Dimore negate. L'architettura nei luoghi di privazione della libertà.

The research is placed in the field of total institution studies in order to focus on the points of contact between the studies, which have been multiplying in Italy as well, on the architecture of living in the space of detention and the researches, spread especially in international contexts, that for some years now have been dealing with the topic of migrant detention and expulsion centers.
The research proposes a comparison between these two topics, attempting to bring out the dichotomous relationship between the principles of exclusion and forced detention, temporary accommodation and control, which emerges from the places that belong to two different forms of detention: prison as a place intended for the custody of the imprisoned person and finalized to reintegration into society, and administrative detention centers for migrants as places provided to detain irregular migrants awaiting expulsion. From the architectural point of view, the research investigates the analogies that research carried out into the field of Law has already revealed between penal and administrative detention, in order to comprehend the influence of space in the rhetorics and contradictions of those places that, although not designed for penal detention, assume segregating characters comparable to those of prison.
In a first phase, the research takes as its territory of investigation the national one, with the purpose of outlining a "state of the art" of places used for penal and administrative detention by proposing a historical, architectural and concerning reading of the current condition of prison institutions and migrant centers in the Italian territory. These two macro themes are initially investigated separately, through comparison with other case studies from the national and international scene. In a second phase, the research orients itself towards a specific territory, Friuli Venezia-Giulia, which contains places that are emblematic in relation to the themes that are the subject of the research question, in a border area located between the Triestine and Isontine territories.
The research takes on two specific case studies: in the penal detention area, focus is taken on the Casa Circondariale "Ernesto Mari" in Trieste, an institution that has opened its security gates to research and that through an experience of "research through the project" has allowed the investigation of prison spaces with the involvement of prisoners. From prison as a central core, the focus is extended to administrative detention by taking as a case study the Centre of Permanence for Repatriation (CPR) in Gradisca D'Isonzo, in Gorizia province. The spaces of administrative detention are investigated through a comparative reading of the architecture of the CPR compared with the results of studies previously carried out on prison places, highlighting the similar spatial features that characterize both forms of detention. 
The method adopted, following a recognition of the state of the art, is the inductive method, which sees case study observation and project as a research tool. 
Research also dialogues with anthropology, sociology, human geography, but also with media studies which narrate these topics. Aiming to develop critical and operational tools on the places of exclusion, intended as the places where the deprivation of personal freedom takes place, the research highlighted how much of prison dwelling exists in detention centers and how much of spontaneous, of "resistant dwelling," can be acted out in prison.

L’indagine si colloca nell’ambito degli studi sulle istituzioni totali per focalizzarsi sui punti di contatto tra gli studi sull’architettura dell’abitare nello spazio della detenzione e sulle ricerche che da alcuni anni affrontano il tema dei centri di trattenimento ed espulsione dei migranti. La ricerca propone un confronto tra questi due ambiti cercando di far emergere il rapporto dicotomico tra i principi di esclusione e trattenimento forzato, accoglienza temporanea e controllo, che emerge dai luoghi appartenenti a due forme di detenzione diverse: il carcere come luogo destinato al trattenimento della persona detenuta e finalizzato alla reintegrazione nella società, e i centri di detenzione amministrativa dei migranti come luoghi predisposti per il trattenimento degli immigrati irregolari in attesa di espulsione. Assumendo il punto di vista dell’architettura, si indagano le analogie che le ricerche condotte nel campo del Diritto hanno già fatto emergere tra la detenzione penale e quella amministrativa, al fine di comprendere quale sia l’influenza dello spazio nelle retoriche e nelle contraddizioni di quei luoghi che, pur non essendo pensati per una detenzione penale, assumono i caratteri segreganti confrontabili con quelli del carcere.
In una prima fase, la ricerca ha assunto come territorio d’indagine quello nazionale, con l’obiettivo di delineare uno stato dell’arte dei luoghi adibiti alla detenzione penale e amministrativa proponendo una lettura storica, architettonica e riguardante la condizione attuale degli istituti carcerari e dei centri migranti del territorio italiano. Questi due macro temi vengono inizialmente indagati separatamente, attraverso la comparazione con altri casi studio provenienti dal panorama nazionale e internazionale. In una seconda fase, la ricerca orienta lo sguardo verso un territorio specifico, quello del Friuli Venezia-Giulia, dove sono presenti luoghi emblematici rispetto ai temi oggetto della domanda di ricerca, in un’area di confine localizzata tra il territorio triestino e isontino. La ricerca assume due casi studio specifici: nell’ambito detentivo penale, la Casa Circondariale “Ernesto Mari” di Trieste, un istituto che ha aperto le sue porte blindate alla ricerca e che attraverso un’esperienza di “ricerca attraverso il progetto” ha permesso di indagare degli spazi del carcere con il coinvolgimento dei detenuti. Dal carcere come nodo centrale, lo sguardo viene esteso alla detenzione amministrativa assumendo come caso studio il Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Gradisca D’Isonzo, in provincia di Gorizia. I luoghi della detenzione amministrativa vengono indagati attraverso una lettura comparativa dell’architettura del CPR messa a confronto con i risultati degli studi svolti precedentemente sui luoghi carcerari, facendo emergere i caratteri spaziali analoghi che connotano le due forme di detenzione. Il metodo adottato, a seguito di una ricognizione sullo stato dell’arte, è il metodo induttivo, che vede nell’osservazione di casi studio e nel progetto uno strumento di ricerca. La ricerca dialoga inoltre con l’antropologia, la sociologia, la geografia umana ma anche con i media studies che raccontano questi temi. Avendo come obiettivo l’elaborazione di strumenti critici e operativi sui luoghi di esclusione, intesi come quelli in cui avviene la privazione della libertà personale, la ricerca ha fatto emergere quanto di carcerario ci sia nei centri di permanenza e quanto di spontaneo, di “abitare resistente”, si possa coltivare in carcere.
I potenziali sviluppi della ricerca potrebbero collocarsi in due campi: l’abitare gli spazi carcerari, con un focus sulla connessione con la città, e quello, meno esplorato finora in Italia, della questione abitativa rispetto alla cosiddetta “crisi dei migranti”, con uno sguardo verso la progettazione europea transfrontaliera.