La scuola italiana inizia a rapportarsi con i figli della migrazione a partire dai primi anni ’90 con l’incremento costante dell’immigrazione fino alla crisi economica del 2008 per poi riprendere con altre modalità di ingresso dopo la cosiddetta ‘crisi migratoria’ del 2015. Se nella prima fase la scuola alle prese con i nuovi alunni stranieri adotta prevalentemente un approccio differenzialista che tende a leggere le diversità linguistiche e culturali come ostacoli da affrontare per inserire i corpi estranei nella communitas scolastica, con il passare degli anni le direttive politiche e i processi di governance scolastica scivolano verso altre modalità che in teoria dovrebbero aprire “la via italiana verso la scuola interculturale” (MPI 2007), ma in pratica la rendono ulteriormente meno accogliente e inclusiva. In questo articolo sostengo che la situazione dei migranti nelle scuole sia frutto di due azioni sinergiche e parallele: da un lato il confinamento che enfatizza la visibilità e la separazione degli stranieri a scuola, dall’altro la dispersione scolastica, che espelle i ‘corpi’ estranei nel percorso scolastico, facendone perdere le tracce. L’approccio adottato è quello antropologico, con riflessioni e dati che provengono dall’osservazione sul campo come responsabile scientifica del Centro Interdipartimentale sulle Migrazioni e Cooperazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Università di Trieste incaricato nell’ultimo biennio di condurre una ricerca nei contesti scolastici per progettare azioni di contrasto alla dispersione scolastica di alunni/e con background migratorio all’interno di un progetto FAMI-Impact (2018-20) coordinato dalla Regione Friuli Venezia Giulia.
Tra confinamento e dispersione: il doppio legame tra migranti e scuola
Altin, Roberta
2021-01-01
Abstract
La scuola italiana inizia a rapportarsi con i figli della migrazione a partire dai primi anni ’90 con l’incremento costante dell’immigrazione fino alla crisi economica del 2008 per poi riprendere con altre modalità di ingresso dopo la cosiddetta ‘crisi migratoria’ del 2015. Se nella prima fase la scuola alle prese con i nuovi alunni stranieri adotta prevalentemente un approccio differenzialista che tende a leggere le diversità linguistiche e culturali come ostacoli da affrontare per inserire i corpi estranei nella communitas scolastica, con il passare degli anni le direttive politiche e i processi di governance scolastica scivolano verso altre modalità che in teoria dovrebbero aprire “la via italiana verso la scuola interculturale” (MPI 2007), ma in pratica la rendono ulteriormente meno accogliente e inclusiva. In questo articolo sostengo che la situazione dei migranti nelle scuole sia frutto di due azioni sinergiche e parallele: da un lato il confinamento che enfatizza la visibilità e la separazione degli stranieri a scuola, dall’altro la dispersione scolastica, che espelle i ‘corpi’ estranei nel percorso scolastico, facendone perdere le tracce. L’approccio adottato è quello antropologico, con riflessioni e dati che provengono dall’osservazione sul campo come responsabile scientifica del Centro Interdipartimentale sulle Migrazioni e Cooperazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Università di Trieste incaricato nell’ultimo biennio di condurre una ricerca nei contesti scolastici per progettare azioni di contrasto alla dispersione scolastica di alunni/e con background migratorio all’interno di un progetto FAMI-Impact (2018-20) coordinato dalla Regione Friuli Venezia Giulia.File | Dimensione | Formato | |
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