Il saggio prende in esame la giurisdizione che l'abate di Moggio esercitava su un vasto territorio dopo che l'Abbazia aveva ricevuto l’investitura del mero e misto imperio da parte del patriarca. Sono oggetto di approfondimento sia la giurisdizione antecedente alla redazione statutaria, nella quale l’unico limite era dovuto alla mancata possibilità di eseguire sentenze capitali, sia quella successiva al 25 ottobre del 1337, quando l’abate emanò il primo dei due statuti dominicali. Dopo la redazione statutaria l’abate mosacense iniziò ad esercitare poteri di carattere pubblico, che sarebbero stati poi riconosciuti nel 1354 dal patriarca Nicolò di Lussemburgo. Il monastero esercitava la giurisdizione in prima istanza con l’ausilio di sei giudici e di un capitano nominato in rappresentanza dell’abate sulla base di quanto era scritto negli Statuti validi per tutti i territori della giurisdizione. Le sentenze emanate da questi tribunali, sia quelle civili sia quelle criminali, potevano essere messe in discussione dai condannati, che avrebbero potuto esercitare il diritto d’appello presso un altro tribunale, dove esercitava un altro giudice, definito nei documenti con il termine di governatore. I governatori dovevano quindi rappresentare l’Abbazia e avere le competenze necessarie per coprire tutte le esigenze amministrative della giurisdizione abbaziale. Durante il periodo veneziano le sentenze promulgate dai governatori sono da considerarsi definitive salvo l’ultimo appello al Luogotenente della Patria oppure al Provveditore Generale di Palma e alle altre magistrature veneziane. Dopo ave ricostruito il funzionamento dei placiti vengono sono analizzate le cause giudiziarie in cui si ritrovano come attori i monaci di Moggio sia quelle concernenti la giurisdizione abbaziale sia quelle avviate per difendere i possedimenti del monastero, che conobbe un peggioramento economico nel corso dei secoli in esame.

L’amministrazione della giustizia nei territori soggetti all’Abbazia di Moggio

Miriam Davide
2017-01-01

Abstract

Il saggio prende in esame la giurisdizione che l'abate di Moggio esercitava su un vasto territorio dopo che l'Abbazia aveva ricevuto l’investitura del mero e misto imperio da parte del patriarca. Sono oggetto di approfondimento sia la giurisdizione antecedente alla redazione statutaria, nella quale l’unico limite era dovuto alla mancata possibilità di eseguire sentenze capitali, sia quella successiva al 25 ottobre del 1337, quando l’abate emanò il primo dei due statuti dominicali. Dopo la redazione statutaria l’abate mosacense iniziò ad esercitare poteri di carattere pubblico, che sarebbero stati poi riconosciuti nel 1354 dal patriarca Nicolò di Lussemburgo. Il monastero esercitava la giurisdizione in prima istanza con l’ausilio di sei giudici e di un capitano nominato in rappresentanza dell’abate sulla base di quanto era scritto negli Statuti validi per tutti i territori della giurisdizione. Le sentenze emanate da questi tribunali, sia quelle civili sia quelle criminali, potevano essere messe in discussione dai condannati, che avrebbero potuto esercitare il diritto d’appello presso un altro tribunale, dove esercitava un altro giudice, definito nei documenti con il termine di governatore. I governatori dovevano quindi rappresentare l’Abbazia e avere le competenze necessarie per coprire tutte le esigenze amministrative della giurisdizione abbaziale. Durante il periodo veneziano le sentenze promulgate dai governatori sono da considerarsi definitive salvo l’ultimo appello al Luogotenente della Patria oppure al Provveditore Generale di Palma e alle altre magistrature veneziane. Dopo ave ricostruito il funzionamento dei placiti vengono sono analizzate le cause giudiziarie in cui si ritrovano come attori i monaci di Moggio sia quelle concernenti la giurisdizione abbaziale sia quelle avviate per difendere i possedimenti del monastero, che conobbe un peggioramento economico nel corso dei secoli in esame.
2017
9788876362491
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