In Palestina la resistenza sembra coincidere con la sua stessa storia, la resistenza è conditio sine qua non per la sua esistenza e, come tale, ha assunto forme diverse, come il sumud che può considerarsi una “tactic of resistance” o una “resilient resistance”. Il concetto di resistenza che nel caso della Palestina ha trovato ormai varie accezioni tra cui quello di resilienza, ritengo possa essere ulteriormente indagato attraverso le scritture autobiografiche, che in Palestina hanno avuto un ampio successo editoriale. Tali scritture svolgono un ruolo di resistenza, di opposizione alla storia scritta dai vincitori: in autobiografie, memorie e diari i palestinesi forniscono la loro versione dei fatti, sono l’ultimo atto di resistenza, di affermare la propria esistenza. Questa nota prende in esame il volume di Memorie dell’avvocato palestinese, Hanna Dib Naqqara (Mudhakkirat Muhami filastini, Hanna Dib Naqqara, Muhami al-Ard wa al-sha‘b, Beirut, Mu’assasa al-Dirasat al-Filastiniyya, 2011), che apre la riflessione non solo sul ruolo di resistenza di tale genere letterario, le memorie appunto, ma sulla visione e sul ruolo giocato dalla resistenza interna, quella dei palestinesi rimasti dopo il 1948, tra cui lo stesso Hanna Dib Naqqara (1912-1984). Il volume – ampliato, ripubblicato nel 2011– fornisce uno sguardo dall’interno della società palestinese rimasta, divenuta “straniera in patria”, e in particolare della rete di relazioni intessute da Naqqara, avvocato comunista, attivo non solo politicamente, come attesta la sua collaborazione con lo scrittore Emil Habibi e altri intellettuali della sinistra come Emil Tuma; figure il cui ruolo è stato riconsiderato in alcuni recenti studi (Pappé, 2011; Nassar, 2017).

Memorie Resistenti: le Mudhakkirat dell'avvocato palestinese Hanna Dib Naqqara

Baldazzi Cristiana
2019-01-01

Abstract

In Palestina la resistenza sembra coincidere con la sua stessa storia, la resistenza è conditio sine qua non per la sua esistenza e, come tale, ha assunto forme diverse, come il sumud che può considerarsi una “tactic of resistance” o una “resilient resistance”. Il concetto di resistenza che nel caso della Palestina ha trovato ormai varie accezioni tra cui quello di resilienza, ritengo possa essere ulteriormente indagato attraverso le scritture autobiografiche, che in Palestina hanno avuto un ampio successo editoriale. Tali scritture svolgono un ruolo di resistenza, di opposizione alla storia scritta dai vincitori: in autobiografie, memorie e diari i palestinesi forniscono la loro versione dei fatti, sono l’ultimo atto di resistenza, di affermare la propria esistenza. Questa nota prende in esame il volume di Memorie dell’avvocato palestinese, Hanna Dib Naqqara (Mudhakkirat Muhami filastini, Hanna Dib Naqqara, Muhami al-Ard wa al-sha‘b, Beirut, Mu’assasa al-Dirasat al-Filastiniyya, 2011), che apre la riflessione non solo sul ruolo di resistenza di tale genere letterario, le memorie appunto, ma sulla visione e sul ruolo giocato dalla resistenza interna, quella dei palestinesi rimasti dopo il 1948, tra cui lo stesso Hanna Dib Naqqara (1912-1984). Il volume – ampliato, ripubblicato nel 2011– fornisce uno sguardo dall’interno della società palestinese rimasta, divenuta “straniera in patria”, e in particolare della rete di relazioni intessute da Naqqara, avvocato comunista, attivo non solo politicamente, come attesta la sua collaborazione con lo scrittore Emil Habibi e altri intellettuali della sinistra come Emil Tuma; figure il cui ruolo è stato riconsiderato in alcuni recenti studi (Pappé, 2011; Nassar, 2017).
2019
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