Con lo scoppio della pandemia, hanno iniziato a farsi largo nel dibattito pubblico alcuni scenari sul futuro della struttura insediativa nei paesi occidentali, che già da qual- che anno vengono discussi nel mondo scientifico, in parti- colare da chi studia gli effetti del cambiamento climatico sulla vivibilità dei luoghi. Nella letteratura sul cambiamento climatico, infatti, è maturata l’idea che le alterazioni pro- dotte dai mutamenti ambientali alla vivibilità dei luoghi e alla disponibilità di risorse naturali produrranno una progressiva dislocazione della popolazione dalle aree più colpite a quelle che riusciranno a far valere la loro competitività in termini di preservazione delle qualità ambientali (Guimarães, Nunes, Barreira, Panagopoulos 2016). I centri urbani, con minori possibilità di adattamento, avrebbero meno chance rispetto al passato di attrarre popolazione. Di più, la popolazione tenderebbe a lasciare i quartieri delle città diventati invivibili per spostarsi in aree meno urbanizzate, dove difendersi meglio dai picchi di calore. Questo modo di guardare alla relazione tra logiche insediative e cambiamento climatico è contrastato da altre visioni, che invece mettono la città al centro di una nuova prorompente fase di modernizzazione, che sarà caratterizzata da un’emancipazione della società dai vincoli ambientali grazie alla costruzione di tecno-ambienti capaci di adattarsi ai cambiamenti, ma allo stesso tempo svincolarsi da essi. Nel capitolo si vuole fare avanzare una terza lettura, che mette al centro le relazioni tra aree urbane e aree montane, dentro la prospettiva bioregionale della metromontanità. Questo sguardo postula l’esistenza di alcune interdipendenze ne- cessarie tra città e aree interne, come fondamento di una transizione ecologica che si sostanzia nella ricomposizione delle fratture tra sistemi ecologici e sistemi sociali.
Metromontagna, cambiamento climatico e transizione ecologica
Carrosio Giovanni
2021-01-01
Abstract
Con lo scoppio della pandemia, hanno iniziato a farsi largo nel dibattito pubblico alcuni scenari sul futuro della struttura insediativa nei paesi occidentali, che già da qual- che anno vengono discussi nel mondo scientifico, in parti- colare da chi studia gli effetti del cambiamento climatico sulla vivibilità dei luoghi. Nella letteratura sul cambiamento climatico, infatti, è maturata l’idea che le alterazioni pro- dotte dai mutamenti ambientali alla vivibilità dei luoghi e alla disponibilità di risorse naturali produrranno una progressiva dislocazione della popolazione dalle aree più colpite a quelle che riusciranno a far valere la loro competitività in termini di preservazione delle qualità ambientali (Guimarães, Nunes, Barreira, Panagopoulos 2016). I centri urbani, con minori possibilità di adattamento, avrebbero meno chance rispetto al passato di attrarre popolazione. Di più, la popolazione tenderebbe a lasciare i quartieri delle città diventati invivibili per spostarsi in aree meno urbanizzate, dove difendersi meglio dai picchi di calore. Questo modo di guardare alla relazione tra logiche insediative e cambiamento climatico è contrastato da altre visioni, che invece mettono la città al centro di una nuova prorompente fase di modernizzazione, che sarà caratterizzata da un’emancipazione della società dai vincoli ambientali grazie alla costruzione di tecno-ambienti capaci di adattarsi ai cambiamenti, ma allo stesso tempo svincolarsi da essi. Nel capitolo si vuole fare avanzare una terza lettura, che mette al centro le relazioni tra aree urbane e aree montane, dentro la prospettiva bioregionale della metromontanità. Questo sguardo postula l’esistenza di alcune interdipendenze ne- cessarie tra città e aree interne, come fondamento di una transizione ecologica che si sostanzia nella ricomposizione delle fratture tra sistemi ecologici e sistemi sociali.File | Dimensione | Formato | |
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