Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) comporta un grave livello di disabilità non solo per chi ne è affetto ma anche per i familiari: l’enorme impatto negativo che la malattia esercita sul funzionamento sociale e lavorativo dell’individuo1 ha, infatti, importanti riflessi sulla qualità della vita familiare e sulle relazioni tra i suoi membri. I familiari dei pazienti DOC sono implicati nel disturbo a vari livelli: oltre a dover sostenere il carico emotivo e la compromissione della quotidianità legati a una patologia con caratteristiche di cronicità, essi sono specificamente coinvolti nella sintomatologia ossessivo-compulsiva. Una serie di studi ha dimostrato che maggiore è tale coinvolgimento minore sarà la risposta ai trattamenti2,3. La riflessione sul ruolo centrale giocato dalla famiglia nel disturbo, e sulle importanti conseguenze di questo coinvolgimento sia sulla risposta del paziente al trattamento sia sul funzionamento dell’intero nucleo familiare, ha attivato negli ultimi anni lo sviluppo di interventi diretti ai familiari a sostegno e rinforzo del trattamento individuale del paziente. Scopo di questo articolo è quello di presentare la psicoeducazione quale strumento potenzialmente elettivo nel trattamento dei familiari del paziente con DOC. L’approccio psicoeducazionale, sia esso rivolto ai pazienti o ai familiari, è infatti un aspetto del trattamento dei disturbi psichiatrici che sta ricevendo grande considerazione; spesso considerato come una parte minore del processo terapeutico, solo di recente la ricerca ha iniziato a interessarsi in modo sistematico agli effetti dell’istruire i pazienti o i loro familiari circa un disturbo mentale, soprattutto in disturbi diversi dal DOC come il disturbo bipolare. Nel DOC i gruppi psicoeducazionali (misti con pazienti e familiari o di soli familiari) sono stati proposti come metodo per ridurre il coinvolgimento diretto nei sintomi che, secondo un’ottica cognitivo-comportamentale, contribuirebbe al mantenimento della sintomatologia ossessivo-compulsiva.

Interventi psicoeducazionali per familiari di pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo

Umberto Albert;
2014-01-01

Abstract

Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) comporta un grave livello di disabilità non solo per chi ne è affetto ma anche per i familiari: l’enorme impatto negativo che la malattia esercita sul funzionamento sociale e lavorativo dell’individuo1 ha, infatti, importanti riflessi sulla qualità della vita familiare e sulle relazioni tra i suoi membri. I familiari dei pazienti DOC sono implicati nel disturbo a vari livelli: oltre a dover sostenere il carico emotivo e la compromissione della quotidianità legati a una patologia con caratteristiche di cronicità, essi sono specificamente coinvolti nella sintomatologia ossessivo-compulsiva. Una serie di studi ha dimostrato che maggiore è tale coinvolgimento minore sarà la risposta ai trattamenti2,3. La riflessione sul ruolo centrale giocato dalla famiglia nel disturbo, e sulle importanti conseguenze di questo coinvolgimento sia sulla risposta del paziente al trattamento sia sul funzionamento dell’intero nucleo familiare, ha attivato negli ultimi anni lo sviluppo di interventi diretti ai familiari a sostegno e rinforzo del trattamento individuale del paziente. Scopo di questo articolo è quello di presentare la psicoeducazione quale strumento potenzialmente elettivo nel trattamento dei familiari del paziente con DOC. L’approccio psicoeducazionale, sia esso rivolto ai pazienti o ai familiari, è infatti un aspetto del trattamento dei disturbi psichiatrici che sta ricevendo grande considerazione; spesso considerato come una parte minore del processo terapeutico, solo di recente la ricerca ha iniziato a interessarsi in modo sistematico agli effetti dell’istruire i pazienti o i loro familiari circa un disturbo mentale, soprattutto in disturbi diversi dal DOC come il disturbo bipolare. Nel DOC i gruppi psicoeducazionali (misti con pazienti e familiari o di soli familiari) sono stati proposti come metodo per ridurre il coinvolgimento diretto nei sintomi che, secondo un’ottica cognitivo-comportamentale, contribuirebbe al mantenimento della sintomatologia ossessivo-compulsiva.
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