Per molti mesi, in Italia in risposta alla pandemia da Covid-19, le misure di distanziamento sociale hanno imposto cambiamenti radicali nelle pratiche con cui le persone erano abituate a utilizzare gli spazi urbani e pubblici. Improvvisamente, i ritmi giornalieri di tutti hanno subito un drastico mutamento. Le misure attuate a scala nazionale e regionale hanno contribuito a mettere in luce – accentuandole drammaticamente – sia le profonde diseguaglianze che già segnavano popolazioni e contesti urbani, sia le intrinseche debolezze di molte economie locali. In una regione in cui mancano vere e proprie realtà metropolitane e prevale la presenza di centri di dimensioni ridotte, Aquileia è una piccola città, con poco più di tremila residenti (la maggior parte di quelli del comune); la popolazione è in leggera decrescita e segnata da trend di invecchiamento. Qui il numero dei contagi è stato limitato: oltre alla configurazione isolata e contenuta dell’abitato, la sua perifericità e gli scarsi pendolarismi giornalieri verso grandi polarità sono tra i più probabili fattori di abbattimento della diffusione del virus rispetto ad altre situazioni insediative ugualmente minute ma interconnesse a formazioni urbane più estese e dinamiche, in cui la pandemia ha colpito duramente. Ciò non toglie che, anche in questa piccola città a bassa densità, gli effetti di Covid siano evidenti, a sottolineare come la capacità di resilienza a crisi impreviste sfugga a interpretazioni fondate sui soli parametri dimensionali, o sul livello di acuzie con cui si manifestano le emergenze. Ad Aquileia, come altrove, la pandemia ha reso esplicita la necessità: da un lato, di comprendere le relazioni complesse, sia localmente che globalmente determinate, tra condizioni di crisi (sanitaria, ambientale, climatica) che ormai si danno come strutturali; dall’altro, di assumere tali condizioni come innesco per immaginare traiettorie progettuali di adattamento e re-azione. Il saggio indaga come il tema della densità si presti a diverse letture, che evidenziano sia relazioni articolate con i molteplici effetti della pandemia, sia diverse opportunità di rigenerazione. Tra le tante sollecitazioni che la pandemia consegna a chi si occupa di progetto urbanistico, quella forse più pressante consiste nell’invito a riconfigurare gli spazi pubblici urbani come un telaio continuo di attrezzature collettive e paesaggi, e come un servizio in sé capace di generare nuove attività, pubbliche e private. Ad Aquileia, l’ampia disponibilità di spazi aperti, vicini e rapidamente raggiungibili, si è perciò data come una delle principali risorse da cui ripartire per immaginare il futuro e nuovi progetti di accessibilità a spazi pubblici e servizi.
In una città a diverse densità, verso spazi reattivi, accessibili, prossimi e interconnessi
Elena Marchigiani
2021-01-01
Abstract
Per molti mesi, in Italia in risposta alla pandemia da Covid-19, le misure di distanziamento sociale hanno imposto cambiamenti radicali nelle pratiche con cui le persone erano abituate a utilizzare gli spazi urbani e pubblici. Improvvisamente, i ritmi giornalieri di tutti hanno subito un drastico mutamento. Le misure attuate a scala nazionale e regionale hanno contribuito a mettere in luce – accentuandole drammaticamente – sia le profonde diseguaglianze che già segnavano popolazioni e contesti urbani, sia le intrinseche debolezze di molte economie locali. In una regione in cui mancano vere e proprie realtà metropolitane e prevale la presenza di centri di dimensioni ridotte, Aquileia è una piccola città, con poco più di tremila residenti (la maggior parte di quelli del comune); la popolazione è in leggera decrescita e segnata da trend di invecchiamento. Qui il numero dei contagi è stato limitato: oltre alla configurazione isolata e contenuta dell’abitato, la sua perifericità e gli scarsi pendolarismi giornalieri verso grandi polarità sono tra i più probabili fattori di abbattimento della diffusione del virus rispetto ad altre situazioni insediative ugualmente minute ma interconnesse a formazioni urbane più estese e dinamiche, in cui la pandemia ha colpito duramente. Ciò non toglie che, anche in questa piccola città a bassa densità, gli effetti di Covid siano evidenti, a sottolineare come la capacità di resilienza a crisi impreviste sfugga a interpretazioni fondate sui soli parametri dimensionali, o sul livello di acuzie con cui si manifestano le emergenze. Ad Aquileia, come altrove, la pandemia ha reso esplicita la necessità: da un lato, di comprendere le relazioni complesse, sia localmente che globalmente determinate, tra condizioni di crisi (sanitaria, ambientale, climatica) che ormai si danno come strutturali; dall’altro, di assumere tali condizioni come innesco per immaginare traiettorie progettuali di adattamento e re-azione. Il saggio indaga come il tema della densità si presti a diverse letture, che evidenziano sia relazioni articolate con i molteplici effetti della pandemia, sia diverse opportunità di rigenerazione. Tra le tante sollecitazioni che la pandemia consegna a chi si occupa di progetto urbanistico, quella forse più pressante consiste nell’invito a riconfigurare gli spazi pubblici urbani come un telaio continuo di attrezzature collettive e paesaggi, e come un servizio in sé capace di generare nuove attività, pubbliche e private. Ad Aquileia, l’ampia disponibilità di spazi aperti, vicini e rapidamente raggiungibili, si è perciò data come una delle principali risorse da cui ripartire per immaginare il futuro e nuovi progetti di accessibilità a spazi pubblici e servizi.File | Dimensione | Formato | |
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