L’esistenza umana, fino alla seconda metà del XV secolo e oltre è dominata dalla presenza incombente della morte. La fine dei tempi prende l’aspetto delle pestilenze e delle guerre, ma negli ultimi anni del secolo, questa grande inquietudine si trasforma, e la derisione della follia prende il posto della morte e della sua serietà. La follia è l’anticipo della morte, precisa Foucault, ma è anche la sua presenza sconfitta, poiché annunziando in questi indizi quotidiani che essa regna già, quegli stessi indizi indicano che la sua preda sarà un magro bottino. Infatti, «la testa che sarà cranio è già vuota¬». D'altronde, quel che troviamo nel riso del folle, è che egli ride in anticipo del riso della morte; ma questa relazione tra la morte e la follia, sotto forme diverse, la si ritroverà anche in seguito, e perfino i luoghi destinati a ospitarle avranno una relazione che a un tempo le accomuna e le contrappone. Quando alle soglie dell’Ottocento, si prese a pensare che l’anima potesse ammalarsi, tanto da far sorgere l’esigenza dei medici dell’anima, nasce la psichiatria e con essa appunto la medicalizzazione (iatria) dell’anima. Siamo in un’epoca di cambiamento generale che, naturalmente, non investe solo il modo di rapportarsi alla malattia mentale e ai luoghi ad essa deputati ma, anche in Italia, nella seconda metà dell’Ottocento, insieme alle radicali trasformazioni urbanistiche che daranno un nuovo assetto ai principali centri del Paese, nasce e si sviluppa la “città dei morti”. Tuttavia, la “città dei morti” e la “città dei folli”, pur essendo entrambe riconducibili al concetto di “città chiusa”, rappresentano due realtà oggettivamente distinte, che non sono paragonabili tra loro se non in termini strettamente filosofici: la morte fisica e quella sociale.

Eterotopie

Gianfranco Guaragna
2019-01-01

Abstract

L’esistenza umana, fino alla seconda metà del XV secolo e oltre è dominata dalla presenza incombente della morte. La fine dei tempi prende l’aspetto delle pestilenze e delle guerre, ma negli ultimi anni del secolo, questa grande inquietudine si trasforma, e la derisione della follia prende il posto della morte e della sua serietà. La follia è l’anticipo della morte, precisa Foucault, ma è anche la sua presenza sconfitta, poiché annunziando in questi indizi quotidiani che essa regna già, quegli stessi indizi indicano che la sua preda sarà un magro bottino. Infatti, «la testa che sarà cranio è già vuota¬». D'altronde, quel che troviamo nel riso del folle, è che egli ride in anticipo del riso della morte; ma questa relazione tra la morte e la follia, sotto forme diverse, la si ritroverà anche in seguito, e perfino i luoghi destinati a ospitarle avranno una relazione che a un tempo le accomuna e le contrappone. Quando alle soglie dell’Ottocento, si prese a pensare che l’anima potesse ammalarsi, tanto da far sorgere l’esigenza dei medici dell’anima, nasce la psichiatria e con essa appunto la medicalizzazione (iatria) dell’anima. Siamo in un’epoca di cambiamento generale che, naturalmente, non investe solo il modo di rapportarsi alla malattia mentale e ai luoghi ad essa deputati ma, anche in Italia, nella seconda metà dell’Ottocento, insieme alle radicali trasformazioni urbanistiche che daranno un nuovo assetto ai principali centri del Paese, nasce e si sviluppa la “città dei morti”. Tuttavia, la “città dei morti” e la “città dei folli”, pur essendo entrambe riconducibili al concetto di “città chiusa”, rappresentano due realtà oggettivamente distinte, che non sono paragonabili tra loro se non in termini strettamente filosofici: la morte fisica e quella sociale.
2019
978-88-6242-397-7
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