Attorno all’Isonzo sono all’opera una serie di progetti di cooperazione tran- sfrontaliera, che coinvolgono le due Gorizie. Il fiume – dopo essere stato per anni un elemento di tensione tra Italia e Juogoslavia – è oggi investito di un nuovo valore simbolico, che guarda a una comune identità sovranazionale costruita sul senso di appartenenza agli elementi naturali. Il confine, nella narrazione transfrontaliera, ha diviso ciò che in natura non è diviso – il corso del fiume appunto. Riconoscere nel fiume un elemento di unione, significa ritornare alla ecologia del territorio come prospettiva identitaria. Un pioniere di questo modo di guardare al fiume è stato Dario Stasi, che fondando la rivista Soča-Isonzo ha dato molto spazio alla toponomastica, alla riscoperta di passeggiate dimenticate e ad episodi di storia comune in cui “non era l’etnia a contare, ma il territorio che, fino alle grandi contrapposizioni dei nazionalismi e alla nascita del confine, veniva vissuto come un tutto unitario da chi lo popolava” (Sartori 2000). Questo spirito è stato raccolto da istituzioni tecniche, come il GECT, e da una ritrovata società civile transfrontaliera che costruiscono iniziative legate al volontariato ambientale, al turismo naturalistico, al cicloturismo. Rimangono iniziative flebili, che non hanno ancora la forza di affrontare i temi ambientali del fiume, ma che per intanto utilizzano gli spazi attorno e il suo valore simbolico e unificante. La materialità del fiume, infatti, la sua ecologia reale, sono ancora fonte di conflitto. Ma è interessante notare come, nonostante vi siano ancora tensioni di tipo etno-nazionalista che si riverberano sulle letture dei problemi ambientali dell’Isonzo, le coalizioni sociali che si costituiscono per la salvaguardia degli aspetti ecologici e naturalistici del fiume contengono forme relazionali innovative, nelle quali elementi di cooperazione e conflitto si mescolano.
Isonzo- Soča: un ponte per la città transconfinaria di Gorizia-Nova Gorica
Carrosio Giovanni
2021-01-01
Abstract
Attorno all’Isonzo sono all’opera una serie di progetti di cooperazione tran- sfrontaliera, che coinvolgono le due Gorizie. Il fiume – dopo essere stato per anni un elemento di tensione tra Italia e Juogoslavia – è oggi investito di un nuovo valore simbolico, che guarda a una comune identità sovranazionale costruita sul senso di appartenenza agli elementi naturali. Il confine, nella narrazione transfrontaliera, ha diviso ciò che in natura non è diviso – il corso del fiume appunto. Riconoscere nel fiume un elemento di unione, significa ritornare alla ecologia del territorio come prospettiva identitaria. Un pioniere di questo modo di guardare al fiume è stato Dario Stasi, che fondando la rivista Soča-Isonzo ha dato molto spazio alla toponomastica, alla riscoperta di passeggiate dimenticate e ad episodi di storia comune in cui “non era l’etnia a contare, ma il territorio che, fino alle grandi contrapposizioni dei nazionalismi e alla nascita del confine, veniva vissuto come un tutto unitario da chi lo popolava” (Sartori 2000). Questo spirito è stato raccolto da istituzioni tecniche, come il GECT, e da una ritrovata società civile transfrontaliera che costruiscono iniziative legate al volontariato ambientale, al turismo naturalistico, al cicloturismo. Rimangono iniziative flebili, che non hanno ancora la forza di affrontare i temi ambientali del fiume, ma che per intanto utilizzano gli spazi attorno e il suo valore simbolico e unificante. La materialità del fiume, infatti, la sua ecologia reale, sono ancora fonte di conflitto. Ma è interessante notare come, nonostante vi siano ancora tensioni di tipo etno-nazionalista che si riverberano sulle letture dei problemi ambientali dell’Isonzo, le coalizioni sociali che si costituiscono per la salvaguardia degli aspetti ecologici e naturalistici del fiume contengono forme relazionali innovative, nelle quali elementi di cooperazione e conflitto si mescolano.File | Dimensione | Formato | |
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