Io vivo la tua casa. Io vivo dentro l’esteriorizzazione di un sogno, nell’inspessimento osmotico del velo, non più impermeabile, che impediva una compenetrazione reciproca di ideali, comportamenti e urgenze culturali. Ti mostro lo spettacolo nascosto e ti invito a farne parte, ad esplorare, sapendo di non essere giudicato in nome di una dimenticata fratellanza. Spia, assaggia, ruba gli umori, nasconditi anche se nessuno guarda. Io vivo la tua casa, non significa vivo in casa tua, innescando un’invasione dello spazio personale, ma vuole essere un progetto immaginario di rifondazione del concetto di proprietà che mira ad espandere quel consolidato ma scardinabile limite che separa un interno privato dallo spazio pubblico. Il progetto introduce un sistema di appropriazione autogestita di spazi che configurano tale limite. Questo inspessimento, intriso di umori, di sogni e di incubi, è esso stesso selva e diviene dimora fertile che accetta la diversità e rende principio l’indeterminato. In una sorta di estroflessione della Endless house di Frederick Kiesler, il progetto mira ad essere un palesamento dell’universo individuale. “L’uomo è infatti una complessa entità, biologica, psicologica e sociopolitica che deve riconquistare attraverso la creatività il senso generale e complesso dell’abitare (…)” Nel sistema di neo-ghettizzazione dilagante e di privatizzazioni di spazi urbani che coinvolge la città contemporanea viene sempre più spesso applicata una “inacessibilità selettiva” fatta di invalicabili recinzioni, telecamere e sistemi di controllo, usati come mezzo di deterrenza verso l’estraneo e il diverso, sia esso animale o vegetale. Ricavarsi uno spazio forzatamente delimitato all’interno della selva, come anche chiudersi rispetto al prossimo, significa obbligatoriamente non volere far parte di una comunità. In una sorta di “viaggio liberatorio negli abissi della coscienza”, Io vivo la tua casa mira a scardinate la corrente idea di “esclusivo” ribaltandola in un’ottica di condivisione anche delle parti più intime del nostro inconscio lasciate libere di vagare, esponendole letteralmente in piazza e riconoscendogli un potenziale trasformativo antropologico, in un gioco di esorcizzazione da timori e paure. Io vivo la tua casa mira ad innescare una politica del “fuori controllo” reintroducendo l’inosservato nel sistema urbano, nel molteplice significato di necessità di non essere monitorato, possibilità di trasgredire e potenzialità di espandersi fuori misura. La selva in un’estetica ruderale si fa materia di inspessimento dello spazio pubblico, si risvolta in verticale non accettando limiti fisici alla propria espansione, ed i suoi abitanti sono fonte inesauribile di diversità e difformità all’interno del consueto urbano.

IO VIVO LA TUA CASA. Immagini archetipe per il risveglio dell’inconscio collettivo.

M. Zambon
;
J. Bonat
2023-01-01

Abstract

Io vivo la tua casa. Io vivo dentro l’esteriorizzazione di un sogno, nell’inspessimento osmotico del velo, non più impermeabile, che impediva una compenetrazione reciproca di ideali, comportamenti e urgenze culturali. Ti mostro lo spettacolo nascosto e ti invito a farne parte, ad esplorare, sapendo di non essere giudicato in nome di una dimenticata fratellanza. Spia, assaggia, ruba gli umori, nasconditi anche se nessuno guarda. Io vivo la tua casa, non significa vivo in casa tua, innescando un’invasione dello spazio personale, ma vuole essere un progetto immaginario di rifondazione del concetto di proprietà che mira ad espandere quel consolidato ma scardinabile limite che separa un interno privato dallo spazio pubblico. Il progetto introduce un sistema di appropriazione autogestita di spazi che configurano tale limite. Questo inspessimento, intriso di umori, di sogni e di incubi, è esso stesso selva e diviene dimora fertile che accetta la diversità e rende principio l’indeterminato. In una sorta di estroflessione della Endless house di Frederick Kiesler, il progetto mira ad essere un palesamento dell’universo individuale. “L’uomo è infatti una complessa entità, biologica, psicologica e sociopolitica che deve riconquistare attraverso la creatività il senso generale e complesso dell’abitare (…)” Nel sistema di neo-ghettizzazione dilagante e di privatizzazioni di spazi urbani che coinvolge la città contemporanea viene sempre più spesso applicata una “inacessibilità selettiva” fatta di invalicabili recinzioni, telecamere e sistemi di controllo, usati come mezzo di deterrenza verso l’estraneo e il diverso, sia esso animale o vegetale. Ricavarsi uno spazio forzatamente delimitato all’interno della selva, come anche chiudersi rispetto al prossimo, significa obbligatoriamente non volere far parte di una comunità. In una sorta di “viaggio liberatorio negli abissi della coscienza”, Io vivo la tua casa mira a scardinate la corrente idea di “esclusivo” ribaltandola in un’ottica di condivisione anche delle parti più intime del nostro inconscio lasciate libere di vagare, esponendole letteralmente in piazza e riconoscendogli un potenziale trasformativo antropologico, in un gioco di esorcizzazione da timori e paure. Io vivo la tua casa mira ad innescare una politica del “fuori controllo” reintroducendo l’inosservato nel sistema urbano, nel molteplice significato di necessità di non essere monitorato, possibilità di trasgredire e potenzialità di espandersi fuori misura. La selva in un’estetica ruderale si fa materia di inspessimento dello spazio pubblico, si risvolta in verticale non accettando limiti fisici alla propria espansione, ed i suoi abitanti sono fonte inesauribile di diversità e difformità all’interno del consueto urbano.
2023
9788857598383
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