Abstract Il presente studio è nato dall’intenzione di descrivere gli effetti terapeutici di pratiche per la Salute Mentale progettate, e agite, all’interno del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste a favore di giovani adulti che, nel corso della propria storia di vita, hanno presentato l’esordio di un disturbo schizofrenico. Il costrutto terapeutico analizzato è quello gruppale, inteso come strutturazione di momenti d’incontro tra soggettività, e quindi non appartenente a setting psico-terapeutici ben precisi. Il percorso proposto parte dalle “pratiche”, passa per le osservazioni, i dati, i numeri, le riflessioni, ma si torna continuamente alle soggettività: pazienti e operatori.La cornice epistemologica è quella della psicopatologia fenomenologica, il paradigma utilizzato quello dell’intersoggettività: il disturbo schizofrenico è considerato come scacco del meccanismo intersoggettivo.Sono stati analizzati gli esiti terapeutici in due gruppi di giovani, con esordio schizofrenico recente, presi in carico nei servizi territoriali di Salute Mentale. In questo studio sì è posto in evidenza come il favorire l’accesso a “spazi” intersoggettivi gruppali si traduca in migliori esiti psicopatologici, a prescindere dalle “tecniche” psicoterapeutiche utilizzate. Per “diversa cultura della cura” s’intende la capacità (e la possibilità) di partire dalle “pratiche” di salute mentale, interrogandosi continuamente sui loro effetti e avendo la possibilità di modificarle e perfezionarle rapidamente. Contemporaneamente questo significa la possibilità che gli operatori hanno di “spogliarsi” di ruoli forti e di mettere così a disposizione dei pazienti uno spazio intersoggettivo più autentico e quindi, forse, più terapeutico.

Schizofrenia all'esordio e "gruppalità". Per una diversa cultura della cura.

LUCHETTI, ANTONIO;DONATO, CANDELARIA;MINISINI, CLARA;MEZZINA, ROBERTO;PASCOLO-FABRICI, ELISABETTA
2014-01-01

Abstract

Abstract Il presente studio è nato dall’intenzione di descrivere gli effetti terapeutici di pratiche per la Salute Mentale progettate, e agite, all’interno del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste a favore di giovani adulti che, nel corso della propria storia di vita, hanno presentato l’esordio di un disturbo schizofrenico. Il costrutto terapeutico analizzato è quello gruppale, inteso come strutturazione di momenti d’incontro tra soggettività, e quindi non appartenente a setting psico-terapeutici ben precisi. Il percorso proposto parte dalle “pratiche”, passa per le osservazioni, i dati, i numeri, le riflessioni, ma si torna continuamente alle soggettività: pazienti e operatori.La cornice epistemologica è quella della psicopatologia fenomenologica, il paradigma utilizzato quello dell’intersoggettività: il disturbo schizofrenico è considerato come scacco del meccanismo intersoggettivo.Sono stati analizzati gli esiti terapeutici in due gruppi di giovani, con esordio schizofrenico recente, presi in carico nei servizi territoriali di Salute Mentale. In questo studio sì è posto in evidenza come il favorire l’accesso a “spazi” intersoggettivi gruppali si traduca in migliori esiti psicopatologici, a prescindere dalle “tecniche” psicoterapeutiche utilizzate. Per “diversa cultura della cura” s’intende la capacità (e la possibilità) di partire dalle “pratiche” di salute mentale, interrogandosi continuamente sui loro effetti e avendo la possibilità di modificarle e perfezionarle rapidamente. Contemporaneamente questo significa la possibilità che gli operatori hanno di “spogliarsi” di ruoli forti e di mettere così a disposizione dei pazienti uno spazio intersoggettivo più autentico e quindi, forse, più terapeutico.
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