Cogliendo le questioni poste dalla rivista nel numero monografico sui "Rights" curato da Carlo Olmo, sul progetto come dispositivo di trasferimento e traduzione di valori e come mappa dello spazio frammentato dei diritti, l’articolo esplicita la continuità tra la ricerca condotta dall'autrice a partire dal tema del riuso degli ex ospedali psichiatrici e quella sul progetto di architetture per la vita autonoma di persone con disabilità cognitive che consentano di evitare o ridurre l’istituzionalizzazione. Il tema delle istituzioni totali può essere riletto sotto l’aspetto del rapporto tra forme di riconoscimento e disconoscimento di diritti e loro localizzazione entro forme e limiti spaziali definiti architettonicamente. In particolare i luoghi della follia, in cui si è esercitato il potere della ragione, interrogano l’architettura circa le sue relazioni tanto con la ragione quanto con il potere, compresi il suo stesso potere disciplinare e la sua stessa ragione progettante. Intervenire architettonicamente su queste preesistenze controverse significa ripensare dei luoghi la cui storia d’uso, nella forma dell’istituzione manicomiale, è cessata, chiusa nel segno dei diritti conquistati e della politica; dei luoghi, tuttavia, che l’architettura deve aprire alla comunità a garanzia di diritti acquisiti, nella pratica di una politica dello spazio, della sua storia e del suo possibile futuro.

Architetture tra sovrana ragione e diritti dell'altro

giuseppina scavuzzo
2019-01-01

Abstract

Cogliendo le questioni poste dalla rivista nel numero monografico sui "Rights" curato da Carlo Olmo, sul progetto come dispositivo di trasferimento e traduzione di valori e come mappa dello spazio frammentato dei diritti, l’articolo esplicita la continuità tra la ricerca condotta dall'autrice a partire dal tema del riuso degli ex ospedali psichiatrici e quella sul progetto di architetture per la vita autonoma di persone con disabilità cognitive che consentano di evitare o ridurre l’istituzionalizzazione. Il tema delle istituzioni totali può essere riletto sotto l’aspetto del rapporto tra forme di riconoscimento e disconoscimento di diritti e loro localizzazione entro forme e limiti spaziali definiti architettonicamente. In particolare i luoghi della follia, in cui si è esercitato il potere della ragione, interrogano l’architettura circa le sue relazioni tanto con la ragione quanto con il potere, compresi il suo stesso potere disciplinare e la sua stessa ragione progettante. Intervenire architettonicamente su queste preesistenze controverse significa ripensare dei luoghi la cui storia d’uso, nella forma dell’istituzione manicomiale, è cessata, chiusa nel segno dei diritti conquistati e della politica; dei luoghi, tuttavia, che l’architettura deve aprire alla comunità a garanzia di diritti acquisiti, nella pratica di una politica dello spazio, della sua storia e del suo possibile futuro.
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