Con l’espressione di “discriminazione alla rovescia” si è soliti indicare lo svantaggio che colpisce i soggetti che si trovano in una “situazione puramente interna” e che risulta provocato dalla mancata applicazione a tali soggetti delle norme comunitarie che garantiscono le libertà di circolazione; in un’altra prospettiva, tale svantaggio è determinato dall’inopponibilità agli operatori comunitari delle disposizioni nazionali che tali libertà illegittimamente restringono. Il contributo approfondisce le diverse soluzioni che la Corte di giustizia ha dato al problema delle discriminazioni alla rovescia. Anzitutto, esso ricorda l’approccio tradizionale della Corte di giustizia a questo tipo di situazioni, approccio che negava una qualsiasi rilevanza comunitaria di queste, rimettendone la rimozione ai singoli ordinamenti nazionali. Il contributo ricorda che tale orientamento è stato giustamente criticato dalla dottrina, che lo ha definito una soluzione “pilatesca”. In effetti, esso trascura la circostanza che le discriminazioni alla rovescia sono prodotte dall’impatto del diritto dell’Unione sugli ordinamenti interni i quali, non sempre, dispongono di strumenti efficaci per la censura di dette discriminazioni. Il contributo si concentra poi sulla giurisprudenza più recente che attribuisce una rilevanza indiretta alla situazione dei soggetti inversamente discriminati, consentendo un’utile collaborazione tra la Corte di giustizia e giudice nazionale per la censura di queste fattispecie.

Le discriminazioni alla rovescia nella recente giurisprudenza comunitaria: rimedi insufficienti o esorbitanti?

SPITALERI, FABIO
2007-01-01

Abstract

Con l’espressione di “discriminazione alla rovescia” si è soliti indicare lo svantaggio che colpisce i soggetti che si trovano in una “situazione puramente interna” e che risulta provocato dalla mancata applicazione a tali soggetti delle norme comunitarie che garantiscono le libertà di circolazione; in un’altra prospettiva, tale svantaggio è determinato dall’inopponibilità agli operatori comunitari delle disposizioni nazionali che tali libertà illegittimamente restringono. Il contributo approfondisce le diverse soluzioni che la Corte di giustizia ha dato al problema delle discriminazioni alla rovescia. Anzitutto, esso ricorda l’approccio tradizionale della Corte di giustizia a questo tipo di situazioni, approccio che negava una qualsiasi rilevanza comunitaria di queste, rimettendone la rimozione ai singoli ordinamenti nazionali. Il contributo ricorda che tale orientamento è stato giustamente criticato dalla dottrina, che lo ha definito una soluzione “pilatesca”. In effetti, esso trascura la circostanza che le discriminazioni alla rovescia sono prodotte dall’impatto del diritto dell’Unione sugli ordinamenti interni i quali, non sempre, dispongono di strumenti efficaci per la censura di dette discriminazioni. Il contributo si concentra poi sulla giurisprudenza più recente che attribuisce una rilevanza indiretta alla situazione dei soggetti inversamente discriminati, consentendo un’utile collaborazione tra la Corte di giustizia e giudice nazionale per la censura di queste fattispecie.
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