Alle teorie che si sono mosse da una critica delle visioni essenzialiste della letteratura e della realtà, l’uso discorsivo del termine “natura” è apparso uno dei bersagli critici più urgenti. In quanto mezzo privilegiato di legittimazione dell’umano attraverso il non-umano, la parola è diventata un luogo inevitabilmente conflittuale in cui smascherare strategie politiche e individuare istanze ideologiche. La convinzione che la realtà sia prodotto di una costruzione (linguistica, sociale) è stata pero sfidata in maniera non banale dall’ecocriticism che, non rinunciando a identificare nella natura una mediazione, ha insistito sulla «generale presenza fisica che è un lato di questa mediazione» (Gifford). Un approccio simile pone interrogativi molto seri riguardo all’emergenza letteraria della natura - quale la delinea Raymond Williams - in quanto mondo materiale fra Illuminismo e Romanticismo, quando l’oggetto di osservazione tende a identificarsi con il modo di osservazione, la Natura con la Ragione, e si afferma la possibilità di opporre all’esistente stato di società un edenico stato di natura. In questo contesto di riscoperta delle periferie europee poco antropizzate, il "Viaggio in Dalmazia" di Alberto Fortis riscuote ampio successo, fornendo da una parte un innovativo saggio di storia naturale e un modello al viaggio scientifico, dall’altra facendosi racconto dell’incontro roussoviano con i “semi-barbari” Morlacchi nel loro habitat naturale, colpendo l’immaginazione di Goethe, Herder, Mérimée e dando vita al filone letterario del “morlacchismo”. La critica letteraria ha il più delle volte privilegiato il secondo aspetto attraverso una lettura decisamente antropocentrica: una dimensione che però può essere messa in discussione, o perlomeno complicata, dalla nozione di “scrittura della natura” promossa dall’ecocriticism.

Ai margini della civiltà: la scrittura della natura in Alberto Fortis

VENERI, TONI
2007-01-01

Abstract

Alle teorie che si sono mosse da una critica delle visioni essenzialiste della letteratura e della realtà, l’uso discorsivo del termine “natura” è apparso uno dei bersagli critici più urgenti. In quanto mezzo privilegiato di legittimazione dell’umano attraverso il non-umano, la parola è diventata un luogo inevitabilmente conflittuale in cui smascherare strategie politiche e individuare istanze ideologiche. La convinzione che la realtà sia prodotto di una costruzione (linguistica, sociale) è stata pero sfidata in maniera non banale dall’ecocriticism che, non rinunciando a identificare nella natura una mediazione, ha insistito sulla «generale presenza fisica che è un lato di questa mediazione» (Gifford). Un approccio simile pone interrogativi molto seri riguardo all’emergenza letteraria della natura - quale la delinea Raymond Williams - in quanto mondo materiale fra Illuminismo e Romanticismo, quando l’oggetto di osservazione tende a identificarsi con il modo di osservazione, la Natura con la Ragione, e si afferma la possibilità di opporre all’esistente stato di società un edenico stato di natura. In questo contesto di riscoperta delle periferie europee poco antropizzate, il "Viaggio in Dalmazia" di Alberto Fortis riscuote ampio successo, fornendo da una parte un innovativo saggio di storia naturale e un modello al viaggio scientifico, dall’altra facendosi racconto dell’incontro roussoviano con i “semi-barbari” Morlacchi nel loro habitat naturale, colpendo l’immaginazione di Goethe, Herder, Mérimée e dando vita al filone letterario del “morlacchismo”. La critica letteraria ha il più delle volte privilegiato il secondo aspetto attraverso una lettura decisamente antropocentrica: una dimensione che però può essere messa in discussione, o perlomeno complicata, dalla nozione di “scrittura della natura” promossa dall’ecocriticism.
2007
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