L'articolo è frutto di una ricerca triennale in area di confine italo-sloveno e propone un'analisi comparativa di tre diversi contesti e modalità organizzative dell'accoglienza per richiedenti asilo a partire dalla riapertura nel 2015 della cosiddetta 'rotta balcanica' come ingresso via terra per l'Europa. Attraverso interviste e osservazione partecipante si evidenziano le differenze tra il CARA di Gradisca, confinato in una grande caserma militarizzata ai margini della vita sociale, il sistema SPRAR nel Villaggio del Pescatore fondato da un insediamento di ex-profughi italiani della seconda guerra mondiale, e il modello di accoglienza diffusa di Trieste che distribuisce i migranti in appartamenti o piccole unità abitative in autogestione con un coordinatore locale. Il contesto urbano di Trieste contempla anche un insediamento abusivo al Silos, storico edificio già adibito a centro di smistamento e di accoglienza durante precedenti ondate storiche di sfollati; questo spazio si configura come spazio liminale dove i migranti imbastiscono una via di fuga tra la logica dicotomica dell'umanitarismo assistenziale ed il regime autoritario espulsivo. L'analisi critica che interpreta i micro-contesti fa emergere i processi di scelte divergenti sia in termini organizzativi che politici, nonchè gli esiti in termini di rappresentazione mediatica, di percezione sociale e l'impatto concreto nelle vite quotidiane dei migranti, cittadini e operatori sociali coinvolti.

Sostare ai margini: Richiedenti asilo tra confinamento e accoglienza diffusa

Roberta Altin
2019-01-01

Abstract

L'articolo è frutto di una ricerca triennale in area di confine italo-sloveno e propone un'analisi comparativa di tre diversi contesti e modalità organizzative dell'accoglienza per richiedenti asilo a partire dalla riapertura nel 2015 della cosiddetta 'rotta balcanica' come ingresso via terra per l'Europa. Attraverso interviste e osservazione partecipante si evidenziano le differenze tra il CARA di Gradisca, confinato in una grande caserma militarizzata ai margini della vita sociale, il sistema SPRAR nel Villaggio del Pescatore fondato da un insediamento di ex-profughi italiani della seconda guerra mondiale, e il modello di accoglienza diffusa di Trieste che distribuisce i migranti in appartamenti o piccole unità abitative in autogestione con un coordinatore locale. Il contesto urbano di Trieste contempla anche un insediamento abusivo al Silos, storico edificio già adibito a centro di smistamento e di accoglienza durante precedenti ondate storiche di sfollati; questo spazio si configura come spazio liminale dove i migranti imbastiscono una via di fuga tra la logica dicotomica dell'umanitarismo assistenziale ed il regime autoritario espulsivo. L'analisi critica che interpreta i micro-contesti fa emergere i processi di scelte divergenti sia in termini organizzativi che politici, nonchè gli esiti in termini di rappresentazione mediatica, di percezione sociale e l'impatto concreto nelle vite quotidiane dei migranti, cittadini e operatori sociali coinvolti.
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