Il servizio sociale italiano, negli anni cinquanta a sessanta del secolo scorso, ha subito il forte influsso tecnico-culturale del social work statunitense favorendo l'avvio di percorsi innovativi nella fase di ricostruzione post-bellica in Italia. In quella fase storica, il crescete investimento economico, politico e scientifico per lo sviluppo del Paese ha consentito anche al servizio sociale di avviare progetti di servizio sociale di comunità e di sperimentare nuove metodologie di intervento. Autodeterminazione, partecipazione e autogestione "dal basso" delle risposte comunitarie ai bisogni emergenti, sono stati valori guida nel lavoro di molti assistenti sociali. La funzione professionale veniva impegnata nel farsi recettori delle istanze emergenti dalla popolazione e nell'implicare le istituzioni pubbliche a recepirne le proposte. Tale propulsione innovativa è poi andata calando, tra gli anni settanta e gli anni novanta, man mano che si andavano strutturando i servizi del welfare state. Servizi più calibrati sui bisogni individuali e sulle prestazioni erogate ai singoli cittadini che non sulla promozione delle comunità locali. La ricerca, i cui esiti vengono qui presentati, consente di rilevare quanto sia rimasto ad oggi del "community development", divenuto patrimonio teorico e metodologico del servizio sociale ma sottaciuto nelle pratiche quotidiane dei servizi. Attraverso interviste in profondità a testimoni privilegiati del servizio sociale degli anni '50-'60 e interviste semi strutturate a un campione ragionato di assistenti sociali degli anni 2000, si coglie la persistenza del servizio sociale di comunità, nonostante ne siano mutate le forme, in relazione a un contesto socio-culturale, economico e istituzionale profondamente mutato. La contestualizzazione dell'intervento, l'implicazione dei soggetti portatori di bisogni, la funzione di catalizzatore di incontro e progettazione condivisa rimangono caratteristiche dell'operare di molti assistenti sociali, pur mancando, per converso, un adeguato indirizzo politico e istituzionale che ne sorregga l'impegno.

Community work, tracce dei geni del servizio sociale italiano

Gui Luigi
2018-01-01

Abstract

Il servizio sociale italiano, negli anni cinquanta a sessanta del secolo scorso, ha subito il forte influsso tecnico-culturale del social work statunitense favorendo l'avvio di percorsi innovativi nella fase di ricostruzione post-bellica in Italia. In quella fase storica, il crescete investimento economico, politico e scientifico per lo sviluppo del Paese ha consentito anche al servizio sociale di avviare progetti di servizio sociale di comunità e di sperimentare nuove metodologie di intervento. Autodeterminazione, partecipazione e autogestione "dal basso" delle risposte comunitarie ai bisogni emergenti, sono stati valori guida nel lavoro di molti assistenti sociali. La funzione professionale veniva impegnata nel farsi recettori delle istanze emergenti dalla popolazione e nell'implicare le istituzioni pubbliche a recepirne le proposte. Tale propulsione innovativa è poi andata calando, tra gli anni settanta e gli anni novanta, man mano che si andavano strutturando i servizi del welfare state. Servizi più calibrati sui bisogni individuali e sulle prestazioni erogate ai singoli cittadini che non sulla promozione delle comunità locali. La ricerca, i cui esiti vengono qui presentati, consente di rilevare quanto sia rimasto ad oggi del "community development", divenuto patrimonio teorico e metodologico del servizio sociale ma sottaciuto nelle pratiche quotidiane dei servizi. Attraverso interviste in profondità a testimoni privilegiati del servizio sociale degli anni '50-'60 e interviste semi strutturate a un campione ragionato di assistenti sociali degli anni 2000, si coglie la persistenza del servizio sociale di comunità, nonostante ne siano mutate le forme, in relazione a un contesto socio-culturale, economico e istituzionale profondamente mutato. La contestualizzazione dell'intervento, l'implicazione dei soggetti portatori di bisogni, la funzione di catalizzatore di incontro e progettazione condivisa rimangono caratteristiche dell'operare di molti assistenti sociali, pur mancando, per converso, un adeguato indirizzo politico e istituzionale che ne sorregga l'impegno.
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