La tradizione orale come campo di ricerca utile allo studio della storia, della lingua e della cultura dei cacciatori raccoglitori. Un caso di studio africano

Quella dei diversi gruppi di cacciatori-raccoglitori costituisce ad oggi una delle pagine di storia meno conosciute in assoluto. Se infatti la ricostruzione storica è questione delicata in sé, lo diventa ancora di più quando gli esperti non possono appoggiarsi a (quasi) nulla che sia considerato materiale documentario credibile, come cronache e diari custoditi negli archivi delle amministrazioni, dei regni e dei governi che si sono succeduti su un determinato territorio, o ancora come reperti archeologici o etnografici di passati lontani o vicini, che siano in grado di testimoniare l’evoluzione tecnologica autoctona o importata per contatto e contaminazione culturale, o per un fatto dovuto semplicemente all’ecologia del sistema di scambi di mercato. Dato il loro contesto ecologico – la foresta –, le loro tecnologie povere e la deperibilità dei materiali da essi utilizzati; dati i loro circuiti ristretti di scambio con le popolazioni circostanti, delle quali il più delle volte rappresentavano comunità parassite, e dato l’atteggiamento di sospettosa noncuranza nei loro confronti da parte dei grandi regni autoctoni prima, degli amministratori coloniali poi e infine dei governi degli stati nati a seguito delle indipendenze, si può comprendere come il caso dei cacciatori-raccoglitori dell’Africa centro-orientale, possa ancora oggi rappresentare di fatto una terra semi-incognita. In casi come questo, lo studio della tradizione orale, sia essa in forma di storie riguardanti il popolamento della regione, sia essa in forma di racconti con finalità educative e ricreative, può aiutare a dare almeno qualche indizio riguardo alla prospettiva da assumere nel caso in cui si voglia tentare una ricostruzione storica e culturale quanto più dettagliata possibile. Il caso di studio si concentra sugli Ogiek della comunità di Mariashoni in Kenya.