La neutralità nei conflitti armati internazionali, intesa come un complesso di diritti e doveri discendenti dalla non partecipazione alle operazioni militari e dalla imparziale non assistenza alle parti belligeranti, ha subito una radicale trasformazione nell’epoca successiva al secondo conflitto mondiale, a seguito dell’affermarsi del divieto generale del ricorso alla forza armata nelle relazioni internazionali e dell’emergere di un complesso di norme imperative del diritto internazionale generale, da cui discendono obblighi erga omnes a tutela di interessi propri della Comunità internazionale nel suo complesso. Il divieto di ricorso alla forza, contenuto nella Carta delle Nazioni Unite, attribuisce al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la competenza primaria per la garanzia della pace e della sicurezza internazionali e il potere di ricorrere, in base al Capitolo VII della Carta, a misure che ne comportino l’impiego. Ne consegue che gli Stati non sono più interamente liberi di assumere condotte neutrali, dovendo ottemperare alle decisioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza in risposta ad atti di aggressione. Anche prima dell’assunzione di tali misure da parte del Consiglio di Sicurezza, è lecita, anche se non obbligatoria, la condotta degli Stati che sostengono l’aggredito nell’esercizio della legittima difesa collettiva, mentre è illecito ogni sostegno offerto all’aggressore. Nei confronti di questo, tutti gli Stati sono tenuti a cooperare per ottenere la cessazione della condotta illecita e il non riconoscimento di effetti giuridici validi da essa discendenti, ma, in assenza di delibere vincolanti del Consiglio di Sicurezza, restano liberi quanto alla scelta di mezzi leciti per attuare lo scopo. Un’ampia libertà di apprezzamento dei mezzi utili per far fronte a minacce o rottura della pace e della sicurezza internazionali è lasciata dalla recente prassi avviata dal Consiglio di Sicurezza, per cui non si assumono provvedimenti ma si autorizzano gli Stati ad adottare le misure ritenute necessarie, compreso il ricorso alla forza. Ugualmente gli Stati non partecipanti all’azione resteranno liberi di valutarne la appropriatezza e tenere al riguardo condotte differenziate. Resta assai incerta la pretesa liceità di ricorso alla forza, in assenza di delibere del Consiglio di Sicurezza, per reagire a violazioni gravi di obblighi erga omnes, diversa dall’aggressione che consente la legittima difesa, quali quante comportanti lesioni generalizzate dei diritti fondamentali. In tali ipotesi, la libertà di valutazione della correttezza dell’impiego della forza resta impregiudicata, pur valendo l’obbligo di cooperare con altri mezzi leciti per la cessazione della violazione. Non si reputano inoltre contrarie allo stato di neutralità le misure, pure oggetto di prassi recente del Consiglio di Sicurezza o di altre Organizzazioni internazionali, quali l’Unione europea, intese a colpire gli interessi di singoli individui ritenuti coinvolti in azioni che costituiscono una minaccia per la pace. Tuttavia, sia quando vengano assunte misure avverso gli Stati, che avverso gli individui, vale l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali della persona umana e, in caso di ricorso alla forza armata, le regole del diritto umanitario. Nei conflitti armati non internazionali, il tradizionale principio di non intervento negli affari interni di uno Stato esclude il sostegno alle forze degli insorti, ma è incerto se possa essere data assistenza, anche militare, al governo, a richiesta dello stesso. Sono lecite le pratiche imparziali di assistenza alle popolazioni civili coinvolte. Non rientrano nella categoria dei conflitti armati non internazionali le guerre di liberazione, con cui si esercita il diritto all’autodeterminazione di popoli soggetti a dominio coloniale o straniero o a discriminazione razziale. Il ricorso alla forza, in tali circostanze, è equiparato a legittima difesa, divenendo lecito il sostegno offerto al processo di autodeterminazione, mentre lo Stato che lo impedisce con la forza non gode, in tale circostanza, del diritto al rispetto della propria sovranità o integrità territoriale. ______________________________________________________________________________________ Neutrality, as non participation to an international armed conflict, received significant changes after the WWII, owing to two fundamental facts: the general prohibition of the use of force in international relations, affirmed by the UN Charter, and the emergence of some general imperative rules of international law, providing for erga omnes obligations to respect interests of the International Community as a whole. As a consequence, neutrality is no more the object of a free choice of the States, when an international armed conflict arises, but the States are obliged to ottemperate to the decisions adopted by the Security Council of the United Nations in order to mantain or restore peace and security. Pending the adoption of such measures, States can follow a different conduct in case of aggression, not assisting the aggressor and providing help, both military or other, to the offenced State. In a more recent practice, introduced in the ‘90s, the Security Council, in presence of threats or breaches of peace and security, authorizes the States to adopt the measuresthat they deem appropriate, also comprehending the use of force,. Such practice is of uncertain legality. As to the responsibility, and to the limits of necessity and proportionality, the States not taking part to the armed action are free to evaluate the proper use of force and differentiate their conduct. There is no consent about the legality of the use of force, unless authorized by the United Nations Security Council, in order to react to a serious breach of erga omnes obligations, in cases different from the response to an act of aggression, for instance to avoid massive violations of human rights. In such cases,States are obliged to cooperate for the cessation of the violation with legal means and not recognizing legal effects of the illegal conduct, but are free not to participate to the use of force, and contest its justification. Another more recent practice consists in the adoption of sanctions not against a State, but directed towards individual persons who contribute to starting a threat to peace. These measures are not in contrast with the neutrality in international relations, but in some cases they may be brought before Courts under the claim of violation of fundamental human rights. The use of force against a State, also when legitimate by a decision or authorization of the Security Council, must be respectful of the rules of humanitarian law and of the general rules for the protection of fundamental rights.

Neutralità e non intervento nel diritto internazionale attuale.

TONOLO, SARA
2017-01-01

Abstract

La neutralità nei conflitti armati internazionali, intesa come un complesso di diritti e doveri discendenti dalla non partecipazione alle operazioni militari e dalla imparziale non assistenza alle parti belligeranti, ha subito una radicale trasformazione nell’epoca successiva al secondo conflitto mondiale, a seguito dell’affermarsi del divieto generale del ricorso alla forza armata nelle relazioni internazionali e dell’emergere di un complesso di norme imperative del diritto internazionale generale, da cui discendono obblighi erga omnes a tutela di interessi propri della Comunità internazionale nel suo complesso. Il divieto di ricorso alla forza, contenuto nella Carta delle Nazioni Unite, attribuisce al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la competenza primaria per la garanzia della pace e della sicurezza internazionali e il potere di ricorrere, in base al Capitolo VII della Carta, a misure che ne comportino l’impiego. Ne consegue che gli Stati non sono più interamente liberi di assumere condotte neutrali, dovendo ottemperare alle decisioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza in risposta ad atti di aggressione. Anche prima dell’assunzione di tali misure da parte del Consiglio di Sicurezza, è lecita, anche se non obbligatoria, la condotta degli Stati che sostengono l’aggredito nell’esercizio della legittima difesa collettiva, mentre è illecito ogni sostegno offerto all’aggressore. Nei confronti di questo, tutti gli Stati sono tenuti a cooperare per ottenere la cessazione della condotta illecita e il non riconoscimento di effetti giuridici validi da essa discendenti, ma, in assenza di delibere vincolanti del Consiglio di Sicurezza, restano liberi quanto alla scelta di mezzi leciti per attuare lo scopo. Un’ampia libertà di apprezzamento dei mezzi utili per far fronte a minacce o rottura della pace e della sicurezza internazionali è lasciata dalla recente prassi avviata dal Consiglio di Sicurezza, per cui non si assumono provvedimenti ma si autorizzano gli Stati ad adottare le misure ritenute necessarie, compreso il ricorso alla forza. Ugualmente gli Stati non partecipanti all’azione resteranno liberi di valutarne la appropriatezza e tenere al riguardo condotte differenziate. Resta assai incerta la pretesa liceità di ricorso alla forza, in assenza di delibere del Consiglio di Sicurezza, per reagire a violazioni gravi di obblighi erga omnes, diversa dall’aggressione che consente la legittima difesa, quali quante comportanti lesioni generalizzate dei diritti fondamentali. In tali ipotesi, la libertà di valutazione della correttezza dell’impiego della forza resta impregiudicata, pur valendo l’obbligo di cooperare con altri mezzi leciti per la cessazione della violazione. Non si reputano inoltre contrarie allo stato di neutralità le misure, pure oggetto di prassi recente del Consiglio di Sicurezza o di altre Organizzazioni internazionali, quali l’Unione europea, intese a colpire gli interessi di singoli individui ritenuti coinvolti in azioni che costituiscono una minaccia per la pace. Tuttavia, sia quando vengano assunte misure avverso gli Stati, che avverso gli individui, vale l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali della persona umana e, in caso di ricorso alla forza armata, le regole del diritto umanitario. Nei conflitti armati non internazionali, il tradizionale principio di non intervento negli affari interni di uno Stato esclude il sostegno alle forze degli insorti, ma è incerto se possa essere data assistenza, anche militare, al governo, a richiesta dello stesso. Sono lecite le pratiche imparziali di assistenza alle popolazioni civili coinvolte. Non rientrano nella categoria dei conflitti armati non internazionali le guerre di liberazione, con cui si esercita il diritto all’autodeterminazione di popoli soggetti a dominio coloniale o straniero o a discriminazione razziale. Il ricorso alla forza, in tali circostanze, è equiparato a legittima difesa, divenendo lecito il sostegno offerto al processo di autodeterminazione, mentre lo Stato che lo impedisce con la forza non gode, in tale circostanza, del diritto al rispetto della propria sovranità o integrità territoriale. ______________________________________________________________________________________ Neutrality, as non participation to an international armed conflict, received significant changes after the WWII, owing to two fundamental facts: the general prohibition of the use of force in international relations, affirmed by the UN Charter, and the emergence of some general imperative rules of international law, providing for erga omnes obligations to respect interests of the International Community as a whole. As a consequence, neutrality is no more the object of a free choice of the States, when an international armed conflict arises, but the States are obliged to ottemperate to the decisions adopted by the Security Council of the United Nations in order to mantain or restore peace and security. Pending the adoption of such measures, States can follow a different conduct in case of aggression, not assisting the aggressor and providing help, both military or other, to the offenced State. In a more recent practice, introduced in the ‘90s, the Security Council, in presence of threats or breaches of peace and security, authorizes the States to adopt the measuresthat they deem appropriate, also comprehending the use of force,. Such practice is of uncertain legality. As to the responsibility, and to the limits of necessity and proportionality, the States not taking part to the armed action are free to evaluate the proper use of force and differentiate their conduct. There is no consent about the legality of the use of force, unless authorized by the United Nations Security Council, in order to react to a serious breach of erga omnes obligations, in cases different from the response to an act of aggression, for instance to avoid massive violations of human rights. In such cases,States are obliged to cooperate for the cessation of the violation with legal means and not recognizing legal effects of the illegal conduct, but are free not to participate to the use of force, and contest its justification. Another more recent practice consists in the adoption of sanctions not against a State, but directed towards individual persons who contribute to starting a threat to peace. These measures are not in contrast with the neutrality in international relations, but in some cases they may be brought before Courts under the claim of violation of fundamental human rights. The use of force against a State, also when legitimate by a decision or authorization of the Security Council, must be respectful of the rules of humanitarian law and of the general rules for the protection of fundamental rights.
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