Per un volume dedicato alle "Lezioni" di V. Nabokov, in occasione di una loro nuova edizione (con una nuova traduzione italiana che ristabilisce la vera misura del lavoro nabokoviano, restituendo le eco corrette dell’originale) un intervento, il nostro, dedicato alla Lezione su Turgenev. Considerato da molti il meno pirotecnico dei “capitoli”, il più «didascalico», a una lettura bachtinianamente partecipe – è questo il nostro enjeu – esso si rivela invece spazio a più dimensioni, in cui Nabokov, affrontando Turgenev, ci porta dentro il consueto castello di specchi dove stanare il suo punto di vista per farci trovare il nostro, di Lettori Ideali. Le nostre analisi, partendo da questioni di letteratura, confluiscono inevitabilmente qui in riflessioni fondanti sulla traduzione. Nel rivalutare Turgenev come autore di una modernità sottaciuta, dalla scrittura calvinianamente leggera, rapida, esatta, molteplice e visibile, si recupera al contempo il delicato compito ermeneutico che è di ogni traduzione. Un testo “esemplare”, quello della Lezione su Turgenev, dove una traduzione ‘stonata’ rischia di soffocare la parola autoriale (nabokoviana) incastonata dentro al discorso altrui; e uccide i registri, le sfide euristiche, restituendoci una scrittura nel migliore dei casi mimetica, quando invece, è questo il nostro punto, essa è mimetizzata. La Lezione su Turgenev è forse allora il luogo dov’è implicito il potenziale maggiore, dal nostro punto di vista, di una lettura ideale “di Nabokov” – qui genitivo soggettivo e oggettivo insieme. Una lezione che ci aiuta a trovare il “punto da cui guardare” (M. Cvetaeva) l’intero volume nabokoviano – e forse, intero, questo volume che ci ospita, metalettura di una metalettura – dove l’«arte alta» della traduzione (K. Tchukovskij) e la sua «esatta inesattezza» ci insegnano a sentire le rozanoviane «ombre del suono sotto la voce». Ma le suggestioni sono molteplici, e si rincorrono a più livelli dell’esposizione, più o meno sotterranei, riemergendo come fiumi carsici in punti nevralgici anche delle altre Lezioni. Un’analisi, la nostra, che intesse in un tutt’uno interpretativo la Lezione nabokoviana su Turgenev e la sua “Arte della Traduzione”, proponendosi come approccio trasversale ideale a un corretto ascolto, “musicale” perché responsabile e responsivo, della letteratura.

Nichilismi, o del tradire (tra gli altri) Turgenev

Margherita De Michiel
2022-01-01

Abstract

Per un volume dedicato alle "Lezioni" di V. Nabokov, in occasione di una loro nuova edizione (con una nuova traduzione italiana che ristabilisce la vera misura del lavoro nabokoviano, restituendo le eco corrette dell’originale) un intervento, il nostro, dedicato alla Lezione su Turgenev. Considerato da molti il meno pirotecnico dei “capitoli”, il più «didascalico», a una lettura bachtinianamente partecipe – è questo il nostro enjeu – esso si rivela invece spazio a più dimensioni, in cui Nabokov, affrontando Turgenev, ci porta dentro il consueto castello di specchi dove stanare il suo punto di vista per farci trovare il nostro, di Lettori Ideali. Le nostre analisi, partendo da questioni di letteratura, confluiscono inevitabilmente qui in riflessioni fondanti sulla traduzione. Nel rivalutare Turgenev come autore di una modernità sottaciuta, dalla scrittura calvinianamente leggera, rapida, esatta, molteplice e visibile, si recupera al contempo il delicato compito ermeneutico che è di ogni traduzione. Un testo “esemplare”, quello della Lezione su Turgenev, dove una traduzione ‘stonata’ rischia di soffocare la parola autoriale (nabokoviana) incastonata dentro al discorso altrui; e uccide i registri, le sfide euristiche, restituendoci una scrittura nel migliore dei casi mimetica, quando invece, è questo il nostro punto, essa è mimetizzata. La Lezione su Turgenev è forse allora il luogo dov’è implicito il potenziale maggiore, dal nostro punto di vista, di una lettura ideale “di Nabokov” – qui genitivo soggettivo e oggettivo insieme. Una lezione che ci aiuta a trovare il “punto da cui guardare” (M. Cvetaeva) l’intero volume nabokoviano – e forse, intero, questo volume che ci ospita, metalettura di una metalettura – dove l’«arte alta» della traduzione (K. Tchukovskij) e la sua «esatta inesattezza» ci insegnano a sentire le rozanoviane «ombre del suono sotto la voce». Ma le suggestioni sono molteplici, e si rincorrono a più livelli dell’esposizione, più o meno sotterranei, riemergendo come fiumi carsici in punti nevralgici anche delle altre Lezioni. Un’analisi, la nostra, che intesse in un tutt’uno interpretativo la Lezione nabokoviana su Turgenev e la sua “Arte della Traduzione”, proponendosi come approccio trasversale ideale a un corretto ascolto, “musicale” perché responsabile e responsivo, della letteratura.
2022
9788820769642
9788820769659
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