Tra l'estate e l'autunno del 1941, a nord dell'abitato di Gonars, venne iniziata la costruzione di un campo di concentramento, inizialmente destinato a prigionieri russi. Per diversi mesi, dall'ottobre del 1941 al febbraio dell'anno successivo, il Campo fu "abitato" solamente dal contingente militare, composto da circa 400 uomini e una quarantina di ufficiali. I primi prigionieri russi giunsero a Gonars nell'inverno del '42. Tre uomini in tutto: un ufficiale e due soldati. La destinazione d'uso del Campo cambiò ben presto e, a questi tre poveri diavoli si aggiunsero altri internati: quest'ultimi erano ufficiali dell'ex esercito jugoslavo, "internati a scopo precauzionale per poter meglio consolidare l'occupazione italiana della Slovenia". A questi si aggiunsero in seguito altri sei-settecento "nuovi ospiti", considerati prigionieri "politici pericolosi", fino a contenere oltre 6000 internati. Tali prigionieri provenivano dalla cosiddetta "Provincia italiana di Lubiana", circoscrizione amministrativa istituita a seguito dell'aggressione al Regno di Jugoslavia da parte degli eserciti italiano, tedesco e ungherese, avvenuta il 6 aprile 1941, e la sua successiva spartizione territoriale tra i vincitori. Le funzioni del campo di Gonars, così come quelle degli altri lager, non cessarono con la caduta del fascismo, ma si protrassero fino alla dichiarazione dell'Armistizio. Solo allora, con l'abbandono delle posizioni da parte delle truppe di guarnigione, gli internati riuscirono a lasciare quelle tristi mura di reticolato, dirigendosi nelle più svariate direzioni: chi a casa, chi nelle fila della Resistenza, e via dicendo. Dopo la liberazione dei prigionieri dai campi di internamento, in più occasioni la popolazione locale seppe loro venire incontro con aiuto e sostegno. Del campo oggi non resta quasi più nulla, se non qualche terrapieno, qualche piazzola o resto di fosse di latrine. Proprio per questo, nel 2009 l'Amministrazione comunale di Gonars ha fatto erigere lungo la Stradalta, sul sito dove sorgeva il Campo, alcune steli commemorative. Ma a ricordare questa vicenda contribuiscono in maniera molto eloquente le urne di 471 persone, custodite in un grande sacrario inaugurato nel 1973, meta di pellegrinaggio di molti cittadini e cittadine sloveni e croati che, assieme alle loro autorità governative, ogni anno a novembre giungono a rendere omaggio ai loro connazionali caduti.

Introduzione storica

Marco Sicuro
2018-01-01

Abstract

Tra l'estate e l'autunno del 1941, a nord dell'abitato di Gonars, venne iniziata la costruzione di un campo di concentramento, inizialmente destinato a prigionieri russi. Per diversi mesi, dall'ottobre del 1941 al febbraio dell'anno successivo, il Campo fu "abitato" solamente dal contingente militare, composto da circa 400 uomini e una quarantina di ufficiali. I primi prigionieri russi giunsero a Gonars nell'inverno del '42. Tre uomini in tutto: un ufficiale e due soldati. La destinazione d'uso del Campo cambiò ben presto e, a questi tre poveri diavoli si aggiunsero altri internati: quest'ultimi erano ufficiali dell'ex esercito jugoslavo, "internati a scopo precauzionale per poter meglio consolidare l'occupazione italiana della Slovenia". A questi si aggiunsero in seguito altri sei-settecento "nuovi ospiti", considerati prigionieri "politici pericolosi", fino a contenere oltre 6000 internati. Tali prigionieri provenivano dalla cosiddetta "Provincia italiana di Lubiana", circoscrizione amministrativa istituita a seguito dell'aggressione al Regno di Jugoslavia da parte degli eserciti italiano, tedesco e ungherese, avvenuta il 6 aprile 1941, e la sua successiva spartizione territoriale tra i vincitori. Le funzioni del campo di Gonars, così come quelle degli altri lager, non cessarono con la caduta del fascismo, ma si protrassero fino alla dichiarazione dell'Armistizio. Solo allora, con l'abbandono delle posizioni da parte delle truppe di guarnigione, gli internati riuscirono a lasciare quelle tristi mura di reticolato, dirigendosi nelle più svariate direzioni: chi a casa, chi nelle fila della Resistenza, e via dicendo. Dopo la liberazione dei prigionieri dai campi di internamento, in più occasioni la popolazione locale seppe loro venire incontro con aiuto e sostegno. Del campo oggi non resta quasi più nulla, se non qualche terrapieno, qualche piazzola o resto di fosse di latrine. Proprio per questo, nel 2009 l'Amministrazione comunale di Gonars ha fatto erigere lungo la Stradalta, sul sito dove sorgeva il Campo, alcune steli commemorative. Ma a ricordare questa vicenda contribuiscono in maniera molto eloquente le urne di 471 persone, custodite in un grande sacrario inaugurato nel 1973, meta di pellegrinaggio di molti cittadini e cittadine sloveni e croati che, assieme alle loro autorità governative, ogni anno a novembre giungono a rendere omaggio ai loro connazionali caduti.
2018
978-88-6329-090-5
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