Il volume propone i testi di tre viaggiatori russi che visitano Milano in epoche diverse. In questi scritti la città appare in una luce nuova e rivela aspetti inediti e sorprendenti. A metà dell’Ottocento il pittore Vladimir Jakovlev indaga lo spazio cittadino, osservando gli ambiti in cui si svolge la vita quotidiana e descrivendo le abitudini e i comportamenti degli abitanti. Agli inizi del Novecento lo scrittore e storico dell’arte Pavel Muratov utilizza l’intermediazione del codice pittorico, focalizzandosi sull’Ultima cena di Leonardo, per spiegare perché Milano non è riuscita a diventare la patria di artisti geniali, mentre ha sviluppato una tradizione di ottimi artigiani, il che implicitamente preannuncia il suo futuro di città moderna e industriale. Nei primi anni del XXI secolo il critico letterario Petr Vajl’ si accosta alla città facendo ricorso al codice cinematografico. Utilizza alcune immagini del film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti per costruire un modello di città il cui tratto dominante è la teatralità. Teatralità che si manifesta nella tradizione operistica della Scala, nella maestosità della Stazione Centrale, nella sovrabbondanza di guglie e statue del Duomo: un eccesso interpretato da Vajl’, alla luce dell’estetica viscontiana, come sovrabbondanza di passioni e di emozioni che conducono alla disgregazione dell’armonia personale e della solidità dei legami familiari, propria della modernità. L’immagine di Milano sembra dunque introdurre nella cultura russa un modello di rappresentazione della città più complesso e non definibile in un unico schema culturale: se da un lato è evidenziato l’elemento della modernità e del dinamismo della vita quotidiana, dall’altro, spazi estetici di valore inestimabile come il Duomo e la Scala evocano una corrispondenza con la visione mitica dell’Italia.

Viaggiatori russi a Milano: Jakovlev, Muratov, Vajl'. Tre sguardi sulla città (introduzione)

DEOTTO, Patrizia
2014-01-01

Abstract

Il volume propone i testi di tre viaggiatori russi che visitano Milano in epoche diverse. In questi scritti la città appare in una luce nuova e rivela aspetti inediti e sorprendenti. A metà dell’Ottocento il pittore Vladimir Jakovlev indaga lo spazio cittadino, osservando gli ambiti in cui si svolge la vita quotidiana e descrivendo le abitudini e i comportamenti degli abitanti. Agli inizi del Novecento lo scrittore e storico dell’arte Pavel Muratov utilizza l’intermediazione del codice pittorico, focalizzandosi sull’Ultima cena di Leonardo, per spiegare perché Milano non è riuscita a diventare la patria di artisti geniali, mentre ha sviluppato una tradizione di ottimi artigiani, il che implicitamente preannuncia il suo futuro di città moderna e industriale. Nei primi anni del XXI secolo il critico letterario Petr Vajl’ si accosta alla città facendo ricorso al codice cinematografico. Utilizza alcune immagini del film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti per costruire un modello di città il cui tratto dominante è la teatralità. Teatralità che si manifesta nella tradizione operistica della Scala, nella maestosità della Stazione Centrale, nella sovrabbondanza di guglie e statue del Duomo: un eccesso interpretato da Vajl’, alla luce dell’estetica viscontiana, come sovrabbondanza di passioni e di emozioni che conducono alla disgregazione dell’armonia personale e della solidità dei legami familiari, propria della modernità. L’immagine di Milano sembra dunque introdurre nella cultura russa un modello di rappresentazione della città più complesso e non definibile in un unico schema culturale: se da un lato è evidenziato l’elemento della modernità e del dinamismo della vita quotidiana, dall’altro, spazi estetici di valore inestimabile come il Duomo e la Scala evocano una corrispondenza con la visione mitica dell’Italia.
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