A più di sessant’anni dalla pubblicazione del celebre Rapporto Munir, ovvero della relazione della commissione di inchiesta sugli incidenti del 1953, la questione dell’identità e dello status degli Ahmadī – o Qādiyānī – è ancora molto controversa in Pakistan e nel resto dell’Asia meridionale. Può persino affermarsi che la questione sia una delle più longeve nella storia del subcontinente indiano, essendo stata fonte di dibattito dalla fine del XIX secolo sino a oggi. Ciò tuttavia non implica che la questione sia rimasta immutata nel tempo. Se il fondamento religioso del conflitto è ovviamente il medesimo, il significato che a esso è stato attribuito dagli attori politici ha vissuto notevoli cambiamenti. Emersa originariamente nell’ambito del dibattito ottocentesco sulla figura del Profeta, in un contesto dominato dall’espansione europea e dal declino della cultura islamica in India, dopo la Spartizione la questione ha assunto un significato di natura più politica che religiosa, divenendo parte del conflitto per l’autorità nel nascente “Stato islamico”. In seguito, negli anni ’70 e ’80 ottanta del Novecento, la controversia ha acquisito ancora nuovi significati dinanzi al processo di islamizzazione normativa portato avanti dai regimi di Z. A. Bhutto e Ziā-ul-Haq. Dunque la controversia sugli Ahmadīya ha storicamente evidenziato una duplice natura: di conflitto per l’autorità religiosa e di lotta politica. Esiste tuttavia un trait d’union tra queste due dimensioni, costituito dal ruolo e dall’autorità degli ‘ulamā’ nella società musulmana. Al di là degli aspetti “eterodossi” della loro teologia, la predicazione degli Ahmadīya ha avuto la caratteristica fondamentale di mettere in discussione la leadership dei dotti. Questo elemento, soprattutto in particolari momenti di crisi della società musulmana indiana e di tentativi di ricostruzione del consenso, ha dato vita a forti momenti di rottura, sia in epoca coloniale che dopo l’indipendenza. In questo senso, il tema appare essere un simbolo di straordinaria rilevanza delle contraddizioni e delle ambiguità del processo di state-building del Pakistan.

La controversia anti-Ahmadīyya e il conflitto per l’autorità nel Pakistan contemporaneo

Diego Abenante
2018-01-01

Abstract

A più di sessant’anni dalla pubblicazione del celebre Rapporto Munir, ovvero della relazione della commissione di inchiesta sugli incidenti del 1953, la questione dell’identità e dello status degli Ahmadī – o Qādiyānī – è ancora molto controversa in Pakistan e nel resto dell’Asia meridionale. Può persino affermarsi che la questione sia una delle più longeve nella storia del subcontinente indiano, essendo stata fonte di dibattito dalla fine del XIX secolo sino a oggi. Ciò tuttavia non implica che la questione sia rimasta immutata nel tempo. Se il fondamento religioso del conflitto è ovviamente il medesimo, il significato che a esso è stato attribuito dagli attori politici ha vissuto notevoli cambiamenti. Emersa originariamente nell’ambito del dibattito ottocentesco sulla figura del Profeta, in un contesto dominato dall’espansione europea e dal declino della cultura islamica in India, dopo la Spartizione la questione ha assunto un significato di natura più politica che religiosa, divenendo parte del conflitto per l’autorità nel nascente “Stato islamico”. In seguito, negli anni ’70 e ’80 ottanta del Novecento, la controversia ha acquisito ancora nuovi significati dinanzi al processo di islamizzazione normativa portato avanti dai regimi di Z. A. Bhutto e Ziā-ul-Haq. Dunque la controversia sugli Ahmadīya ha storicamente evidenziato una duplice natura: di conflitto per l’autorità religiosa e di lotta politica. Esiste tuttavia un trait d’union tra queste due dimensioni, costituito dal ruolo e dall’autorità degli ‘ulamā’ nella società musulmana. Al di là degli aspetti “eterodossi” della loro teologia, la predicazione degli Ahmadīya ha avuto la caratteristica fondamentale di mettere in discussione la leadership dei dotti. Questo elemento, soprattutto in particolari momenti di crisi della società musulmana indiana e di tentativi di ricostruzione del consenso, ha dato vita a forti momenti di rottura, sia in epoca coloniale che dopo l’indipendenza. In questo senso, il tema appare essere un simbolo di straordinaria rilevanza delle contraddizioni e delle ambiguità del processo di state-building del Pakistan.
2018
978-88-16-41471-6
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