegro almeno parziale di territorio conteso entro i confini nazionali, quelle forze che un domani potrebbero operare contro lo Stato. Fino alla spaccatura del fronte comunista nel 1948 , le preoccupazioni dei funzionari dell’Uzc sono dominate da una minaccia che viene percepita come etnica e ideologica insieme, e che trova sintesi in una categoria che ha avuto largo corso nel nazionalismo italiano e attraversa in profondità anche lo sguardo dell’Ufficio: vale a dire la categoria del cosiddetto slavo-comunismo . Dopo la rottura dei rapporti tra l’Urss e la Iugoslavia, da questo punto di vista e in certa misura il quadro si arricchirà di sfumature non irrilevanti. Ma il fronte degli avversari ideologici è ulteriormente ingrossato dalla presenza del movimento indipendentista, una presenza che si rivelerà molto dinamica e di notevole appeal agli occhi dell’elettorato triestino almeno fino alla metà degli anni Cinquanta . Su questo versante le carte che si possono esaminare nell’archivio dell’Uzc forniscono da un lato conferme a quanto già generalmente noto, dall’altro aggiungono alle nostre conoscenze del fenomeno alcuni elementi di grande novità e rilievo. L’obiettivo di questo lavoro è offrire uno spaccato dell’ottica interpretativa con cui l’Uzc classificava e controllava i suoi nemici, in un arco cronologico che dall’immediato dopoguerra si spinge appena oltre il Memorandum di Londra del 1954. Il saggio si attiene a un registro in parte di storia politica e in parte di storia culturale, sulla scia di una metodologia di studio ampiamente collaudata nella storiografia tanto italiana quanto internazionale.
Il «nemico» visto da Roma. Sloveni, comunisti e indipendentisti nello sguardo dell'Ufficio per le zone di confine
KARLSEN, PATRICK
2015-01-01
Abstract
Alla frontiera dell’Adriatico orientale, il monitoraggio delle autorità italiane sulle attività di quello che le fonti prevalentemente chiamano «avversario», ma considerano e trattano inequivocabilmente come nemico, appare pressoché costante per tutto il periodo in cui risulterà in funzione l’Ufficio zone di confine . Nella categoria rientrano naturalmente tutte le forze che agli occhi di Roma si configurano come anti-italiane: ovvero, nell’auspicata ipotesi di un futuro reintegro almeno parziale di territorio conteso entro i confini nazionali, quelle forze che un domani potrebbero operare contro lo Stato. Fino alla spaccatura del fronte comunista nel 1948 , le preoccupazioni dei funzionari dell’Uzc sono dominate da una minaccia che viene percepita come etnica e ideologica insieme, e che trova sintesi in una categoria che ha avuto largo corso nel nazionalismo italiano e attraversa in profondità anche lo sguardo dell’Ufficio: vale a dire la categoria del cosiddetto slavo-comunismo . Dopo la rottura dei rapporti tra l’Urss e la Iugoslavia, da questo punto di vista e in certa misura il quadro si arricchirà di sfumature non irrilevanti. Ma il fronte degli avversari ideologici è ulteriormente ingrossato dalla presenza del movimento indipendentista, una presenza che si rivelerà molto dinamica e di notevole appeal agli occhi dell’elettorato triestino almeno fino alla metà degli anni Cinquanta . Su questo versante le carte che si possono esaminare nell’archivio dell’Uzc forniscono da un lato conferme a quanto già generalmente noto, dall’altro aggiungono alle nostre conoscenze del fenomeno alcuni elementi di grande novità e rilievo. L’obiettivo di questo lavoro è offrire uno spaccato dell’ottica interpretativa con cui l’Uzc classificava e controllava i suoi nemici, in un arco cronologico che dall’immediato dopoguerra si spinge appena oltre il Memorandum di Londra del 1954. Il saggio si attiene a un registro in parte di storia politica e in parte di storia culturale, sulla scia di una metodologia di studio ampiamente collaudata nella storiografia tanto italiana quanto internazionale.File | Dimensione | Formato | |
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