«L’architettura moderna e la città contemporanea, anche in ragione della forte influenza che la cultura americana ha esercitato sui loro sviluppi, appaiono entrambe segnate dalla sindrome dell’Oregon Trail. Nel senso delle considerazioni svolte da un acuto maestro dell’architettura americana, Charles Moore, in un intervista dieci anni or sono (Controspazio n.1 del 1975): «In Nord America non esistono o sono rarissimi i luoghi come l’Acropoli e il Campidoglio. In America i luoghi veramente importanti molto spesso sono rappresentati da strade e da grandi vie di comunicazione come per esempio l’Oregon Trail (il famoso passaggio a nord-ovest che attraverso la catena delle Montagne Rocciose serviva ai pionieri per raggiungere le coste del Pacifico, evitando le zone desertiche centrali) piuttosto che da luoghi dove la gente abitualmente ha imparato ad incontrarsi: luoghi nel senso mediterraneo del termine, pensati e costruiti secondo la precisa intenzione di passarvi buona parte della giornata e che si sono identificati con lo svolgimento della vita pubblica». Se un carattere accomuna la svolta culturale dell’architettura e l’attenzione urbana della cultura a partire dagli anni settanta, variamente etichettate come storicismo, contestualismo, neo-razionalismo, post-modern, partecipazionismo, questo segno distintivo, questa temperie intellettuale è inequivocabilmente riconoscibile come nuova attenzione al luogo, alla qualità specifica dello spazio urbano e del quadro paesistico, significato della scena urbana e delle relazioni contestuali. Al piacere ed alla riscoperta del testo, che aveva determinato negli anni sessanta il recupero del fascino disciplinare e la ricerca impegnata sul fronte del linguaggio architettonico, si accompagnava ora la riscoperta ed il piacere del contesto. Quella sindrome veniva da lontano e nasceva da molteplici cause: da preoccupazioni igienico- sanitarie che avevano indotto a sfoltire le agglomerazioni e da opzioni metodologiche e sociali i fenomeni della vita associata: da scelte astratto-visuali che predicavano la rottura della continuità dei margini stradali e da pregiudizi ideologici che reclamavano l’inoppugnabile primato dell’aperto del grande del nuovo. [...] Forse è significativo che la cultura americana abbia espresso la sua più cogente interpretazione del luogo attraverso quegli interventi alla scala del paesaggio naturale operati dagli artisti della land art nel corso degli anni settanta, che riscoprono la dimensione geografica del luogo, vasto, aperto, geologico.»

NOT SEEN and/or LESS SEEN of ... E NON FU PIÙ SOLO UN PARCHEGGIO

Adriano Venudo
2020-01-01

Abstract

«L’architettura moderna e la città contemporanea, anche in ragione della forte influenza che la cultura americana ha esercitato sui loro sviluppi, appaiono entrambe segnate dalla sindrome dell’Oregon Trail. Nel senso delle considerazioni svolte da un acuto maestro dell’architettura americana, Charles Moore, in un intervista dieci anni or sono (Controspazio n.1 del 1975): «In Nord America non esistono o sono rarissimi i luoghi come l’Acropoli e il Campidoglio. In America i luoghi veramente importanti molto spesso sono rappresentati da strade e da grandi vie di comunicazione come per esempio l’Oregon Trail (il famoso passaggio a nord-ovest che attraverso la catena delle Montagne Rocciose serviva ai pionieri per raggiungere le coste del Pacifico, evitando le zone desertiche centrali) piuttosto che da luoghi dove la gente abitualmente ha imparato ad incontrarsi: luoghi nel senso mediterraneo del termine, pensati e costruiti secondo la precisa intenzione di passarvi buona parte della giornata e che si sono identificati con lo svolgimento della vita pubblica». Se un carattere accomuna la svolta culturale dell’architettura e l’attenzione urbana della cultura a partire dagli anni settanta, variamente etichettate come storicismo, contestualismo, neo-razionalismo, post-modern, partecipazionismo, questo segno distintivo, questa temperie intellettuale è inequivocabilmente riconoscibile come nuova attenzione al luogo, alla qualità specifica dello spazio urbano e del quadro paesistico, significato della scena urbana e delle relazioni contestuali. Al piacere ed alla riscoperta del testo, che aveva determinato negli anni sessanta il recupero del fascino disciplinare e la ricerca impegnata sul fronte del linguaggio architettonico, si accompagnava ora la riscoperta ed il piacere del contesto. Quella sindrome veniva da lontano e nasceva da molteplici cause: da preoccupazioni igienico- sanitarie che avevano indotto a sfoltire le agglomerazioni e da opzioni metodologiche e sociali i fenomeni della vita associata: da scelte astratto-visuali che predicavano la rottura della continuità dei margini stradali e da pregiudizi ideologici che reclamavano l’inoppugnabile primato dell’aperto del grande del nuovo. [...] Forse è significativo che la cultura americana abbia espresso la sua più cogente interpretazione del luogo attraverso quegli interventi alla scala del paesaggio naturale operati dagli artisti della land art nel corso degli anni settanta, che riscoprono la dimensione geografica del luogo, vasto, aperto, geologico.»
2020
978-88-5511-202-4
978-88-5511-203-1
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