Razionale. La fibrillazione atriale non valvolare (FANV) è la più frequente aritmia nei pazienti ambulatoriali e si associa ad un incremento della mortalità e degli eventi tromboembolici ed emorragici. Numerosi studi ne hanno analizzato l’impatto prognostico nel mondo reale, ma non sono disponibili dati epidemiologici su ampie popolazioni valutate in Italia. Il nostro obiettivo è definire prevalenza, comorbilità, terapia ed outcome in una vasta popolazione italiana “real-life” di pazienti ambulatoriali con FANV. Materiali e metodi. Dal 2009 al 2013 abbiamo arruolato 21 282 pazienti consecutivi afferenti al Centro Cardiovascolare di Trieste. La FANV era definita in assenza di valvulopatie moderato-severe, interventi valvolari, cardiopatia reumatica. Gli eventi valutati nel follow-up sono stati: mortalità, ospedalizzazioni, tromboembolismi ed emorragie. Dati clinici ed eventi sono stati estratti dalla cartella elettronica cardiologica regionale e dai codici ICD-9 di dimissione ospedaliera. Risultati. 3379 pazienti (15.8%) presentavano FANV (35.6% parossistica, 34.5% persistente, 29.9% permanente); rispetto alla popolazione senza fibrillazione atriale questi pazienti erano più anziani, prevalentemente uomini, ipertesi, diabetici, con storia di ictus/attacco ischemico transitorio e scompenso cardiaco. La terapia anticoagulante orale era prescritta nel 54% dei casi, soprattutto nelle forme persistenti o permanenti, all’aumentare del CHA2DS2-VASc e al diminuire dell’età. Il tasso di mortalità globale, ospedalizzazioni cardiovascolari, eventi tromboembolici ed emorragici nel follow-up era più elevato nei pazienti con FANV rispetto alla popolazione senza fibrillazione atriale. Il ricorso alla terapia anticoagulante orale riduceva l’incidenza di eventi tromboembolici. Il CHA2DS2-VASc score emergeva come predittore di rischio tromboembolico nei tre diversi tipi di FANV con un incremento del rischio di eventi del 35% nella forma parossistica, del 40% nella forma persistente e del 34% nella forma permanente rispetto ai soggetti senza fibrillazione atriale. Conclusioni. In un’ampia popolazione italiana di pazienti “real-life” ambulatoriali la FANV si associa ad età più avanzata, maggiori comorbilità ed incremento degli eventi cardiovascolari. Gli score CHA2DS2-VASc e HAS-BLED predicono accuratamente il rischio di eventi tromboembolici ed emorragici. La terapia anticoagulante orale riduce gli eventi tromboembolici, sebbene il suo utilizzo è limitato a circa la metà dei soggetti esaminati.

La fibrillazione atriale non valvolare: dati dall’Osservatorio delle Malattie Cardiovascolari della provincia di Trieste [Nonvalvular atrial fibrillation: data from the Observatory of Cardiovascular Diseases in the province of Trieste (Italy)]

MAZZONE, CARMINE
;
CARRIERE, COSIMO;BARBATI, GIULIA;ZECCHIN, MASSIMO;SINAGRA, GIANFRANCO;SCARDI, SABINO;DI LENARDA, ANDREA
2015-01-01

Abstract

Razionale. La fibrillazione atriale non valvolare (FANV) è la più frequente aritmia nei pazienti ambulatoriali e si associa ad un incremento della mortalità e degli eventi tromboembolici ed emorragici. Numerosi studi ne hanno analizzato l’impatto prognostico nel mondo reale, ma non sono disponibili dati epidemiologici su ampie popolazioni valutate in Italia. Il nostro obiettivo è definire prevalenza, comorbilità, terapia ed outcome in una vasta popolazione italiana “real-life” di pazienti ambulatoriali con FANV. Materiali e metodi. Dal 2009 al 2013 abbiamo arruolato 21 282 pazienti consecutivi afferenti al Centro Cardiovascolare di Trieste. La FANV era definita in assenza di valvulopatie moderato-severe, interventi valvolari, cardiopatia reumatica. Gli eventi valutati nel follow-up sono stati: mortalità, ospedalizzazioni, tromboembolismi ed emorragie. Dati clinici ed eventi sono stati estratti dalla cartella elettronica cardiologica regionale e dai codici ICD-9 di dimissione ospedaliera. Risultati. 3379 pazienti (15.8%) presentavano FANV (35.6% parossistica, 34.5% persistente, 29.9% permanente); rispetto alla popolazione senza fibrillazione atriale questi pazienti erano più anziani, prevalentemente uomini, ipertesi, diabetici, con storia di ictus/attacco ischemico transitorio e scompenso cardiaco. La terapia anticoagulante orale era prescritta nel 54% dei casi, soprattutto nelle forme persistenti o permanenti, all’aumentare del CHA2DS2-VASc e al diminuire dell’età. Il tasso di mortalità globale, ospedalizzazioni cardiovascolari, eventi tromboembolici ed emorragici nel follow-up era più elevato nei pazienti con FANV rispetto alla popolazione senza fibrillazione atriale. Il ricorso alla terapia anticoagulante orale riduceva l’incidenza di eventi tromboembolici. Il CHA2DS2-VASc score emergeva come predittore di rischio tromboembolico nei tre diversi tipi di FANV con un incremento del rischio di eventi del 35% nella forma parossistica, del 40% nella forma persistente e del 34% nella forma permanente rispetto ai soggetti senza fibrillazione atriale. Conclusioni. In un’ampia popolazione italiana di pazienti “real-life” ambulatoriali la FANV si associa ad età più avanzata, maggiori comorbilità ed incremento degli eventi cardiovascolari. Gli score CHA2DS2-VASc e HAS-BLED predicono accuratamente il rischio di eventi tromboembolici ed emorragici. La terapia anticoagulante orale riduce gli eventi tromboembolici, sebbene il suo utilizzo è limitato a circa la metà dei soggetti esaminati.
2015
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