In questo contributo si dà conto degli esiti di una ricerca finalizzata a verificare la possibilità di rilevare tracce di agire agapico nel servizio sociale. In primo luogo, ci si è chiesti se siano riconoscibili, nel lavoro degli assistenti sociali, “azioni agapiche”, cioè azioni che producono eccedenza di dono senza averla messa in conto. Senza attesa né interesse particolare, azioni esperite di volta in volta nel presente, in assenza di progetto e tuttavia capaci di generare nuove realtà sui generis che permangono nel tempo. In secondo luogo, ci si è chiesti se, utilizzando il concetto euristico di “azioni agapiche” sia possibile coglierne la desiderabilità, la riproducibilità, la compatibilità con un approccio professionale. Si tratta di una ricerca di carattere esplorativo sul territorio nazionale con particolare attenzione ai servizi sociali di contrasto all’emarginazione e alla povertà. La scelta metodologica è stata di tipo qualitativo, per cogliere la prospettiva soggettiva degli attori e l’attribuzione di significato da loro conferito alle azioni agapiche e ai loro effetti, mediante interviste e focus group. Si è dunque proceduto dapprima alla somministrazione di interviste semi-strutturate che ripercorre vano, attraverso 11 quesiti, le dimensioni dell’agire agapico rilevabile attraverso l’evocazione di esperienze di relazione d’aiuto ritenute dagli intervistati o dalle intervistate “ben riuscite”, sono state/i ascoltate/i assistenti sociali e cittadini utenti di servizi di quattro diverse regioni italiane e una provincia autonoma. Dopo una prima analisi dei contenuti emersi dalle interviste, sono stati individuati ulteriori quattro quesititi-stimolo da proporre a due focus group formati ciascuno da 6 assistenti sociali provenienti da quattro regioni italiane Questa prima esplorazione non ha portato a scoprire pratiche professionali e azioni innovative o decisamente alternative al social work già consolidato nei servizi, quanto piuttosto a riconoscere e a valorizzabile la dimensione eccedente e originale dell’aiuto che ciascun/a social worker può coltivare senza per questo tralasciare o contraddire i fondamenti teorici e la strumentazione tecnica propria e necessaria per la sua professionalità. Si è avuta evidenza del fatto che le persone e le loro interazioni, anche professionali, appaiono oltre ogni riduttività classificatoria, diagnostica e prescrittiva, si esprimono lungo itinerari esistenziali spesso lunghi e imprevedibili, aprono a nuovi azzardi creativi. Con questa consapevolezza le e gli assistenti sociali possono fare i conti, mettendo in campo non solo tecniche d’azione e assetti organizzativi più o meno controllati ma anche implicazioni esistenziali umane, prossime, rinnovate, condivisibili.

La relazione agapica nel servizio sociale

GUI L.
;
2022-01-01

Abstract

In questo contributo si dà conto degli esiti di una ricerca finalizzata a verificare la possibilità di rilevare tracce di agire agapico nel servizio sociale. In primo luogo, ci si è chiesti se siano riconoscibili, nel lavoro degli assistenti sociali, “azioni agapiche”, cioè azioni che producono eccedenza di dono senza averla messa in conto. Senza attesa né interesse particolare, azioni esperite di volta in volta nel presente, in assenza di progetto e tuttavia capaci di generare nuove realtà sui generis che permangono nel tempo. In secondo luogo, ci si è chiesti se, utilizzando il concetto euristico di “azioni agapiche” sia possibile coglierne la desiderabilità, la riproducibilità, la compatibilità con un approccio professionale. Si tratta di una ricerca di carattere esplorativo sul territorio nazionale con particolare attenzione ai servizi sociali di contrasto all’emarginazione e alla povertà. La scelta metodologica è stata di tipo qualitativo, per cogliere la prospettiva soggettiva degli attori e l’attribuzione di significato da loro conferito alle azioni agapiche e ai loro effetti, mediante interviste e focus group. Si è dunque proceduto dapprima alla somministrazione di interviste semi-strutturate che ripercorre vano, attraverso 11 quesiti, le dimensioni dell’agire agapico rilevabile attraverso l’evocazione di esperienze di relazione d’aiuto ritenute dagli intervistati o dalle intervistate “ben riuscite”, sono state/i ascoltate/i assistenti sociali e cittadini utenti di servizi di quattro diverse regioni italiane e una provincia autonoma. Dopo una prima analisi dei contenuti emersi dalle interviste, sono stati individuati ulteriori quattro quesititi-stimolo da proporre a due focus group formati ciascuno da 6 assistenti sociali provenienti da quattro regioni italiane Questa prima esplorazione non ha portato a scoprire pratiche professionali e azioni innovative o decisamente alternative al social work già consolidato nei servizi, quanto piuttosto a riconoscere e a valorizzabile la dimensione eccedente e originale dell’aiuto che ciascun/a social worker può coltivare senza per questo tralasciare o contraddire i fondamenti teorici e la strumentazione tecnica propria e necessaria per la sua professionalità. Si è avuta evidenza del fatto che le persone e le loro interazioni, anche professionali, appaiono oltre ogni riduttività classificatoria, diagnostica e prescrittiva, si esprimono lungo itinerari esistenziali spesso lunghi e imprevedibili, aprono a nuovi azzardi creativi. Con questa consapevolezza le e gli assistenti sociali possono fare i conti, mettendo in campo non solo tecniche d’azione e assetti organizzativi più o meno controllati ma anche implicazioni esistenziali umane, prossime, rinnovate, condivisibili.
2022
9788835139126
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