Il lupus eritematoso sistemico (LES) rappresenta una complessa patologia multisistemica, all’interno del cui universo si possono spesso individuare eventi patogenetici diversi ma riconducibili a quadri clinici sovrapponibili. Una possibile caratteristica comune può considerarsi l’utilizzo improprio della risposta immunitaria agli acidi nucleici. Per comprendere il ruolo di questo tipo di risposta, ci siamo concentrati sullo studio delle Interferonopatie di tipo I, un gruppo di malattie monogeniche di recente definizione, causate da alterazioni nel meccanismo di riconoscimento e metabolismo degli acidi nucleici e caratterizzate da un’aberrante stimolazione della via degli interferoni di tipo I. Queste malattie sono clinicamente eterogenee ma mostrano alcune sovrapposizioni con il lupus, la sindrome di Aicardi-Goutières ed alcune infezioni virali congenite. Lo studio di questi modelli monogenici risulta di grande interesse soprattutto per indirizzare il trattamento terapeutico verso l’utilizzo di farmaci attivi a livello della via dell’interferone. Nel nostro laboratorio è stato descritto il caso di Simone, nato con una grave epatopatia risoltasi poi spontaneamente, che ha successivamente sviluppato alcuni sintomi lupus-like quali artrite, glomerulonefrite, lipodistrofia, anticorpi anti-DNA e geloni. Le analisi genetiche condotte per le più comuni malattie auto-infiammatorie sono risultate negative, e solo in seguito ad analisi di esoma è stata identificata una nuova mutazione nel gene DNASI2. Questo gene codifica per un’endonucleasi lisosomiale, il cui deficit porta alla mancata digestione degli acidi nucleici, che persistono all’interno della cellula e causano la continua attivazione della via interferonica. Esistono infatti numerose evidenze a dimostrazione del ruolo causale della DNAsi2 nella patologia di Simone, e, insieme alle prove funzionali eseguite grazie alla collaborazione con Yanick Crow, che ha descritto la stessa malattia in una seconda famiglia, abbiamo dimostrato che il difetto di DNAsi2 rappresenta una nuova interferonopatia monogenica. In seguito a questa conoscenza, è stata rimodulata la terapia con farmaci indirizzati verso il meccanismo patogenetico: l’inibitore di JAK1/2, Ruxolitinib, è stato utilizzato in combinazione con due antimalarici, Mepacrina ed Idrossiclorochina, portando ad un generale miglioramento della qualità di vita di Simone. Durante questo studio, inoltre, sono stati messi a punto due strumenti che risultano interessanti per la valutazione e l’ottimizzazione di trattamenti attivi nella via interferonica: l’analisi della signature interferonica (SI), che misura nel sangue periferico l’espressione dei geni indotti dall’interferone, permettendo di capire se ci troviamo in presenza di un’alterazione interferonica e quindi di un’interferonopatia, ed il test di infezione di fibroblasti con E. coli, attraverso cui si può valutare l’attivazione della via in seguito ad un sovraccarico di DNA batterico. Considerando le conoscenze acquisite durante questo studio, e la crescente disponibilità di farmaci attivi a livello della via interferonica, abbiamo condotto uno screening con SI per identificare altri soggetti con patologie dipendenti dall’eccesso di risposta interferonica. La nostra proposta si riassume in una traccia di “protocollo diagnostico terapeutico assistenziale” (PDTA) per lo studio delle interferonopatie all’interno dell’IRCCS Burlo Garofolo.

PROFILO FUNZIONALE DI PAZIENTI CON LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO E CORRELAZIONE CON I MECCANISMI COINVOLTI IN DIVERSE FORME MONOGENICHE DELLA MALATTIA / Tesser, Alessandra. - (2018 Mar 19).

PROFILO FUNZIONALE DI PAZIENTI CON LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO E CORRELAZIONE CON I MECCANISMI COINVOLTI IN DIVERSE FORME MONOGENICHE DELLA MALATTIA

TESSER, ALESSANDRA
2018-03-19

Abstract

Il lupus eritematoso sistemico (LES) rappresenta una complessa patologia multisistemica, all’interno del cui universo si possono spesso individuare eventi patogenetici diversi ma riconducibili a quadri clinici sovrapponibili. Una possibile caratteristica comune può considerarsi l’utilizzo improprio della risposta immunitaria agli acidi nucleici. Per comprendere il ruolo di questo tipo di risposta, ci siamo concentrati sullo studio delle Interferonopatie di tipo I, un gruppo di malattie monogeniche di recente definizione, causate da alterazioni nel meccanismo di riconoscimento e metabolismo degli acidi nucleici e caratterizzate da un’aberrante stimolazione della via degli interferoni di tipo I. Queste malattie sono clinicamente eterogenee ma mostrano alcune sovrapposizioni con il lupus, la sindrome di Aicardi-Goutières ed alcune infezioni virali congenite. Lo studio di questi modelli monogenici risulta di grande interesse soprattutto per indirizzare il trattamento terapeutico verso l’utilizzo di farmaci attivi a livello della via dell’interferone. Nel nostro laboratorio è stato descritto il caso di Simone, nato con una grave epatopatia risoltasi poi spontaneamente, che ha successivamente sviluppato alcuni sintomi lupus-like quali artrite, glomerulonefrite, lipodistrofia, anticorpi anti-DNA e geloni. Le analisi genetiche condotte per le più comuni malattie auto-infiammatorie sono risultate negative, e solo in seguito ad analisi di esoma è stata identificata una nuova mutazione nel gene DNASI2. Questo gene codifica per un’endonucleasi lisosomiale, il cui deficit porta alla mancata digestione degli acidi nucleici, che persistono all’interno della cellula e causano la continua attivazione della via interferonica. Esistono infatti numerose evidenze a dimostrazione del ruolo causale della DNAsi2 nella patologia di Simone, e, insieme alle prove funzionali eseguite grazie alla collaborazione con Yanick Crow, che ha descritto la stessa malattia in una seconda famiglia, abbiamo dimostrato che il difetto di DNAsi2 rappresenta una nuova interferonopatia monogenica. In seguito a questa conoscenza, è stata rimodulata la terapia con farmaci indirizzati verso il meccanismo patogenetico: l’inibitore di JAK1/2, Ruxolitinib, è stato utilizzato in combinazione con due antimalarici, Mepacrina ed Idrossiclorochina, portando ad un generale miglioramento della qualità di vita di Simone. Durante questo studio, inoltre, sono stati messi a punto due strumenti che risultano interessanti per la valutazione e l’ottimizzazione di trattamenti attivi nella via interferonica: l’analisi della signature interferonica (SI), che misura nel sangue periferico l’espressione dei geni indotti dall’interferone, permettendo di capire se ci troviamo in presenza di un’alterazione interferonica e quindi di un’interferonopatia, ed il test di infezione di fibroblasti con E. coli, attraverso cui si può valutare l’attivazione della via in seguito ad un sovraccarico di DNA batterico. Considerando le conoscenze acquisite durante questo studio, e la crescente disponibilità di farmaci attivi a livello della via interferonica, abbiamo condotto uno screening con SI per identificare altri soggetti con patologie dipendenti dall’eccesso di risposta interferonica. La nostra proposta si riassume in una traccia di “protocollo diagnostico terapeutico assistenziale” (PDTA) per lo studio delle interferonopatie all’interno dell’IRCCS Burlo Garofolo.
19-mar-2018
TOMMASINI, ALBERTO
30
2016/2017
Settore MED/38 - Pediatria Generale e Specialistica
Università degli Studi di Trieste
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