L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha posto in evidenza la dimensione sociale della disabilità fin dagli anni ‘80, e, nel 2001, ne ha successivamente rivoluzionato l’approccio, guardando alla disabilità non come una lineare e logica conseguenza della menomazione, ma come il risultato di un’interazione tra lo stato di salute della persona e l’ambiente in cui vive. Nonostante quest’ultima visione della disabilità sia oggi universalmente condivisa, il pensiero e la pratica medica, l’organizzazione sanitaria ospedaliera e le successive strategie socio-assistenziali, faticano ancor’oggi a staccarsi da un sistema tradizionale, che mette maggiormente a fuoco la diagnosi, il trattamento e il generale “supporto” alle patologie croniche, trascurando la prospettiva orientata allo sviluppo e alla disabilità nella sua accezione compiuta. In sintonia con i principi emergenti in sanità, e cioè la centralità del paziente e della sua rete di cura, il termine disabilità vuole in definitiva evidenziare che il deficit e l’eventuale presenza di patologie associate non sono i soli elementi da prendere in considerazione nel trattamento. L’approccio di cura alle condizioni croniche deve diventare multi-prospettico: non solo biomedico, anche individuale, sociale, ambientale. Queste considerazioni risultano valere ancor di più quando si curano ipoacusie e sordità congenite o preverbali, condizioni che si manifestano all’inizio o precocemente nella vita di un bambino, e che durano per tutta la vita, con conseguenze funzionali che possono fortemente condizionare le traiettorie dello sviluppo. Il contributo più specifico del sottoscritto è nel paragrafo: "E ora come si fa? Realizzare una tesi di laurea multidisciplinare in ambito Audio-Otologico, Radiologico e Pediatrico"
E ora come si fa? Realizzare una tesi di laurea multidisciplinare in ambito audio-otologico, radiologico e pediatrico
Lucio Torelli;
2019-01-01
Abstract
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha posto in evidenza la dimensione sociale della disabilità fin dagli anni ‘80, e, nel 2001, ne ha successivamente rivoluzionato l’approccio, guardando alla disabilità non come una lineare e logica conseguenza della menomazione, ma come il risultato di un’interazione tra lo stato di salute della persona e l’ambiente in cui vive. Nonostante quest’ultima visione della disabilità sia oggi universalmente condivisa, il pensiero e la pratica medica, l’organizzazione sanitaria ospedaliera e le successive strategie socio-assistenziali, faticano ancor’oggi a staccarsi da un sistema tradizionale, che mette maggiormente a fuoco la diagnosi, il trattamento e il generale “supporto” alle patologie croniche, trascurando la prospettiva orientata allo sviluppo e alla disabilità nella sua accezione compiuta. In sintonia con i principi emergenti in sanità, e cioè la centralità del paziente e della sua rete di cura, il termine disabilità vuole in definitiva evidenziare che il deficit e l’eventuale presenza di patologie associate non sono i soli elementi da prendere in considerazione nel trattamento. L’approccio di cura alle condizioni croniche deve diventare multi-prospettico: non solo biomedico, anche individuale, sociale, ambientale. Queste considerazioni risultano valere ancor di più quando si curano ipoacusie e sordità congenite o preverbali, condizioni che si manifestano all’inizio o precocemente nella vita di un bambino, e che durano per tutta la vita, con conseguenze funzionali che possono fortemente condizionare le traiettorie dello sviluppo. Il contributo più specifico del sottoscritto è nel paragrafo: "E ora come si fa? Realizzare una tesi di laurea multidisciplinare in ambito Audio-Otologico, Radiologico e Pediatrico"File | Dimensione | Formato | |
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