Il lavoro individua in apertura due possibili direttrici di ricerca del rapporto tra schiavitù e diritto penale, schiavitù come sanzione penale e la schiavitù come fattispecie di reato. Abbozzata la prima, l’opzione di ricerca cade sulla seconda e si propone di ricostruire la nascita del reato «riduzione in schiavitù» («plagio» secondo la terminologia del tempo) fin dalle prime codificazioni. Il lavoro, proseguendo nell’analisi delle codificazioni della seconda metà dell’Ottocento, mette in evidenza delinearsi di due opposte scelte da parte dei legislatori dei diversi paesi: l’una che esclude la necessità introdurre un autonomo reato di «schiavitù» -es. la Francia-, ritenendo sufficienti allo scopo di tutela i reati difesa della libertà personale, l’altra -condivisa dall’Italia e dalla Germania -, che all’opposto, sostiene l’insufficienza dei reati contro la libertà personale a descrivere l’offesa arrecata dalla «riduzione in schiavitù» L’analisi si concentra dunque sulle diverse tecniche di tipizzazione che caratterizzano rispettivamente il nost paese (art. 145 codice Zanardelli) e la Germania (§ 234 St GB). Allargando l’analisi alla legislazione complementare e al contesto socio-economico dell’epoca, il lavoro cerc di formulare alcune ipotesi sulla sostanziale ineffettività della fattispecie di reato prevista all’art. 145 de codice Zanardelli che, per la prima volta, introduce la nozione di «condizione analoga alla schiavitù» condizione schiavistica ‘di fatto’, secondo le interpretazioni del tempo, da contrapporsi alla schiavitù ‘di diritto’ ormai inattuabile nei paesi europei. L’analisi offre lo spunto per alcune riflessioni sui rapporti tra bene giuridico, descrizione normativa dell’offesa e contesto sociale. La dicotomia creatasi successivamente nel codice Rocco tra «riduzione in schiavitù» -art. 600 – e «plagio» -art. 603-, e che pone le premesse per la pericolosa trasmigrazione di quest’ultimo reato verso ambiti di tutela della libertà individuale da offese non supportate da una adeguata descrizione normativa, consente di effettuare alcune riflessioni sui limiti dell’interpretazione ‘oggettiva’.!

La riduzione in schiavitù: un passato che non vuole passare. Un'indagine storica sulla costruzione e i limiti del 'tipo'

BARBIERI, MARIA CRISTINA
2010-01-01

Abstract

Il lavoro individua in apertura due possibili direttrici di ricerca del rapporto tra schiavitù e diritto penale, schiavitù come sanzione penale e la schiavitù come fattispecie di reato. Abbozzata la prima, l’opzione di ricerca cade sulla seconda e si propone di ricostruire la nascita del reato «riduzione in schiavitù» («plagio» secondo la terminologia del tempo) fin dalle prime codificazioni. Il lavoro, proseguendo nell’analisi delle codificazioni della seconda metà dell’Ottocento, mette in evidenza delinearsi di due opposte scelte da parte dei legislatori dei diversi paesi: l’una che esclude la necessità introdurre un autonomo reato di «schiavitù» -es. la Francia-, ritenendo sufficienti allo scopo di tutela i reati difesa della libertà personale, l’altra -condivisa dall’Italia e dalla Germania -, che all’opposto, sostiene l’insufficienza dei reati contro la libertà personale a descrivere l’offesa arrecata dalla «riduzione in schiavitù» L’analisi si concentra dunque sulle diverse tecniche di tipizzazione che caratterizzano rispettivamente il nost paese (art. 145 codice Zanardelli) e la Germania (§ 234 St GB). Allargando l’analisi alla legislazione complementare e al contesto socio-economico dell’epoca, il lavoro cerc di formulare alcune ipotesi sulla sostanziale ineffettività della fattispecie di reato prevista all’art. 145 de codice Zanardelli che, per la prima volta, introduce la nozione di «condizione analoga alla schiavitù» condizione schiavistica ‘di fatto’, secondo le interpretazioni del tempo, da contrapporsi alla schiavitù ‘di diritto’ ormai inattuabile nei paesi europei. L’analisi offre lo spunto per alcune riflessioni sui rapporti tra bene giuridico, descrizione normativa dell’offesa e contesto sociale. La dicotomia creatasi successivamente nel codice Rocco tra «riduzione in schiavitù» -art. 600 – e «plagio» -art. 603-, e che pone le premesse per la pericolosa trasmigrazione di quest’ultimo reato verso ambiti di tutela della libertà individuale da offese non supportate da una adeguata descrizione normativa, consente di effettuare alcune riflessioni sui limiti dell’interpretazione ‘oggettiva’.!
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