Il contributo ragiona della libertà di religione nella prospettiva di un peculiare mezzo necessario a garantirne la professione, ovvero la disponibilità di un luogo di culto, sia essa intesa quale profilo interno della libertà costituzionalmente garantita o, piuttosto, alla stregua di un vero e proprio diritto, pur originato dalle medesime norme di riconoscimento, a partire dall’art. 19 Cost. La dinamica dei luoghi di culto interferisce con il riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni, venendo in considerazione, quale materia di riferimento per la disciplina degli spazi religiosi, il “governo del territorio”, con conseguente compresenza di una legislazione nazionale e di una regolamentazione regionale che, pur su una base uniforme, ha talora allargato le nozioni statali (“attrezzature di interesse comune religiose”), adattandole a confessioni di recente radicamento sul territorio italiano, come l’Islam. Accanto al fenomeno definitorio si pone il problema della concreta ripartizione dello spazio a fini di culto, che coinvolge di necessità l’impiego dei vari piani urbanistici previsti dal nostro ordinamento: problema collegato all’ampia discrezionalità che connota tali strumenti, o, per meglio dire, quelli di portata generale. Da qui la considerazione delle relative modalità formative, per individuare le soluzioni che le Regioni hanno eventualmente introdotto per consentire la rappresentazione del bisogno religioso nella fase di formazione del piano, guardando al segmento procedurale in cui si colloca l’ingresso della domanda e ai conseguenti oneri di motivazione dell’Amministrazione, nonché alla soluzione di prevedere uno strumento comunale destinato in modo specifico alla collocazione delle strutture per il culto. Merita infine attenzione l’ulteriore profilo della legittimazione ad interloquire con la pubblica amministrazione in sede di pianificazione, ovvero della legittimità dei criteri che le leggi regionali hanno talora indicato a tal fine: dalla necessaria presenza di un’intesa, alla presenza “organizzata e diffusa” della comunità interessata sul territorio (e su quale porzione di esso), coi conseguenti aspetti di ineguaglianza che spesso vi sono connessi e che la stessa Corte costituzionale non ha mancato di sanzionare.

Libertà religiosa, luoghi di culto e governo del territorio

DAVIDE MONEGO
2017-01-01

Abstract

Il contributo ragiona della libertà di religione nella prospettiva di un peculiare mezzo necessario a garantirne la professione, ovvero la disponibilità di un luogo di culto, sia essa intesa quale profilo interno della libertà costituzionalmente garantita o, piuttosto, alla stregua di un vero e proprio diritto, pur originato dalle medesime norme di riconoscimento, a partire dall’art. 19 Cost. La dinamica dei luoghi di culto interferisce con il riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni, venendo in considerazione, quale materia di riferimento per la disciplina degli spazi religiosi, il “governo del territorio”, con conseguente compresenza di una legislazione nazionale e di una regolamentazione regionale che, pur su una base uniforme, ha talora allargato le nozioni statali (“attrezzature di interesse comune religiose”), adattandole a confessioni di recente radicamento sul territorio italiano, come l’Islam. Accanto al fenomeno definitorio si pone il problema della concreta ripartizione dello spazio a fini di culto, che coinvolge di necessità l’impiego dei vari piani urbanistici previsti dal nostro ordinamento: problema collegato all’ampia discrezionalità che connota tali strumenti, o, per meglio dire, quelli di portata generale. Da qui la considerazione delle relative modalità formative, per individuare le soluzioni che le Regioni hanno eventualmente introdotto per consentire la rappresentazione del bisogno religioso nella fase di formazione del piano, guardando al segmento procedurale in cui si colloca l’ingresso della domanda e ai conseguenti oneri di motivazione dell’Amministrazione, nonché alla soluzione di prevedere uno strumento comunale destinato in modo specifico alla collocazione delle strutture per il culto. Merita infine attenzione l’ulteriore profilo della legittimazione ad interloquire con la pubblica amministrazione in sede di pianificazione, ovvero della legittimità dei criteri che le leggi regionali hanno talora indicato a tal fine: dalla necessaria presenza di un’intesa, alla presenza “organizzata e diffusa” della comunità interessata sul territorio (e su quale porzione di esso), coi conseguenti aspetti di ineguaglianza che spesso vi sono connessi e che la stessa Corte costituzionale non ha mancato di sanzionare.
2017
9788891759726
9788891757456
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