La preservazione della fertilità è un ambito della ricerca in continua evoluzione, che permette a soggetti che rischiano di divenire sterili di congelare i loro gameti, per poi nel futuro consentire loro di procreare e divenire genitori.Le tecniche che si usano per preservare la fertilità nelle donne sono il congelamento degli ovociti, il congelamento degli embrioni e, da qualche anno, il congelamento del tessuto ovarico.Mentre le prime due metodiche risultano ormai standardizzate e sono utilizzate quotidianamente nei reparti di Procreazione Medicalmente Assistita, il congelamento del tessuto ovarico rimane ancora una tecnica considerata sperimentale.In questo lavoro di tesi si è inteso confrontare due protocolli, utilizzando i tessuti ovarici donati da nove pazienti seguite dall’I.R.C.S.S. Burlo Garofolo di Trieste, che sono stati congelati in parallelo con il congelamento lento e la vitrificazione. Lo stato di conservazione e gli eventuali danni indotti dalla criopreservazione sono stati valutati mediante microscopia ottica ed elettronica. Dal confronto tra i due protocolli è emerso che entrambi mantengono un’ottima preservazione degli ovociti ed influenzano in parte le cellule della granulosa; è risultato inoltre che alterano in maniera importante le cellule dello stroma.Su parte dei tessuti, alle microscopie tradizionali è stata affiancata una tecnica di microscopia avanzata, la microscopia a fluorescenza a raggi X con luce di sincrontrone (XRF); questa microscopia è stata usata per meglio comprendere da un punto di visto biochimico i danni del tessuto indotti da congelamento.Detta microscopia, che consente la mappatura degli elementi chimici contenuti nel campione, ha evidenziato che, nei campioni di tessuto criopreservato con il congelamento lento, la distribuzione dello zolfo risulta disomogenea e diminuita rispetto a quella dei campioni di tessuto fresco. Il segnale dello zolfo nei campioni istologici di tessuto deriva principalmente dai glicosamminoglicani solforati che compongono la sostanza amorfa del tessuto connettivo. Una distribuzione non uniforme conferma i risultati morfologici e ultrastrutturali che evidenziano una rarefazione del connettivo e la presenza di vacuoli nel tessuto congelato.Un’ulteriore dimostrazione dell’aumentata permeabilità dei tessuti congelati viene dall’osservazione che questi tessuti, quando sono preparati per il TEM, trattengono quantità di osmio molto maggiori (quasi 50 volte) rispetto al tessuto fresco: un effetto rilevato sempre grazie alla microscopia XRF.In questi tesi ci si è occupati anche di preservazione della fertilità del sesso maschile, dove la metodica più utilizzata è la crioconservazione del liquido seminale.Durante il lavoro di tesi è stato effettuato uno studio preliminare per valutare se il danno al DNA degli spermatozoi può essere valutato con la spettroscopica vibrazionale. Con la spettroscopia a infrarossi (FTIR) sono stati analizzati i liquidi seminali capacitati di 10 pazienti, afferenti al reparto di Procreazione Medicalmente Assistita dell’I.R.C.S.S. Burlo Garofolo di Trieste, che sono stati trattati per indurre un danno ossidativo. La FTIR è risultata una tecnica molto promettente per identificare in modo rapido il danno al DNA negli spermatozoi, anche se sono state rilevate delle problematiche legate alle condizioni sperimentali da usare.Infine è stato valutato, con l’arancio di acridina, il danno al DNA indotto dal congelamento e dal danno ossidativo sugli spermatozoi. Dal confronto, fatto sugli stessi campioni, è emerso che il danno rilevabile al 20% di Fenton è simile al danno dopo congelamento/scongelamento. Ci si attende quindi che il danno da congelamento possa essere valutato efficacemente mediante protocolli di spettroscopia vibrazionale FTIR e possa diventare una tecnica per la pratica clinica.

Conservazione e possibilità di utilizzo di tessuto ovarico e gameti per fini riproduttivi / Venturin, Irene. - (2016 Mar 07).

Conservazione e possibilità di utilizzo di tessuto ovarico e gameti per fini riproduttivi

VENTURIN, IRENE
2016-03-07

Abstract

La preservazione della fertilità è un ambito della ricerca in continua evoluzione, che permette a soggetti che rischiano di divenire sterili di congelare i loro gameti, per poi nel futuro consentire loro di procreare e divenire genitori.Le tecniche che si usano per preservare la fertilità nelle donne sono il congelamento degli ovociti, il congelamento degli embrioni e, da qualche anno, il congelamento del tessuto ovarico.Mentre le prime due metodiche risultano ormai standardizzate e sono utilizzate quotidianamente nei reparti di Procreazione Medicalmente Assistita, il congelamento del tessuto ovarico rimane ancora una tecnica considerata sperimentale.In questo lavoro di tesi si è inteso confrontare due protocolli, utilizzando i tessuti ovarici donati da nove pazienti seguite dall’I.R.C.S.S. Burlo Garofolo di Trieste, che sono stati congelati in parallelo con il congelamento lento e la vitrificazione. Lo stato di conservazione e gli eventuali danni indotti dalla criopreservazione sono stati valutati mediante microscopia ottica ed elettronica. Dal confronto tra i due protocolli è emerso che entrambi mantengono un’ottima preservazione degli ovociti ed influenzano in parte le cellule della granulosa; è risultato inoltre che alterano in maniera importante le cellule dello stroma.Su parte dei tessuti, alle microscopie tradizionali è stata affiancata una tecnica di microscopia avanzata, la microscopia a fluorescenza a raggi X con luce di sincrontrone (XRF); questa microscopia è stata usata per meglio comprendere da un punto di visto biochimico i danni del tessuto indotti da congelamento.Detta microscopia, che consente la mappatura degli elementi chimici contenuti nel campione, ha evidenziato che, nei campioni di tessuto criopreservato con il congelamento lento, la distribuzione dello zolfo risulta disomogenea e diminuita rispetto a quella dei campioni di tessuto fresco. Il segnale dello zolfo nei campioni istologici di tessuto deriva principalmente dai glicosamminoglicani solforati che compongono la sostanza amorfa del tessuto connettivo. Una distribuzione non uniforme conferma i risultati morfologici e ultrastrutturali che evidenziano una rarefazione del connettivo e la presenza di vacuoli nel tessuto congelato.Un’ulteriore dimostrazione dell’aumentata permeabilità dei tessuti congelati viene dall’osservazione che questi tessuti, quando sono preparati per il TEM, trattengono quantità di osmio molto maggiori (quasi 50 volte) rispetto al tessuto fresco: un effetto rilevato sempre grazie alla microscopia XRF.In questi tesi ci si è occupati anche di preservazione della fertilità del sesso maschile, dove la metodica più utilizzata è la crioconservazione del liquido seminale.Durante il lavoro di tesi è stato effettuato uno studio preliminare per valutare se il danno al DNA degli spermatozoi può essere valutato con la spettroscopica vibrazionale. Con la spettroscopia a infrarossi (FTIR) sono stati analizzati i liquidi seminali capacitati di 10 pazienti, afferenti al reparto di Procreazione Medicalmente Assistita dell’I.R.C.S.S. Burlo Garofolo di Trieste, che sono stati trattati per indurre un danno ossidativo. La FTIR è risultata una tecnica molto promettente per identificare in modo rapido il danno al DNA negli spermatozoi, anche se sono state rilevate delle problematiche legate alle condizioni sperimentali da usare.Infine è stato valutato, con l’arancio di acridina, il danno al DNA indotto dal congelamento e dal danno ossidativo sugli spermatozoi. Dal confronto, fatto sugli stessi campioni, è emerso che il danno rilevabile al 20% di Fenton è simile al danno dopo congelamento/scongelamento. Ci si attende quindi che il danno da congelamento possa essere valutato efficacemente mediante protocolli di spettroscopia vibrazionale FTIR e possa diventare una tecnica per la pratica clinica.
7-mar-2016
RICCI, GIUSEPPE
ZWEYER, MARINA
27
2013/2014
Settore MED/38 - Pediatria Generale e Specialistica
Università degli Studi di Trieste
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Descrizione: tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11368/2907996
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