Uno dei pochi elementi comuni che hanno caratterizzato la trattatistica sulla categoria scientifica dei white collar crimes e – più in generale – della delittuosità economica concerne le modalità non violente che la caratterizzano. La distinzione – affermata nello storico contributo di Sutherland e poi ribadita dai suoi epigoni – era già presente nelle pionieristiche concettualizzazioni degli studiosi lombrosiani sulla c.d. criminalità evolutiva, modalità raffinata ed incruenta tipica della civiltà moderna. Nel suo articolo l’Autore si interroga sulla effettiva alterità dell’evento omicidiario rispetto alle manifestazioni più rilevanti della delinquenza economica, sviluppando un duplice ordine di riflessioni. In primo luogo vengono rivisitati alcuni casi celebri, legati a scandali finanziari del passato, fra gli altri le uccisioni dell’avv. Giorgio Ambrosoli, del banchiere Roberto Calvi e il “suicidio” di Michele Sindona, come esempi di omicidi strategici, realizzati da sicari mafiosi nel contesto di una lotta tra colletti bianchi per interessi politico-economici di enormi proporzioni. Nell’analisi degli intrecci fra economia criminale e economia legale, può essere proficuo adoperare la nuova categoria unitaria di “criminalità economica organizzata”. Successivamente l’Autore affronta il tema degli elevati costi umani dei crimini ambientali, tipologia di reati economici strettamente connessa ai meccanismi della produzione e dello sviluppo industriale. In questo caso gli “omicidi bianchi” – conseguenza di eventi catastrofici o di danni cronicizzati alla salute – vengono accettati come possibili “danni collaterali” nel quadro delle politiche di impresa, attraverso processi di razionalizzazione e neutralizzazione non dissimili da quelli posti in essere nell’assassinio di massa in tempo di guerra (c.d. “razionalizzazione di Eichmann”). Alla luce di queste considerazioni secondo l’Autore andrebbe forse ridimensionata la portata dell’assenza di violenza fisica come tratto scriminante nella definizione della delittuosità economica.

L'omicidio nella criminalità economica: caso limite od opzione strategica?

MARTUCCI, PIERPAOLO
2011-01-01

Abstract

Uno dei pochi elementi comuni che hanno caratterizzato la trattatistica sulla categoria scientifica dei white collar crimes e – più in generale – della delittuosità economica concerne le modalità non violente che la caratterizzano. La distinzione – affermata nello storico contributo di Sutherland e poi ribadita dai suoi epigoni – era già presente nelle pionieristiche concettualizzazioni degli studiosi lombrosiani sulla c.d. criminalità evolutiva, modalità raffinata ed incruenta tipica della civiltà moderna. Nel suo articolo l’Autore si interroga sulla effettiva alterità dell’evento omicidiario rispetto alle manifestazioni più rilevanti della delinquenza economica, sviluppando un duplice ordine di riflessioni. In primo luogo vengono rivisitati alcuni casi celebri, legati a scandali finanziari del passato, fra gli altri le uccisioni dell’avv. Giorgio Ambrosoli, del banchiere Roberto Calvi e il “suicidio” di Michele Sindona, come esempi di omicidi strategici, realizzati da sicari mafiosi nel contesto di una lotta tra colletti bianchi per interessi politico-economici di enormi proporzioni. Nell’analisi degli intrecci fra economia criminale e economia legale, può essere proficuo adoperare la nuova categoria unitaria di “criminalità economica organizzata”. Successivamente l’Autore affronta il tema degli elevati costi umani dei crimini ambientali, tipologia di reati economici strettamente connessa ai meccanismi della produzione e dello sviluppo industriale. In questo caso gli “omicidi bianchi” – conseguenza di eventi catastrofici o di danni cronicizzati alla salute – vengono accettati come possibili “danni collaterali” nel quadro delle politiche di impresa, attraverso processi di razionalizzazione e neutralizzazione non dissimili da quelli posti in essere nell’assassinio di massa in tempo di guerra (c.d. “razionalizzazione di Eichmann”). Alla luce di queste considerazioni secondo l’Autore andrebbe forse ridimensionata la portata dell’assenza di violenza fisica come tratto scriminante nella definizione della delittuosità economica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11368/2346315
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